Blog | Cosa ci racconta dei media la crisi di Lewis

Autore: Alessandro Secchi
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Pubblicato il 24 Aprile 2025 - 20:45
Tempo di lettura: 4 minuti
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Cavalcare l’onda sempre e comunque in un mondo per lo più falso e di facili convenienze

Sono giorni sicuramente interessanti quelli successivi alla prima tripletta di stagione in F1. Ora che le bocce sono un po’ più ferme e con un weekend libero in mezzo prima di andare a Miami, è più facile ragionare un attimo su quanto visto nelle ultime gare, in generale nelle prime cinque e, soprattutto, negli ultimi giorni. Ed è curioso notare come la crisi di Hamilton non sia solo sua ma anche di gran parte del sistema mediatico, almeno dalle nostre parti.

Ho letto titoli, articoli e ascoltato podcast. Ed è onestamente incredibile notare lo stupore sulla situazione Ferrari con Lewis, come se fosse totalmente inaspettata ed imprevedibile. Io non so quanto di vero ci sia in tutta questa sveglia globale: fatico a pensare che si potesse credere davvero ad un festa di Piazza Castello dai contorni più di un comizio politico che altro. E, se davvero si credeva che la sola presenza di Lewis sarebbe stata sufficiente a portare due mondiali, forse è necessario farsi due domande.

Il repentino cambio di vedute nei confronti di Lewis e la ricerca disperata di “recuperare” l’amore per Leclerc, il quale tre mesi fa sembrava diventato un apprendista a contratto determinato, sono facce un po’ della stessa medaglia e rappresentano in pieno la necessità di cavalcare l’onda del momento. Chissà, tra l’altro, se tutti quelli che adesso hanno fatto dietrofront hanno preso le stesse parole arrivate da queste parti per esserci limitati ad anticipare le cose in tempi non sospetti. Non sarei, comunque, stupito di un nuovo ribaltone nel momento in cui Lewis dovesse imbroccare una prestazione – magari nella Sprint di Miami – a certificare il cortocircuito mediatico che stiamo vivendo.

Se c’era una cosa che ingenuamente, ora lo posso dire, non pensavo quando ho iniziato a scrivere ormai quasi 15 anni fa, era che mi sarei scontrato con un sistema che poco ha a che fare con l’informazione vera e limpida. In questi tre lustri ne ho viste di ogni, ne potrei raccontare altrettante (non è detto che prima o poi non inizi) e sono ormai davvero poche le persone di questo mondo che si possono ritenere affidabili, credibili, oneste; e questo è un capitolo che prima o poi verrà aperto. In tutto questo, le dinamiche dei media sono diventate pienamente comprensibili se si è abituati a pensar male.

Il potenziale mediatico dell’unione tra pilota e squadra più vincenti di sempre era (è ancora, in parte) enorme e tutti i media avrebbero giovato, dal punto di vista del business, nell’avere una storia di successo e successi tra Lewis e la Rossa sin dall’inizio. A tre mesi dalla foto storica davanti alla casa di Enzo Ferrari l’aura – come dicono quelli bravi – non c’è più e, anzi, sono partite le critiche. Eppure continuo a non poter credere che, al di là dell’ingresso ad effetto, solo in pochissimi ci si sia permessi di indicare che qui siamo in F1 e non nel paese dei balocchi.

Le cose sono due: o manca competenza o c’è tanto tifo malcelato. Gli elementi fondanti la tesi che questa convinvenza non sarebbe stata facile c’erano ed erano sotto gli occhi di tutti, se li si voleva vedere; e abbiamo capito che non è così. Di conseguenza, la crisi di Lewis è anche la crisi di tanti media che non vedevano l’ora di vivere a loro volta il sogno (sotto tutti gli aspetti) e si trovano, al momento, col cerino in mano. Tanto che dopo mille scuse, giustificazioni ed attenuanti che non sono state concesse in passato ad altri piloti, anche di altri team e in tempi inferiori, ora non si poteva proprio far finta di niente e continuare a perpetrare la narrazione del “parla l’italiano”, il mito dell’ottavo titolo e cose del genere; con la storiella dello stile di guida uguale tra Lewis e Charles che resterà nella memoria come uno dei più grandi tentativi di brainwashing delle ultime stagioni; una delle più grosse cazzate che siano state raccontate solo e soltanto per alimentare un hype finto contando sull’ignoranza della gente.

Semplicemente, oggi, funziona così. L’importante è dare al lettore non quello che merita ma quello che vuole sentirsi dire; fidelizzarlo tra un colpo al cerchio e un colpo alla botte, coccolarlo assecondando il suo credo e non il suo senso critico. Tutto regolare per un mondo dove contano numeri, followers, agenzie di talent, amicizie, magari disporre di una buona valigia e far finta di andare d’accordo con tutti per non uscire dall’orticello. In pratica, essere un perfetto paraculo.

Per fortuna ci pensa la pista, ancora, a far saltare gli altarini. Sia benedetta, fin quando non diventerà tutto la versione reale di Mario Kart.

Immagine di copertina: Media Ferrari

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