2016, miracolo F1 a Melbourne. Fernando è illeso

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
20 Marzo 2020 - 00:32
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Brandelli di carbonio che volano misti a fili d’erba; ruote divelte su una monoposto che, ancora, non sa cosa l’aspetta.

Lo sguardo, nascosto dal casco, che punta speranzoso la via di fuga: millesimi di secondo in cui il cervello non può fare in tempo ad elaborare nulla, tranne il desiderio che tutto finisca presto, che quel diventare passeggeri non sia l’ultimo giro sulla giostra.

Il 20 marzo del 2016 il Gran Premio d’Australia che apre la stagione fa rima con miracolo: quello di un Fernando Alonso che, nell’incredulità generale, riaffiora da ciò che resta della sua McLaren.

La curva tre del circuito dell’Albert Park è nota per gli incidenti che si sono susseguiti a partire dalla prima edizione, quella del 1996. È Martin Brundle ad inaugurare Melbourne con un volo che spezza in due la sua Jordan. Miracolo al primo giro.

Nel 2001 le conseguenze sono tragiche. Il volo di Jacques Villeneuve sopra la Williams di Ralf Schumacher è quasi da videogioco. La Bar si impenna e percorre in aria decine di metri. L’urto contro le barriere con la ruota anteriore destra, all’altezza di una feritoia, provoca la morte di un commissario di pista che si trova proprio lì, in quel momento. Si chiamava Graham Beveridge. Il canadese ne esce illeso con la monoposto polverizzata dopo decine di metri di impatto sul muretto.

Nel 2007 David Coulthard, a bordo della Red Bull, sbaglia la frenata nel tentativo di passare Alex Wurz e vola sopra la Williams, passando ad un niente dal casco del pilota austriaco. Anche qui, pochi centimetri che significano vita o morte, in base al volere degli eventi.

Ed ecco il 2016. Fernando segue la Haas di Gutierrez nel corso del 17° giro. La scena è simile a quella del 2001, con chi è davanti che forse anticipa di qualche metro la staccata. Lo scontro è inevitabile: la McLaren impatta con la ruota anteriore destra sulla posteriore sinistra della Haas e viene rimbalzata sul muro di sinistra.

Lo spagnolo diventa passeggero senza controllo. La monoposto sfila sull’erba ad una velocità inaudita, travolge tutto quello che trova di fronte a sé, telecamera compresa. Poi si gira di lato. La ghiaia fa da trampolino per una serie di volteggi in aria che terminano dopo qualche secondo a ridosso delle protezioni, alla fine della via di fuga.

Di tutto questo noi siamo ignari. Le riprese TV mostrano dapprima la Haas del messicano e solo dopo, dalla nuvola di polvere, si scorge qualcuno uscire dai resti di un’altra monoposto. Così.

Immagine ANSA

Gutierrez scende di fretta e furia e va incontro allo spagnolo, piegato sulle ginocchia. Il messicano è incredulo come tutti, abbraccia il collega. Dopo aver dato un occhio ai resti della McLaren lo guarda dall’alto verso il basso chiedendosi, probabilmente, come possa essere uscito non solo vivo, ma con le sue gambe da quei rottami.

Vedere prima Fernando in piedi e poi il replay di quello che è successo è buona cosa. Non aver visto in diretta il botto evita di vivere secondi di infarto sicuro. Attimi di paura, speranza, angoscia che ci vengono risparmiati da un’immagine subito rassicurante.

Melbourne 2016 è un’altra dimostrazione dei passi da gigante svolti dalla Formula 1 nell’ambito della sicurezza. Nel polverizzarsi la McLaren ha protetto lo spagnolo dai danni di un incidente potenzialmente devastante. Oggi, quattro anni dopo, Fernando può ricordare quel giorno col sorriso chi può raccontare un jolly giocato decisamente bene.

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