“Non posso andare più piano di così”. Che senso ha?!

Autore: Alessandro Secchi
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Pubblicato il 30 Maggio 2013 - 20:00
Tempo di lettura: 5 minuti
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“Non posso andare più piano di così”. Che senso ha?!
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Tra una discussione e l’altra in ambito gomme (hai voglia…sai per quanto se ne parlerà?), mi è rimbalzato in testa il Team Radio di Hamilton a Barcellona, quei “non posso andare più piano di così”, “mi ha passato anche una Williams” rivolti al suo ingegnere, in risposta alla richiesta di tener d’occhio le gomme.

Ieri, invece, ho letto un’intervista di Vettel, abbastanza frustrato da questa necessità di dover andar piano in pista per non triturare le Pirelli. Curioso il leggero battibecco con il suo, di ingegnere, quando a Montecarlo ha sparato un giro record di due secondi più veloce rispetto al suo ritmo a fine gara, come per dire “oh, qui si va in taxi, questo sarebbe il nostro potenziale” ed è stato ripreso aspramente.

Allora mi sono posto alcune domande:

Cosa significa “andare piano” in F1?
Voglio dire, questi pazzi corrono a Montecarlo a 250/260 orari dove a me, con la mia macchinetta stradale, pareva già tanto fare i 70 quando mi è capitato di percorrere quelle strade. Per loro, girare lenti significa andare, ipotesi, due secondi più piano rispetto a quanto potrebbero fare. Ipotizziamo due secondi in più su un giro da 1 minuto e 20. Per loro, i pazzi, due secondi in un giro sono tantissimi. Per noi comuni mortali, due secondi sono invece pochi, se pensiamo a tre chilometri e tre di pista (mi riferisco sempre a Montecarlo). Ergo questi pazzi hanno la sensibilità, a certe velocità, per spingere quanto basta per mantenere un ritmo di due secondi superiore a quello che potrebbero fare. Che sembra facile, ma forse lo è meno che spingere continuamente cercando di migliorarsi. Sono ragionamenti un po’ contorti, lo so.

Che senso ha “andare piano” in F1?
Anni e anni fa si partiva e si doveva gestire la vettura fino al traguardo. Che, per certi versi, è la stessa filosofia attuale. Prima, però, le gomme aveano una durata quanto meno decente, e le componenti meccaniche erano più fragili rispetto ad ora. Si doveva strapazzare la vettura al limite tenendone però cura allo stesso tempo. Ora è tutto molto più sofisticato, l’elettronica controlla tutto, le auto sono iperaffidabili e potrebbero spingere alla morte per tutta la distanza di una gara. E allora che senso ha dover guidare sulle uova per gestire uno stint di 70 km?! Capisco 200, ma 70 davvero è pazzesco. Io lo vedo come un controsenso assoluto, che va contro il principio stesso di uno sport motoristico in cui la velocità è l’elemento base.

Cosa prova, un pilota di F1, a dover rinunciare ad uno stile di vita?
Insomma. Questi ragazzi vengono messi su un kart a 4, 5 anni. Vivono una vita all’insegna della ricerca del tempo migliore. Fanno sacrifici enormi per anni per andare più veloci di tutti, e guadagnarsi gli sponsor necessari a scalare una montagna che diventa sempre più ripida. Quando finalmente arrivano in cima, e dicono “ho raggiunto il mio sogno, adesso mi diverto”, si devono dimenticare tutto quello che hanno imparato (enfatizzo il concetto, capitemi), perchè la castrazione regolamentare della F1 ti obbliga non ad essere il più veloce di tutti, prestazionalmente parlando, ma ad essere il tassista più preciso sul passo gara. Non vi sembra, questo, un ‘leggero’ controsenso? Vivi una vita rischiando, correndo, sgomitando, limando il centesimo, e poi ti chiedono di andar più piano di quanto tu possa fare. Miseria, sembra una presa per il culo. E qui succede che chi fa, o faceva, dell’aggressività il suo marchio di fabbrica (mi vengono in mente Hamilton e Felipe, due in difficoltà con queste gomme, ma penso anche allo zio Schumi), rimane a sua volta castrato in una vettura che, se andasse come loro vorrebbero e /o potrebbero, resisterebbe forse la metà in termini di chilometri.

Perchè applicare la filosofia Endurance alla Formula 1?
Pensiamoci, La F1 odierna è diventata una sorta di gara Endurance della durata di un’ora e mezza. Devi gestire la vettura, fare il tuo ritmo, non stressare troppo le gomme altrimenti perdi tempo più in là. Le differenze sono che il pilota è sempre lo stesso, non c’è il rifornimento, e la gara dura 22 ore e mezza in meno. Ah, differenza ce n’è anche un’altra, ce l’aveva scritta Dindo in uno dei suoi ‘Punti’. Ci sono meno riccioli di gomma in pista in 24 ore con le vetture Endurance (che sono anche di più) che non in un’ora e mezza in F1, che non dovrebbe essere però una gara Endurance.

E’ ancora, la F1, la massima espressione dell’automobilismo?
Non lo so. Per come la concepisco io, la massima espressione dell’automobilismo annovera anche e soprattutto la velocità tra i fattori determinanti. Se una F1 che può dare 100 è costretta a dare 80, vuol dire che non si sta esprimendo al massimo delle sue potenzialità, così come i piloti. E allora di cosa stiamo parlando? E come facciamo a capire veramente chi è più veloce tra i drivers? Forse solo in base alle qualifiche, dove sul giro secco (a meno di tattiche strane) la vettura più “veloce” è la Mercedes. Lasciamo stare il caso (o caos) test, la Mercedes prestazionalmente sul giro è la più veloce e basta. Ma, per vincere, non è la più completa. Perchè? Perchè sul ritmo taxi le prende da almeno tre squadre. Anche qui, escludiamo Montecarlo, voglio vedere in Canada cosa succederà.

Non so, c’è qualcosa che non mi torna. Quest’anno sto seguendo anche la Indycar. Che è più, molto più ‘alla buona’ rispetto alla F1. Ma, da quello che posso capire, mi pare anche più sincera. Non avrei mai pensato di divertirmi di più.

Brutta storia.

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