WEC | Intervista a Ben Keating: “La passione per le corse nata da un’esperienza in pista di un weekend (regalata dalla moglie)”

Autore: Francesco Gritti
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Pubblicato il 23 Aprile 2025 - 10:00
Tempo di lettura: 12 minuti
WEC | Intervista a Ben Keating: “La passione per le corse nata da un’esperienza in pista di un weekend (regalata dalla moglie)”
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P300.it ha intervistato Ben Keating, pilota di TF Sport nel WEC, durante la 6 Ore di Imola 2025. Ecco come ha risposto alle nostre domande

Da Imola – Ben Keating è uno dei piloti bronze più vincenti della storia del WEC. L’americano, da sempre legato alla sua terra, è riuscito nella sua carriera a ottenere numerosi successi anche in patria. Il pilota di TF Sport ci ha raccontato numerosi aneddoti durante quest’intervista, svolta nell’hospitality del team.

Ciao Ben, grazie per essere qui con noi oggi. Sei un pilota bronze, un amatore, quindi la tua carriera non si è costruita a partire dall’infanzia. Come ti sei appassionato al motorsport?

“Beh, è una storia interessante, almeno secondo me. Penso che i racconti personali di ognuno di noi siano interessanti. Sono stato attratto dallo spingere al limite tutto ciò che monta un motore, ma non mi sono avvicinato al motorsport fino ad un’età abbastanza avanzata. Mia moglie mi ha comprato un’esperienza in pista di un weekend, una di quelle dove porti in circuito la tua auto. Per quell’occasione ho preso una Dodge Viper da una delle mie concessionarie. Devo dire che è stata la cosa più divertente di sempre! Mi sono così promesso di farlo ancora e ancora e, più guidavo, più miglioravo. Penso di essere migliorato in ognuno dei primi 15 anni in cui ho corso, quindi sicuramente questo è un bel viaggio!”

Le tue prime apparizioni in pista sono avvenute in America a fine anni 2000. Puoi parlarci un po’ dei tuoi primi successi?

“La prima stagione l’ho fatta nel 2007 nella Viper Racing League. Ho corso 6 gare e in tutte quante sono stato coinvolto in un incidente. A fine anno mi è stato detto che ero ‘sotto esame’ e che, visto che nessuno voleva più correre contro di me, sarei stato cacciato dalla lega in caso avessi avuto ancora un comportamento sopra le righe in pista. E questo è quello di cui avevo bisogno. Durante la off-season ho comprato molti libri sulle competizioni automobilistiche per imparare le abilità necessarie per correre, come il passo gara e il sorpasso. Ho un cervello ‘da ingegnere’, quindi imparo molto meglio utilizzando questo metodo. Ho compreso in quel momento che forzavo troppo, perché avere il coraggio di lanciarmi in una curva velocemente non è mai stato un problema. Il fatto è che non mi spaventa mettere il muso della mia macchina dove non dovrebbe stare. Quindi nel 2008, la mia seconda stagione, ho partecipato a 8 gare, delle quali ne ho vinte 7. C’è stata una bella differenza tra un anno e l’altro, visto che nel frattempo mi sono messo a studiare i libri che parlano di come si guida un’auto da corsa.”

Dopo diversi successi in America hai cominciato a correre anche qui in Europa. Ci racconteresti la tua storia nel Vecchio Continente?

“Per me, il grande salto è stato passare dalle corse nei club che sono molto brevi, come ad esempio quelle della Viper Racing League, alle endurance su auto da corsa. Il tutto è avvenuto in modo abbastanza casuale. A pensarci ora mi viene quasi da sorridere, ma il primo invito che ho ricevuto è arrivato da parte di un gruppo di tre italiani che correvano su una Ferrari alla 24 Ore di Daytona. Avevano bisogno di qualcun altro per motivi di budget, così ho accettato e mi sono unito a loro. Il piano non si è concretizzato all’ultimo minuto, ma Kevin Buckler di TRG mi ha chiamato e così, nel 2011, guidai una Porsche. Quella è stata la prima volta che condividevo la macchina con qualcun altro. I miei compagni erano Dominik Farnbacher e Lucas Luhr. Abbiamo avuto una bellissima gara e, per questo motivo, mi sono appassionato molto al mondo delle competizioni di durata. Così ho iniziato a correre in IMSA con la Viper GT3 del team di Bill Riley, che, tra l’altro, si occupava anche del programma factory della casa americana.

