Arnoux e Villeneuve, con voi, sarebbero ai domiciliari. È F1 o Masterchef, questa?

di Alessandro Secchi
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Pubblicato il 10 Giugno 2019 - 00:01
Tempo di lettura: 5 minuti
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Arnoux e Villeneuve, con voi, sarebbero ai domiciliari. È F1 o Masterchef, questa?

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Sarà un caso se dal 1979 sono passati quarant’anni e ci fanno vedere sempre lo stesso minuto e mezzo di video tra Gilles Villeneuve e René Arnoux a Digione? 

Sarà un caso se la Formula 1 è ricordata per quel duello, per il doppio scontro tra Senna e Prost nel 1989 e 1990, per Adelaide, Jerez, per le lotte ruota a ruota e per tutto ciò che è correre, competere, sfidarsi sul filo dei millimetri ed anche sì, esagerare? Evidentemente no.

Sarà un caso, invece, se gli ascolti calano anche da quando si è deciso che le regole della strada di tutti i giorni devono essere applicate anche alle corse? Perché a questo siamo arrivati. Il politically correct, le lodevoli iniziative sulla sicurezza stradale e tutto quello che fa finto buonismo da tabloid hanno rovinato ed ammazzato anno dopo anno, colpo dopo colpo l’anima e lo spirito racing della Formula 1. Ed oggi ne abbiamo avuto un altro esempio illuminante.

La strada non è la pista e non può, non deve esserlo. Il rispetto nelle azioni di tutti i giorni quando guidiamo da casa verso l’ufficio non deve essere mai assimilabile o paragonabile alla lotta corpo a corpo in pista per una vittoria. Sentire parlare di “spazio di una macchina”, di “alettone all’altezza delle ruote posteriori” è solo una sequenza di bestemmie che svilisce l’immagine che la Formula 1 si è creata progressivamente negli anni. Vogliamo i piloti protagonisti, estrosi, ma non possono mandare a cagare nessuno e, anzi, se si comportano fuori dallo standard sono dei pagliacci. Chiediamo ragazzi dalla spiccata personalità, che non siano solo pappagalli degli uffici stampa, ma li schiacciamo come zanzare quando tentano un sorpasso più aggressivo con le monoposto più sicure di sempre. Al tempo stesso pretendiamo i sorpassi ma non le difese per lo spettacolo di pochi creduloni, vogliamo il DRS ed anche lo spazio per passare come se stessimo correndo su autostrade a più corsie ma guai a chiudere una porta. Prima volontariamente, adesso anche non.

Se mi si viene a dire che oggi, Vettel, per evitare la penalità si sarebbe dovuto fermare sull’erba (come, poi, gli esperti me lo dovrebbero dire) manco fosse ad una precedenza di paese lasciando passare Hamilton beh, signori miei, la vostra Formula 1 è diversa dalla mia. Se Hamilton va davanti ai microfoni – come ha fatto – a dire che Vettel l’ha volontariamente spinto fuori beh, mente spudoratamente dato che aveva la possibilità di incrociare, ad esempio. E, inoltre, dovrebbe ricordare molto bene quanto è stato paraculo negli anni passati nel negare di aver fatto lo stesso – e lì sì che era volontario perché sull’asfalto e non sull’erba – con il suo ex amico Rosberg. Se mi si viene a dire che lo sterzare verso il muro dell’immagine in alto è dato per la volontà di chiudere la Mercedes e non per controllare una macchina appena uscita dall’erba allora vediamo due sport diversi. E, magari, si controlli quando il tedesco ha guardato per la prima volta lo specchietto di destra per capire dov’era Hamilton. Non certo quando era ancora sull’erba, non certo quando stava controllando la Ferrari di traverso. Se poi si vuole dire che Vettel è stato ancora una volta un pirla perché ha fatto un errore benissimo, ma questo non deve automaticamente far scattare una penalità perché, altrimenti, possiamo tutti chiudere ed andare a casa. Come se poi gli errori li avesse fatti solo lui: gli incalcolabili lunghi di Hamilton al tornantino, senza i quali forse avrebbe tentato prima il sorpasso, ovviamente non se li fila nessuno. 

Ci sono voluti dieci giri per dare questa penalità con mille monitor a disposizione. Quasi tredici minuti, presumo anche impegnati, per sputtanare una gara e gettare ancora del fango sulla credibilità di uno sport già in crisi da tempo e con la prospettiva di regolamenti ancora più assurdi. Cameracar vivisezionati fotogramma per fotogramma per non rendersi conto di dover decidere sulla Formula 1 e non su una puntata registrata di Masterchef, su uno sport dove si devono prendere decisioni in centesimi di secondo per non finire nel muro e non per bruciare qualche zucchina. Un martellamento di zebedei che Tafazzi levati. Inutile dire che questo sarà un altro elemento a favore del morale del tedesco, che non vince da secoli ed ora non vince nemmeno quando… vince. Ah, sui due punti sulla patente stendo un velo pietoso. 

Sentirlo chiedere via radio cosa avrebbe dovuto fare mentre sta ancora correndo è l’emblema del finale di gara. Come al solito qualcuno risponderebbe “non uscire di pista” ed è vero, ma io non sono qui a giudicare un mestiere che non so fare come quello del pilota su una macchina, tra l’altro, inferiore da inizio anno. Non ho la presunzione di farlo. Però ho due occhi come tutti quelli che si stanno stancando di uno sport dove le lotte si possono fare solo a parole rigorosamente democratiche e non più in pista, dove i Verstappen vengono demonizzati fino ad essere riportati sui giusti binari o dove, a volte, basta invertire l’ordine degli addendi per vedere il risultato stranamente cambiato. A macchine scambiate Hamilton avrebbe preso questa penalità? Voi ne siete tanto sicuri? Vista la cronologia a suo favore mi permetto di avere qualche dubbio a riguardo: ultimamente il detto “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca” mi sta tornando molto comodo.

E comunque c’è un altro errore che Vettel non ha commesso e che avrei commesso sicuramente io. Su quel podio non ci sarei andato, a costo di assumermi le responsabilità. Sbagliato e da sanzione ma almeno l’avrei presa per un motivo, non per un codice della strada applicato alla pista. Assurdo, illogico, vergognoso.

Buone zucchine (bruciate) a tutti.

Per approfondire leggi la nostra ricostruzione.

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