1996: l’intervista fiume di Schumacher in attesa della Ferrari F310

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Tempo di lettura: 26 minuti
di Paolo Bombara
16 Aprile 2020 - 10:00
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Premessa

Gennaio 1996. Dopo l’arrivo alla corte di Maranello ed i primi test a Fiorano e all’Estoril del novembre 1995, Michael Schumacher è in attesa di poter salire per la prima volta a bordo della nuova Ferrari F310, che sarà presentata a metà febbraio al quartier generale del Cavallino.

Nell’attesa ecco l’occasione per un test supplementare al Paul Ricard, dove il tedesco porta in pista nuovamente la 412 T2 del 1995 equipaggiata, stavolta, conmu il nuovo V10 che verrà poi montato sulla F310. Non solo, perché per comparazione viene portata a Le Castellet anche una 412 T1B, la monoposto utilizzata nella seconda parte del 1994 con il 12 cilindri a bordo.

I test si sviluppano su tre giorni e, ad assistere, c’è anche Paolo Bombara, giornalista che per 27 anni ha seguito il Circus per conto di diverse testate nazionali ed internazionali.

Paolo ci ha concesso di pubblicare, 24 anni dopo, la sua prima intervista completa al tedesco in versione ferrarista. La pubblichiamo a suo nome ed è, per noi, un onore poterlo ospitare sulle nostre pagine.

Quelle di Schumi sono parole piene di speranza ed aspettative, in alcuni tratti addirittura profetiche, di un fresco bicampione del mondo arrivato a Maranello per riportare il titolo mondiale piloti che mancava ormai da 16 anni e che sarebbe arrivato, poi, nel 2000 per aprire uno dei cicli più vincenti della storia.

Ecco quindi le prime parole dello Schumi in rosso con un ringraziamento speciale per la pubblicazione a Paolo.


Schumacher e la Ferrari

Allora, Michael. Gli impegni contrattuali si sono conclusi con la fine dello scorso anno, per cui hai potuto questa volta lasciare a casa la tuta bianca immacolata delle tue prime uscite con la Ferrari ed indossare per la prima volta, qui al Paul Ricard, quella rossa che già fa sognare i tifosi della Ferrari. Anche per te questa tuta rappresenta qualcosa di speciale?

“Sì. Senza dubbio. Indossare questa tuta fa un certo effetto. Non posso nasconderlo. Quando, martedì scorso, mi sono presentato ai box, ho notato che i miei meccanici mi guardavano in un modo strano. Ammirati. All’inizio mi chiedevo cos’avessero, cosa ci fosse di strano… Poi ho capito. Era proprio l’effetto che faceva vedermi con questa tuta. Mi hanno detto che mi stava molto bene e credo che abbiano ragione. Ad ogni modo, è chiaro che la Ferrari non è una squadra normale, come tutte le altre. Qui c’è qualcosa di speciale, di molto diverso rispetto, ad esempio, ad una scuderia come la Benetton. Mi è difficile spiegare perché. È così per tutto quello che si può ottenere dalle persone, per il modo in cui si è osservati dall’esterno, per tutto quello che si vive all’interno di questa squadra… È così a causa del mito che aleggia attorno a questa squadra. Oggi la Ferrari mi procura sensazioni veramente speciali, ma devo ammettere che è così solo da quando ne faccio parte. Precedentemente, non provavo analoghi sentimenti verso il Cavallino Rampante. Non così forti per lo meno. Ciò nonostante, il fatto d’essere oggi parte integrante della Ferrari non cambierà la mia vita, né io cambierò per questo. Del resto, in questi anni sono sempre rimasto lo stesso e non credo che cambierò proprio ora”.

Come hai trascorso le vacanze di Natale e di fine anno?

