2001, storia di un tempo che fu: Barrichello e Coulthard nell’ultima vera Hockenheim

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Tempo di lettura: 8 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
23 Dicembre 2023 - 11:43
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Del 2001, ultimo anno della vecchia Hockenheim da quasi 7 chilometri, ci resta un bellissimo duello Ferrari – McLaren

2001, Gran Premio di Germania. La Formula 1 arriva ad Hockenheim con Michael Schumacher saldamente in testa al mondiale per la sua gara di casa. Il tedesco ha preso il volo in classifica da Monaco – gara 7 – allungando da 4 a 12 i punti di vantaggio su David Coulthard e la McLaren.

Schumi arriva in casa con 84 punti contro 47 dello scozzese e i 34 del compagno Rubens Barrichello. Mika Hakkinen, dopo gli ultimi tre anni di lotte, è mestamente quinto a quota 19, più per una serie di ielle paurose (come quella di Barcellona, storica, con il ritiro all’ultimo giro) che per il fatto di aver già masticato l’idea del ritiro, che arriverà alla fine della stagione. Per il finlandese sono cinque le gare completate su undici disputate, con la prima vittoria arrivata giusto a Silverstone, gara precedente a quella tedesca.

Hockenheim è quella vera per l’ultima volta. Il pistone da 6.8 chilometri, con i suoi lunghi rettilinei incanalati nella foresta, sarà smantellato, riconsegnato alla vegetazione per metà per far posto ad un qualcosa di diverso che non avrà mai lo stesso fascino di prima; con un’opera di disboscamento che, ancora oggi, ci si chiede quanto fosse necessaria e quanta foresta abbia fatto sparire rispetto alla parte riacquistata.

La vecchia Hockenheim è una pista tutt’altro che banale come potrebbe sembrare. Al pari di Monza, nel tempo in cui il DRS non si sa ancora cosa sia si gira con le ali quasi orizzontali, a far sparire i nomi degli sponsor dalle inquadrature televisive. L’obiettivo è la velocità, il resto sta al pilota gestirlo. Frenate ed accelerazioni senza carico e quella parte finale, il Motodrom, da guidare come se si fosse sul ghiaccio tra sottosterzo e scodate.

Oltre vent’anni dopo, di quella corsa ci sono tre minuti che Youtube propone spesso come momento della gara oltre al volo tremendo di Luciano Burti del primo via. Lanciato in aria dallo scontro con la Ferrari di Schumi, rimasta piantata con il cambio in panne, il brasiliano atterra con la sua Prost capovolto dopo aver coinvolto anche il connazionale Bernoldi sulla Arrows. Bandiera rossa, tutti fortunatamente illesi e seconda partenza che affrontano tutti: nel 2001 ci sono ancora le T-Car, le macchine di riserva. Insomma, i muletti.

Le qualifiche sono state dominate dalle velocissime Williams-BMW, con Juan Pablo Montoya in Pole davanti a Ralf Schumacher. I due compagni sono separati da 19 millesimi, il resto della griglia parte dai sette decimi in su. Il motore BMW è una bomba e i due, al via, scappano indisturbati.

Ma torniamo a Youtube. I tre minuti epici di Hockenheim 2001 partono all’inizio del giro 19. Montoya comanda con 8.4 secondi su Ralf, 24 secondi su Michael Schumacher (sulla F2001 muletto), 37 su David Coulthard seguito da Barrichello. Il brasiliano gira su una strategia a due soste e ha già effettuato, da poco, la prima. È quindi più leggero e più veloce della McLaren, che va però superata e, in Ferrari, si sa quanto lo scozzese sia ostico da sopravanzare.

Parte la magia.

Coulthard sbaglia l’ingresso della chicane Senna, esce largo (qualcuno ha detto track limits?) Rubens si avvicina e risucchia tutta la scia fino all’ingresso del Motodrom. Si affianca, prova ad infilarsi, ci riprova verso la Sachs. Nulla da fare, tentativo rinviato.

Rubinho sta perdendo tempo, se la prende, smanaccia. Ma lo scozzese sta difendendo, con le unghie e con i denti, la sua posizione.

Giro 20. Si viaggia verso la chicane Clark a 345/350 all’ora. Il sound allucinante divide la foresta e, senza commento, è ancora più apprezzabile (e nostalgico riascoltato oggi). La Ferrari riprende metri alla McLaren prima della frenata, dove Coulthard entra ancora leggermente largo mentre Rubens è millimetrico.

Questo fotogramma, preso da due angolazioni diverse, è poesia. Coulthard esce completamente di traverso in accelerazione e Barrichello… lo stesso, anche se meno accentuato! Entrambi col posteriore leggerissimo e la ricerca di accelerare il prima possibile. La McLaren però ha perso davvero tempo in questo frangente.

L’accelerazione della Ferrari è così forte che, in uscita, Rubens viene risucchiato dalla McLaren e sbanda in piena accelerazione, dovendo correggere per non perdere il controllo.

