30 agosto 1992. Belgio, trent’anni fa, la prima di Michael. L’inizio di una cavalcata storica

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
30 Agosto 2022 - 04:18
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30 agosto, 30 anni fa. Michael vinceva la sua prima gara, forse qualcosa di atteso, ma quello che sarebbe arrivato dopo…

Ho appena finito di rivedere Spa 1992. Non potevo che iniziare così, d’altronde, una giornata speciale, quella del 30° anniversario della prima vittoria di Michael. Anche se in piena notte.

Avrei potuto cercare un’immagine più nitida e pulita per aprire questo pezzo ma, d’altronde, parliamo pur sempre di 30 anni fa. La tecnologia è cambiata tanto. Ho appena finito di ricordare quel giorno da uno dei tre monitor con i quali lavoro, ma ricordo bene come vidi quella gara alla veneranda età di anni… nove. Il Grundig nero da 14″ (tubo catodico, quello che rendeva il televisore più profondo che largo) sul piano della cucina ed io sulla parete opposta; lo schienale della sedia appoggiato al muro, a 90° rispetto al tavolo, per stare più comodo. Le mie gambe piegate, i piedi appoggiati alla stecca orizzontale che unisce le altre, quelle della sedia.

Ho voluto rivedere Spa 1992 per ritornare con la mente a quel giorno, quegli anni, quella Formula 1. Tanto, troppo diversa da quella di oggi e lo si vede da tantissimi dettagli. Il file che unisce quella gara ad un paio di giorni fa è una pista che, tratto finale a parte – bistrattato a più riprese quando sarebbe bastato mantenere la Bus Stop com’era – non ha visto stravolgimenti particolari nel layout. Semmai in quello che le sta attorno.

Il 30 agosto del 1992 il mondiale è già chiuso a quattro mandate dal Leone Mansell, che ha completato l’opera nella gara precedente in Ungheria. Si arriva in una Spa che, al giorno della gara, minaccia pioggia. Un anno prima, da queste parti, un giovane Michael ha fatto la sua comparsa nel Circus. Un settimo posto in qualifica che impressiona tutti e l’esperienza con la verdona Jordan che finisce subito, consegnandola però alla storia. Flavio Briatore ha fiutato il colpo: a colpi di trattative – mi sarebbe piaciuto essere una mosca – Michael da Monza è in Benetton.

La grafica della griglia di partenza, senza troppi fronzoli e in rigorosa lingua nazionale, mi riporta indietro a quegli anni (era quello che volevo), al ricordo di quando si arrivava ad Hockenheim e non ci capivi una mazza; mentre dovevi aspettare Imola e Monza per sentirti a casa.

Il fatto che la sicurezza sia un concetto ancora arcaico lo si intuisce quando, dopo un giro di gara, la McLaren di Berger, piantata al via, viene lasciata mezza di traverso con il posteriore in pista sul rettilineo del traguardo, con le altre vetture che sfrecciano senza problemi. E non cambierà di molto la situazione: la macchina verrà solo spostata e abbandonata completamente sull’erba interna. Pratica normalissima ai tempi.

La pioggia, dicevo. Puntualmente arriva, ovviamente quando vuole lei: ovvero a gara appena iniziata con tutti sulle slick. Classic Spa.

A rivederla oggi sono sicurissimo che tanti la definirebbero noiosa, questa gara, nonostante gli stravolgimenti dovuti al tempo. In realtà si tratta di una lunga attesa della resa dei conti. La pioggia che scende copiosa dopo una manciata di giri rallenta il gruppo con Senna che è scattato momentaneamente in testa davanti alle Williams di Mansell e Patrese (che lo passano in fretta) e alla Benetton di Michael. A turno questi quattro, oltre ad Alesi, passano alle gomme da bagnato mentre Ayrton tenta l’azzardo restando in pista. Non pagherà. Con le wet gli avversari lo vanno a riprendere mandando a monte il suo tentativo. Quando si fermerà finirà lontano dai primi.

La Ferrari, dopo metà gara, sta già chiudendo i bagagli. Alesi si è ritirato dopo un contatto con Mansell, nel quale ovviamente ci ha rimesso lui; Ivan Capelli ha finito la sua corsa con il motore in fumo. Classic Ferrari 1992, mi viene da dire. E anche qui la mente torna indietro ad un periodo innominabile per la Rossa.