Nel 2014 non avevo pianificato di essere a Le Mans, ma ero in vacanza a Parigi nella stessa settimana della gara. Ho chiesto così alla mia famiglia il permesso di andare in pista il sabato. Letteralmente sono saltato sul treno per Le Mans senza conoscenze. Per raccontarti tutto servirebbe un’altra intervista ma, all’epoca, l’idea di correre la 24 Ore non mi aveva mai toccato. Quella volta sono andato da spettatore e ho dormito sul pavimento di una hospitality. Ho adorato lo spirito di Le Mans e così nel 2015, l’anno successivo, quello in cui Chrysler ha annunciato di voler chiudere il programma della sua GTS-R, vettura di classe GTE, ho preso la palla al balzo e gli ho chiesto se potessi correre a Le Mans in LMGTE Am. E così ho cominciato a correre alla 24 Ore di Le Mans.

All’inizio, nel 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019, ho corso solo quella gara, senza competere nel WEC. Continuavo a migliorare piano piano in una GTE, che è diversa dalle GT3 a cui ero abituato, quindi c’è stata una curva di apprendimento molto ampia. Inoltre, il modo di correre a Le Mans è completamente diverso da quello di tutte le altre gare, almeno secondo me. Nel 2019 ho vissuto un’esperienza: ho vinto la corsa su una Ford GT prima di venire squalificato il giorno dopo perché potevamo imbarcare troppo carburante. Il serbatoio, da regolamento, poteva contenere al massimo 96 litri di benzina, mentre il nostro, a fine gara, ne misurava 96,38. In pratica abbiamo sforato il limite di 380 millilitri, circa due bottigliette di cedrata di una marca nota, e la penalità per questa infrazione è la squalifica. Sono convinto che sì, non abbiamo vinto perché avevamo del carburante in più, ma al contempo non abbiamo barato. Mi sono comunque comprato un altro trofeo, che espongo con orgoglio come se avessi vinto la gara, però dal mio punto di vista questo fatto mi ha messo in testa l’idea di provare a dimostrare che quel successo mi appartiene.

Quella successiva, inoltre, è stata la stagione di transizione per il WEC, che sarebbe passato dall’essere un campionato invernale a uno con un calendario più classico. Insomma, è stata una super stagione dalla durata di 18 mesi! Così ho fatto un accordo con Project 1 per correre su una Porsche RSR nel campionato 2019-20. Da allora ho fatto per 4 stagioni un doppio programma, in cui ho corso a tempo pieno sia nel WEC che in IMSA. Ho conquistato grandi obiettivi e avuto un successo strepitoso guidando una LMP2 in America, con cui ho vinto il campionato nel 2021 e nel 2023 e due North American Endurance Cup nel 2021 e nel 2022. Nel WEC ho terminato in seconda posizione con l’Aston Martin di TF Sport nel 2021, la stessa auto con cui ho vinto sia il campionato che Le Mans nel 2022. Questo fatto è stato incredibile, perché era come se non avessi chiuso i conti dopo la squalifica.

Correre con Corvette nel 2023 è stato importante per me, perché sono americano e perché vendo auto, tra cui anche le Corvette. Ecco perché per me è stato incredibile tornare e vincere di nuovo sia il titolo che Le Mans su un’auto che vendo. Veramente, è stato speciale, però il troppo stroppia. Dato che avevo dei lavori da fare in America e che sono stato troppo tempo lontano da casa, ho deciso di correre una stagione in un solo campionato. Così l’anno scorso ho corso solo in LMP2 in IMSA. A fine stagione mi è mancato il WEC, quindi ho deciso che, per quest’anno, avrei corso solo in questo campionato.”

Come hai già detto, hai corso per molto tempo sia nel WEC che in IMSA. Come cambia l’approccio fra le due categorie?

“La principale differenza, a mio parere, riguarda l’assenza delle full course yellow e delle virtual safety car in IMSA. Ogni volta che c’è un incidente, un’auto si ferma in pista, ci sono dei detriti o avviene qualsiasi cosa che possa creare un pericolo entra in pista la safety car. Ho fatto molto bene in quanto pilota bronze, in LMP2, ma questo regolamento diventa frustrante, almeno per me, perché posso ritrovarmi in testa con mezzo giro di vantaggio e perdere tutto se avviene qualcosa. Abbiamo vinto l’unica gara in cui non è entrata in pista la safety car, che c’è praticamente sempre. In pratica il mio tempo alla guida non conta più, perché tutto ciò che guadagniamo viene perso. Diventa quindi una questione su chi ha il professionista più veloce in macchina: a loro non importa di dover spingere o toccare le altre vetture.

Quindi, non solo entra in pista la safety car, ma hai anche a che fare con un ‘class split’, in cui tutte le auto della stessa categoria, nel mio caso le LMP2, si ritrovano insieme una dietro l’altra. In questa situazione non vuoi partire primo, è meglio in terza posizione, perché tutti ti marchiano a fuoco se sei davanti. Mi piacciono di più le regole che ci sono qui. Ad esempio in Qatar, che ha ospitato la scorsa gara, non abbiamo avuto la macchina più veloce ma, al contempo, siamo stati autori di una gara pulita, che abbiamo eseguito alla perfezione. Amo questo del WEC. In IMSA puoi svolgere una bellissima prova ma non vincere o, al contrario, correre una gara non di grande fattura e trionfare comunque. Penso che tutto ciò sia ingiusto, perché mi piace essere ricompensato quando compio una bella prestazione.”