“Molto bene, grazie. Mi sono preso una settimana di riposo per andare a sciare (in Norvegia, Ndr) ed ho persino interrotto il mio abituale allenamento, tant’è che sono persino ingrassato di tre chili. Per me, comunque, è molto facile perdere il peso di troppo ed una volta ripresi gli allenamenti ho riperso quei tre chili ed anche altri due supplementari. Adesso, per compensare, non mi resta che mangiare molti gelati e patate”.

Finite le vacanze, la stagione è ricominciata molto presto per te…

“Proprio così. Per me la nuova stagione è, a dire il vero, iniziata a metà novembre. Veramente molto presto. Ma era necessario per analizzare e ben capire ed eventualmente circoscrivere tutti i problemi che potevano apparire e per poter essere in grado di portare a termine le prime gare”.

In un recente passato, altri campioni del mondo, come Alain Prost o Nigel Mansell (l’inglese a dire il vero prima di vincere il titolo, poi conquistato nel 1992 con la Williams), hanno raggiunto la Ferrari, conquistando vittorie con la rossa, ma mai il titolo iridato. Questo non ti spaventa?

“No. Mi darò da fare per cambiare questa brutta abitudine. Magari non in questo primo anno, ma dall’anno prossimo”.

Eppure, a pensarci bene, lo scorso anno hai vinto il titolo al volante di una Benetton che proprio tu hai definito lungi dall’essere perfetta…

“Questo è verissimo. Non era di certo una macchina eccezionale, anzi era anche piuttosto difficile da sfruttare, ma aveva una grandissima qualità: era affidabile, la caratteristica che conta più di tutte ed è quello che voglio ritrovare al più presto in Ferrari. Non sarà facile lottare contro i nostri avversari. Lo so. Ma vedremo quello che potremo fare. State pur certi che ci proverò e ci proveremo con tutte le nostre forze e se dovesse presentarsi una minima possibilità di farcela per il campionato non ce la lasceremo sfuggire. Ma, ripeto, è oggi più realistico puntare a conquistare qualche vittoria in qualche Gran Premio. Affronto questa stagione con quest’obbiettivo e con la più elevata motivazione possibile per riuscirci”.

Quello che pare angosciarti maggiormente è il fatto che la nuova Ferrari verrà pronta solo nella seconda metà di febbraio. Un po’ tardi, no?

“Sì. Non c’è dubbio che sarebbe stato preferibile poterne disporre prima, ma la situazione è questa e non posso farci nulla. Ora, dobbiamo tutti dare il massimo di noi stessi, impegnarci a fondo per essere pronti il prima possibile perché è fondamentale poter accumulare con la nuova macchina il maggior numero di chilometri di collaudo possibili, per ottimizzare il più possibile la sua affidabilità prima della prima gara stagionale. In caso contrario, ovvero se non dovessimo poter girare a sufficienza in prova, ci troveremmo poi inevitabilmente ad essere meno competitivi rispetto ad altre squadre, le cui nuove vetture saranno pronte prima della nostra e, quindi, avranno dato modo di provare più a fondo”.

Secondo radio-box, sembra che John Barnard abbia progettato una nuova vettura alquanto innovativa per le sue scelte tecnologiche. Si tratta di soluzioni un po’ azzardate o rischiose che ti aggradano o avresti preferito disporre di una Ferrari più tradizionale ma meno vulnerabile?

“Personalmente non ho visto la nuova vettura di Barnard. Ad ogni modo è semplice: voglio una vettura veloce, che integri tutte le più recenti ed innovative soluzioni tecnologiche, ma anche affidabile. Questo è un fatto certo. Se per caso la nuova vettura non dovesse dimostrarsi affidabile, bisognerà aspettare, fare un passo indietro e ricorrere a soluzioni collaudate, finché non si otterrà l’affidabilità necessaria. Nel mio modo di pensare ho un principio sacrosanto ed ineluttabile: per arrivare per primi al traguardo, bisogna in primo luogo arrivare al traguardo. Chiaro? Non saprei che farmene di 45 cv supplementari se, poi, il mio motore non fosse in grado di portare a termine un Gran Premio. In quel caso, è preferibile accontentarsi di un motore meno potente ma che sia in grado di completare la distanza di gara, magari solo in seconda posizione, o in terza, ma conquistando punti. Con l’esperienza, poi, ci si può sempre migliorare e puntare più in alto”.

