Questo è un giorno speciale: come ogni anno da qualche tempo a questa parte, certo. Eppure, questa volta, c’è un qualcosa in più. Una sensazione di sicurezza e fiducia in me stesso che raramente avevo provato prima d’ora.
Se questo sito esiste, se io scrivo da ormai quasi dieci anni, se tutto questo baraccone è nato, cresciuto e ha fatto crescere me lo devo innanzitutto, soprattutto, a questo signore. Sono cose che ho già detto più volte e forse qualcuno sarà anche stanco di leggerle. Ma stavolta è diverso.
Un paio di mesi fa sono diventato giornalista. Questo non fa di me una persona migliore, né una più intelligente e tanto meno una più colta. Il “pezzo di carta” non fa l’uomo, ma può renderlo più sicuro di sé. Di certo fa di me una persona con più responsabilità verso chi legge: responsabilità che derivano da un codice deontologico, da una serie di norme da rispettare e che ho dovuto studiare e fare mie per dimostrare di essere pronto a questo passo.
Gran parte di queste norme ho avuto la fortuna ed il buon senso di seguirle già da prima, offrendo su questo posto insieme agli altri ragazzi una linea improntata al rispetto dei lettori, dei piloti, che poi sono i protagonisti dei fatti che raccontiamo.
Il ritiro del tesserino da pubblicista è stato, assieme agli eventi strettamente privati, uno dei momenti più importanti del mio decennio, un riconoscimento personale più che professionale. È il suo significato quello che più conta per me: la fine di un percorso, di un campionato del mondo pieno di ostacoli, colmo di montagne da scalare e di momenti in cui ho creduto di non farcela, fino a pensare di mollare tutto e dedicarmi ad altro.
Ebbene, ogni volta in cui lo sconforto stava per prendere il sopravvento una frase rimbalzava nella mia mente. “I’ve always believed that you should never, ever give up and you should always keep fighting even when there’s only a slightest chance.”
Lui, sempre lui. Non quello che vinceva, quello del carro su cui saltavano tutti – sorridenti – ma quello che lottava come un forsennato per tenere in pista la F310, tanto bella (ai miei occhi) quanto ballerina. Quello che è caduto più e più volte. Quello che pur di vincere ha sbagliato, ha pagato ma si è rialzato sempre e comunque, più forte e più convinto di prima.
Da questa frase, da questi insegnamenti sono sempre ripartito. Michael mi ha preso alle elementari e mi ha lasciato da sposato. Mi ha accompagnato per vent’anni mostrandomi tutto il repertorio di una persona che non molla mai. Vittorie, errori, trionfi, sconfitte, lodi, critiche. Tutto: non mi ha risparmiato nulla. Ed io sono sempre restato lì, qualsiasi cosa succedesse: sempre su quel carro, che le cose andassero bene o male, vedendo nel frattempo scendere e salire ciclicamente le stesse persone in base al vento, ai risultati, al colore della tuta. Uno schifo, ma ormai non mi sorprende più nel mondo finto che viviamo oggi.
Ho impiegato nove anni e mezzo per conseguire questo tesserino. Generalmente ce ne vogliono due. Avrei potuto fare in fretta, sia chiaro: sarebbe bastato mettere la testa sotto la sabbia, scendere a compromessi, continuare a farmi trattare da idiota da chi pensava di tenermi per le palle e a farmi criticare gratuitamente da chi dovrebbe conoscere meglio di me le regole di questo ambiente ma, evidentemente, dice peste e corna dei blogger perché un po’ li teme. E infatti, poi, se li fa amici.
Sono andato avanti con la mia testa, giusta o sbagliata che sia. Ho rinunciato, me ne sono andato volontariamente, ho mandato anche a fanculo quando l’ho ritenuto necessario per rispettare me stesso. Sono ripartito da zero tre volte. Tre. Ho impiegato quattro volte e mezzo il tempo necessario per raggiungere questo traguardo, dovendo arrangiarmi e tirando fuori le palle quando necessario.
Se ho avuto la forza di ripartire ogni volta che avevo il culo a terra ed il morale nelle fogne, in ogni situazione della vita e non solo nello scrivere è perché sono stato, negli anni più belli ed intensi della gioventù, fedele tifoso di Michael Schumacher. Quello che è ripartito da una monoposto nera carbonio dopo aver tentato di buttare fuori Villeneuve ad Jerez ed esser stato deriso dal mondo. Quello che non si è fatto abbattere da una gomma esplosa a Suzuka e da una gamba rotta. Quello che è tornato ancora più incazzato, ha vinto, stravinto e poi perso il suo trono. Quello che ha provato a riprendersi il suo mondo, conoscendo invece l’odore della sconfitta diventando però un uomo migliore, la vittoria più importante della vita.
Devo questo traguardo, questo blog, questo sito e quello che sono diventato umanamente e professionalmente a lui. E nel giorno del suo compleanno mi si stringe il cuore a pensare di non poterlo ringraziare personalmente per esser stato il mio punto di riferimento per due lunghissime decadi, per avermi insegnato tanto pur non sapendo chi fossi, molto più di chi ha avuto a che fare con me per tantissimo tempo.
Se tutto questo vi sembra un lungo togliersi sassolini dalle scarpe ebbene sì, lo è. Perché in questo lungo viaggio ho visto, letto e sentito di tutto: ho incontrato in persona l’invidia, la saccenza, l’egoismo, la prevaricazione, l’egocentrismo, la codardia, la gratuita volontà di denigrare.
Gli ultimi tempi sono stati pesantissimi anche per il fisico, ma ho sempre lasciato correre per concentrarmi sull’obiettivo, trattenendo qualsiasi voglia di esternare i vari disappunti. Per chi ha un carattere istintivo e poco portato alla diplomazia vi assicuro che non è per nulla semplice. Ora, finalmente, posso permettermi un sorriso e guardare al futuro con una carica che non avevo e non potevo avere prima, perché mi mancava un tassello importante soprattutto per la mente.
Avanti tutta, adesso. Verso nuovi traguardi e con una maggiore consapevolezza. Senza la necessità di guardare negli specchietti e con lo sguardo diretto alla prossima curva. Attorniato da persone fantastiche: perché, in questo viaggio, ho conosciuto anche amici, compagni, perle rare.
Tutto questo grazie, soprattutto, a chi mi ha insegnato a lottare come non avrei mai pensato di essere in grado. Auguri Michael.
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