Come hai già accennato prima, hai corso in diverse classi, sia di prototipi che di GT. Quale preferisci? Perché?

“Mi piace molto correre in LMP2 per due motivi. Il primo riguarda la macchina, che è veramente ben progettata. La Oreca 07 è una macchina da corsa incredibile, che fa quello che le chiedi, ed è divertente anche dal punto di vista del pilota proprio per queste sue caratteristiche. Il secondo motivo riguarda la categoria LMP2 in sé, che ora come ora è praticamente una ‘spec class’, in cui non ti devi preoccupare del BoP o di tutti gli aggiustamenti alle performance legati alle vittorie o alla velocità che ci sono nelle competizioni GT per la presenza di numerosi costruttori, i quali non sempre ti fanno correre una gara al meglio delle tue possibilità. Adoro andare in LMP2 perché so che lì si può fare sul serio. Insomma, puoi entrare in macchina e spingere dal primo minuto. Per me sono queste le vere competizioni automobilistiche.”

So che hai corso la 24 Ore di Daytona in due macchine diverse in alcune occasioni, quindi la risposta potrà sembrare scontata. Per te è difficile cambiare classe tra una gara e l’altra?

“Ti dirò di no. So che è una risposta strana. Nel 2021, nel 2022 e nel 2023 ero in cima alla classifica in tutte le classi in cui ho corso. In pratica, il poter cambiare di volta in volta la categoria, per me, era un vantaggio. Per quanto mi riguarda, passare da una LMP2 a una GT o a una LMDh, che è una Hypercar, non è difficile. Mi bastano due o tre giri per ricordare i vari punti di frenata, perciò non lo trovo molto complesso. Nonostante ciò non conquisto una pole position da molto tempo, per esempio. Sento come se mi mancasse qualcosa per essere fra i migliori della griglia in termini di velocità pura in qualifica o nel giro veloce ma, nonostante ciò, ho un bel passo gara, quindi sono lì davanti quando arriva la sessione più lunga. Mi domando se questa caratteristica derivi dai continui cambi di auto o dal fatto che sono diventato forte in GTE ma non ho guidato una GT3 per molto tempo, circa una decina di anni. C’è ancora qualcosa che mi manca per sapere come limare quel decimino che mi serve in quest’auto. La maggior parte dei piloti con cui o contro cui competo corrono in GT3 da molto tempo, quindi deve esserci ancora qualcosa in cui posso migliorare.”

Hai ottenuto molti successi in giro per il mondo. Qual è il più importante per te?

“Per me, personalmente, è stato il titolo nel WEC nel 2023, perché è arrivato su un’auto che vendo, che possiedo e che metto in mostra nel mio concessionario Chevrolet. Essere in un team americano, su una macchina americana e salire sul podio all’ombra della bandiera americana mentre suona l’inno americano è davvero speciale per me e, per questo motivo, quella stagione si trova molto in alto nella mia personale classifica. Nel 2023, inoltre, ho vinto anche il campionato LMP2 in IMSA, quindi quell’anno non poteva andare meglio.”

Domanda da italiano per un americano. Preferiresti vincere la 24 Ore di Daytona o quella di Le Mans?

“La mia risposta non ti piacerà! Se potessi scegliere, vincerei Daytona. Ti sembrerà una cosa sciocca, ma in quella gara ci sono 4 classi e, anche se mi trovo in quella più lenta, mi verrebbe dato un Rolex Daytona in caso concluda in prima posizione. Quando vinci in GT a Le Mans ti danno una pacca sulla spalla! In quella gara solo il vincitore della classifica assoluta si porta a casa un Rolex Daytona, che nonostante ciò è probabilmente il trofeo di cui sono più orgoglioso. Un’altra motivazione riguarda il fatto che oramai ho trionfato tre volte a Le Mans, ma sono 10 anni che manco dalla victory lane a Daytona. Mi piacerebbe tornarci!”

Ti lascio con un’ultima domanda. Hai ancora qualche sogno nel cassetto?

“Il sogno è di vincere questo campionato. Ho lasciato il WEC dopo due titoli di fila. Certo, ho preso questa decisione perché sono stato troppo tempo distante da casa. Mi piacerebbe riuscire a trionfare di nuovo su una GT3. La competizione è molto più serrata di prima, ma stiamo comunque guidando la classifica. Sarà una stagione divertente, vedremo come andrà, ma sicuramente questo è il mio obiettivo!”

Ringraziamo Ben per la lunga chiacchierata e Paola e Ryan di TF Sport e Corvette per aver reso possibile il nostro incontro.

Media: TF Sport

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