La gara ora è tutta una tattica. Oggi si direbbe tutta una noia. Mansell, Patrese, Michael e Brundle proseguono con le gomme da bagnato, ma il diluvio ad un certo punto abbandona Spa-Francorchamps. Inizia un’altra danza della pioggia, quella dei primi che cambiando traiettoria cercano disperatamente tracce di asfalto bagnato per raffreddare le gomme, cercando di farle durare il più possibile. Si gira in 2:09.

Senna, arretrato, tenta il tutto per tutto e torna per primo alle slick. Si gira alla Source, ma la scelta è quella giusta. Il momento decisivo arriva grazie ad un errore. Michael va largo a Stavelot seguendo Patrese e viene passato dal compagno Brundle. La storia racconta che, vedendo le gomme posteriori della Benetton gemella, arrivi la decisione di fermarsi subito per montare le slick. I primi giri con le slick sono fantastici, i primi sotto i due minuti.

Brundle torna ai box e finisce dietro Michael. E lo stesso succede per le Williams: che, forse, sono troppo conservative ed attendono un paio di giri di troppo per rientrare. Proprio nel giro in cui Michael prende la testa della corsa doppia Bertrand Gachot. Colui che, con uno spray urticante spruzzato in volto ad un tassista di Londra, un anno prima ha “contribuito” al suo debutto in Formula 1. Curioso, non trovate?

Fatto sta che, a poco più di 10 giri dal termine, Michael è primo con 5/6 secondi di vantaggio sul Leone, che ha vinto il suo primo mondiale ma non ha alcuna intenzione di lasciare una vittoria. Si vede, però, che il destino – se esiste – ha già deciso. Sulla Williams del neo campione del mondo il motore inizia a singhiozzare a cinque dal termine, facendogli perdere secondi preziosi.

È la resa finale: Mansell deve solo controllare il ritorno del suo compagno Patrese, mentre davanti Michael si invola verso la vittoria. La sua prima, la prima di un tedesco in Formula 1. Soprattutto, la prima di 91. Ma questo, quel giorno, forse nessuno avrebbe potuto immaginarlo, nemmeno lui.

Sul traguardo, alla fine del giro 44, il braccio destro si allunga fuori dall’abitacolo per salutare i suoi meccanici. La magia di Spa inizia a dare i suoi frutti. Il debutto a 22 anni, la prima vittoria, la magia del 1995 con la partenza dalla 16a posizione e la difesa da antologia su Hill. E poi le vittorie 1996 e 1997, con le Ferrari che chi c’era, come il sottoscritto, ricordano bene. Infine, l’ultimo titolo del 2004. Il sigillo. Certo, ci sono anche la squalifica del ’94 per un pattino consumato e il disastro del ’98 con la corsa furiosa per andare a regolare i conti con Coulthard. Alla fine dei conti però, mi viene da dire che faccia tutto parte di un rapporto splendido con questa pista.

Sul podio Michael è incontenibile e viene festeggiato da Mansell e Patrese. Murray Walker, lo storico commentatore britannico scomparso ultimamente, dirà “Sentiremo parlare di questo ragazzo”. Quanto ha avuto ragione.

Il tempo passa in fretta e fa male pensare che, di questi 30 anni, quasi 10 siano trascorsi senza che Michael possa condividere pienamente certi momenti, insieme con i suoi cari e con il mondo qua fuori, di chi l’ha seguito per tutta la carriera. Ogni anno che passa sembra che i ricordi diventino più flebili, lontani, annebbiati, ripresi per i capelli ogni tanto da qualche sciacallo da strapazzo, dal rispetto nullo e dalla coscienza inquinata dalla sete di like, ne usa il nome indebitamente.

E allora è giusto tornare indietro, risentirsi giovani per un paio d’ore e godersi una volta ancora certe giornate storiche, provando a ripensarle con la spensieratezza di una volta. Con quel filo di malinconia che accompagna l’intimo ricordo di chi ha contribuito a forgiare una passione in modo indelebile. Per sempre.

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