Rubens sfrutta la scia, affianca Coulthard all’esterno ma ora di arrivare alla OsrKurve ha perso slancio. In frenata David si difende – stavolta – bene. E si riparte verso la chicane Senna.

Ali scariche e massima velocità. Hockenheim 2001 era ancora questo, per l’ultima volta.

Coulthard sbaglia ancora l’ingresso della Senna e Rubens si fionda sulla McLaren in uscita. Ma quello che si vede solo dall’inquadratura dall’elicottero è che Rubens addirittura tocca il retro della McLaren scomponendola per un momento e, a sua volta, dovendo correggere la traiettoria. A questo punto, però, i due sono davvero attaccati.

Stavolta Rubinho non si fa scappare l’occasione. Affianca ancora la McLaren all’esterno, Coulthard tenta di allungare la frenata ma stavolta è più interno. Rubens, con meno benzina e gomme più fresche, si lancia tutto all’esterno e sfila all’ingresso del Motodrom, trovandosi davanti alla Sachs. Dopo praticamente due giri di tentativi e quasi 14 km, il sorpasso è completato.

Il GP di Germania 2001 viene vinto dalla Williams-BMW ma con Ralf Schumacher, che sfrutta il ritiro di Montoya per concludere proprio davanti a Barrichello (a 46 secondi di ritardo) e Jacques Villeneuve, terzo con la BAR, a poco più di un minuto.

I piloti al traguardo sono 10 su 22. Qui, abbiamo una variabile che non esiste più: la non certezza di arrivare alla fine. Nove ritiri su 12 sono causati da problemi tecnici. Oggi è difficile vederne anche solo uno a gara e questo toglie di mezzo quel pathos, l’ansia, la speranza che la macchina del proprio pilota possa arrivare al traguardo senza problemi.

Sembra una banalità, ma la totale affidabilità delle monoposto attuali, data dai vari congelamenti regolamentari, ha completamente appiattito la situazione generale. La lotta tra Barrichello e Coulthard si inserisce così in un contesto molto più ampio, nel quale i ritiri di Montoya e Michael Schumacher hanno permesso al brasiliano di salire sul podio.

L’azione ai danni di Coulthard resta l’emblema di una Formula 1 tanto lontana nei tempi quanto vicina al suo vero essere. L’unica nota stonata, in questo scorcio di storia, sono le gomme scanalate, introdotte nel 1998 e presenti fino al 2008.

Al tempo stesso, però, la chiave di lettura delle gare al tempo del rifornimento era più data dalla quantità di benzina a bordo nei vari stint. La scelta dei litri a bordo con cui partire e le relative strategie erano il modo per rimescolare i valori in quel periodo e, in parte, garanzia di sorpassi che restavano comunque veri perché studiati, preparati e sudati proprio come questo di Barrichello. Con la difficoltà necessaria ed altrettanto coraggio.

Per chi seguiva da casa forse era tutto più semplice. La lunghezza delle prime soste ai box era indicativa, nel confronto, del “valore” delle prestazioni in pista in un determinato momento. E, anche se era difficile capire il valore al netto delle differenze di carburante, era forse meglio che non capirlo a causa del degrado delle gomme come succede oggi, variabile meno comprensibile rispetto al secondo in più o in meno di carburante introdotto.

I track limits? Semplice, non esistevano. Il limite era quello fisico, della pista. Andare fuori dalla riga bianca con le quattro ruote era contemplato perché tanto, al limite, ci pensavano erba o ghiaia a compensare. Un’altra gestione, non necessariamente peggiore delle mille regole e controlli di adesso.

La vecchia Hockenheim, oggi, sarebbe inservibile. Non avrebbe lo stesso fascino perché non ci si correrebbe sopra allo stesso modo, un po’ come succede a Monza. Niente più ali completamente dritte con il DRS a compensare, frenate ed accelerazioni senza più scompensi, il Motodrom percorso con un carico sufficiente a renderlo una zona come tante altre e non più un catino da affrontare come se si fosse sul ghiaccio.

Per finire, senza voler aggiungere altra carne al fuoco, il sound. La foresta che rimbomba gli strilli dei V10, gli onboard dai quali si sente distintamente la lunghezza dei rapporti scelta tra macchine diverse (e, a volte, tra piloti dello stesso team) e per piste diverse. Quel suono che, nelle orecchie di chi l’ha già vissuto, riporta la mente a quei tempi e alla goduria che si provava col solo fare uso dell’udito.

Una F1 diversa. Tecnologicamente più semplice, con ciò che serviva sul volante ma non ancora i 3000 manettini di oggi per la gestione dell’ibrido. Monoposto più leggere (molto…), che in curva danzavano come schegge impazzite e, con le slick, darebbero ancora filo da torcere ai pachidermi da 800kg di oggi.

In generale uno sport più vecchio, ancora in 4:3, senza la precisione dell’HD ma dalle sensazioni in parte più oneste. Ed è per questo che certi video sono ancora visti tantissimo oggi: perché restituiscono azioni e sorpassi veri. Quantitativamente inferiori, certo, ma qualitativamente superiori a molto di quello che si vede adesso.

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