Baku, gara conseguenza del suo format. E, infatti, il nuovo format Sprint è un fallimento

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
30 Aprile 2023 - 16:30
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Alla fine, nel suo essere totalmente piatta, la gara di Baku ha mostrato le conseguenze del format da cui è derivata.

Pur senza le fantascienze alle quali abbiamo assistito tra venerdì e ieri la “noia” azera, dalla quale si è salvata praticamente solo la ripartenza dopo la Safety Car, ha svelato perché il nuovo format Sprint, con l’eliminazione di due ore di prove libere in favore di una qualifica in più e una garetta, non funziona e non può funzionare dal punto di vista sportivo.

È vero, anche alcuni piloti hanno sottolineato in passato che tre sessioni di prove libere sono troppe. Si lascia Baku con la consapevolezza che una è decisamente troppo poca. Forse, dopo questo weekend, qualcuno rivedrà le sue posizioni.

Perché, senza ricordare il weekend terribile che hanno avuto Gasly e De Vries, vittime di incidenti e problemi tecnici al venerdì senza poi poter più provare (ma sono Gasly e De Vries, non Hamilton e Leclerc, altrimenti si parlerebbe di altro), in linea generale dopo la Safety Car si è assistito a 40 giri di braccino corto da parte di tutti. Senza conoscenza sufficiente delle gomme, una volta tornati tutti in pista con le dure hanno iniziato a girare lentissimi perché in chiara mancanza di una prospettiva strategica.

Nessuno sapeva quanto avrebbero resistito le hard. Nemmeno Pirelli che pronosticava, sulla base delle simulazioni, 30 giri, quando alcuni piloti sono rimasti in pista ben di più. Si è dovuti arrivare a dieci giri dal termine per capire che le coperture avrebbero retto fino alla fine e, allora, incredibilmente il GP si è rallegrato diventando una sorta di qualifica con benzina per fare più giri. Sul display dei tempi hanno iniziato a vedersi settori verdi e viola e il giro più veloce ha iniziato a rimbalzare prima tra i due piloti della Red Bull e poi anche tra Alonso e Leclerc, fino a quando Russell non ha calato l’asso delle soft alla fine.

La prerogativa di una gara di F1 dovrebbe essere la velocità. Se per 40 giri si passeggia per poi aspettare la fine qualcosa non va. Quel qualcosa è la mancanza di dati a sufficienza per capire quanto si può spingere. Questa mancanza deriva da un format che non permette di provare, promettendo invece entusiasmo ed emozioni che solo chi deve vendere il prodotto F1 (Liberty e le televisioni) sostiene di aver visto cercando di convincere un pubblico che forse sottovaluta.

Andate sui social, leggete i commenti italiani ed esteri. E vi renderete conto di quante persone si dicono contente dopo questo “spettacolo” di weekend. E occhio: perché alla fine, a furia di imbonire chi sta dall’altra parte, la bolla esplode.

La verità è che questo format è fallito dopo un GP. Chi lo nega ha evidenti interessi per sostenere il contrario. Oppure non ha ben chiaro cosa sia il Motorsport.

Immagine: Media Red Bull

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