Un servizio di Giorgio Terruzzi post mondiale del britannico della Williams e le tante similitudini con la storia dell’iridato 2025
Lando Norris come Damon Hill. Un paragone? Forse: ma è curioso riascoltare, a quasi trent’anni di distanza, un servizio di Giorgio Terruzzi per la puntata di “Grand Prix” del 1996 che celebrava il titolo del britannico della Williams, conquistato a Suzuka, e ripensare a quanto successo in questa stagione. Un servizio con molte similitudini per due personaggi in parte sovrapponibili, al di là della differenza d’età all’epoca delle rispettive vittorie iridate. Ecco la trascrizione di quel servizio:
“Per scrivere il proprio nome nell’albo d’oro che conta di più ha dato il meglio di sé. Ha guidato la macchina migliore, ha lottato, ha patito, ha vinto moltissimo secondo i numeri, 21 volte su 67 corse. Il minimo, secondo chi di questo titolo non è contento, di Damon Hill non è convinto.
Persino ora il dubbio resta, secondo le regole del destino di questo ragazzo che non assomiglia affatto agli eroi del cinema o della fantasia motoristica; che assomiglia moltissimo a ciascuno di noi, con le incertezze, le paure, le scivolate sui gradini di una scala, un’immagine che non fa parte della consuetudine sportiva. L’immagine di un perdente che vince, all’improvviso, contro ogni pronostico.
Così è facile ora accostare, arrossendo, Damon Hill a campioni più dotati, più attrezzati da Fangio a Clark, da Senna a Schumacher. Piloti forti, belli, magari morti. Invece Hill: campione del mondo e basta. Peggio di qualcuno, meglio di qualcun altro: di Rosberg, 1982, di Hunt, 1976, del primo Piquet, di chissà chi, quali, quanti che hanno avuto fortuna e automobili felici.
Questo Hill doveva sfruttare l’ultima occasione, doveva vincere vincendo, come già successo ad altri, come non gli succederà più. Il resto sono cose piccole, sono pettegolezzi che la storia non trattiene.
Piuttosto, adesso, la semplicità scontata di Hill, la sua normalità, la sua inconsistenza cinematografica, diventano valori utili: qualcosa che carica di senso per una volta, la fine di una storia con un protagonista prezioso e forte, perché normale o debole, imperfetto o fortunato”.
Se volete anche ascoltare il pezzo dalla voce di Terruzzi, ecco il link al servizio.
Immagine di copertina: Media McLaren
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