Qui al Castellet, in occasione della terza vera sessione di prove con la Ferrari, hai portato a termine con successo una simulazione di Gran Premio col nuovo V10. Questo dovrebbe aver già parzialmente placato i tuoi timori sul fronte affidabilità…  

“D’accordo, abbiamo tentato per la prima volta una simulazione di Gran Premio col V10 e con un solo motore siamo riusciti a completare 450 km senza incontrare altri problemi se non quelli occasionati da condizioni climatiche avverse. Questo è indubbiamente positivo e ci infonde speranze, ma dobbiamo restare coi piedi ben saldi a terra perché, per ora, siamo riusciti a portare a termine questo tipo di prova con un solo motore, per cui sarebbe prematuro trarne conclusioni affrettate sulla sua affidabilità e dire che va tutto bene. La prossima volta, ripeteremo questo tipo di simulazione e, nel frattempo, il motore riceverà nuovi particolari meccanici di sviluppo, destinati ad incrementarne la potenza. Ma dovremo ottimizzare l’affidabilità anche di queste nuove componenti meccaniche. Non abbiamo, quindi, finito di lavorare poiché, senza ombra di dubbio, nuove problematiche affioreranno prossimamente e dovremo dedicare tutta la nostra attenzione a risolverle prima del primo GP. Quello che invece proprio mi esalta è l’atmosfera in seno alla Ferrari, la qualità delle relazioni che ho potuto allacciare con la squadra, coi meccanici, i tecnici, gli ingegneri, con tutti. Mi piace molto il modo in cui lavoriamo insieme. A dire il vero, mi aspettavo d’avere maggiori problemi a adattarmi in una nuova squadra, a riuscire ad ottenere un ottimo contatto umano e professionale. Credevo che ci volesse più tempo per conoscersi e farsi conoscere ed invece mi rendo conto che qui dentro sono tutti altrettanto competenti che cordiali, con una grande apertura di spirito. Le nostre relazioni non hanno avuto bisogna di nessun pur breve periodo di rodaggio. Sono iniziate subito alla grande. Per riassumere le mie sensazioni: mi sento perfettamente a casa”.

Hai instaurato relazioni privilegiate con una persona in particolare alla Ferrari, ad esempio Barnard o Todt o piuttosto l’ingegnere Ascanelli, con cui avevi già lavorato in occasione del tuo primo anno alla Benetton?

“No. Sono una persona molto aperta con tutti. In primo luogo, non è mia consuetudine, non è il mio stile appoggiarmi su una sola persona di fiducia. In secondo luogo, alla Ferrari ho trovato solo gente calorosa ed accogliente. Qui si respira un clima molto diverso rispetto a quello di una scuderia britannica. Gli italiani sono molto aperti, liberi, estroversi ed è molto più semplice legare con loro ed allacciare anche rapporti d’amicizia. Spero che questo non porti ad un altro tipo di problematica in futuro… ‘Krande Kasino’ come dicono di voi in Germania. Vedremo, ma per ora va tutto divinamente bene. Ho subito trovato un’ottima intesa con gli ingegneri, coi quali è facile lavorare come piace a me, ovvero con un buon dialogo ed una reattività immediata. Ora, dobbiamo ottimizzare questo rapporto. Mi sono anche reso conto che avevano bisogno di qualcuno che indicasse loro la buona direzione in cui lavorare e che anche loro si sentono più pronti a vincere oggi che in un recente passato. Tutto accade al momento opportuno, ci manca solo l’ultimo pezzo del puzzle”.

A proposito di relazioni, come va esattamente con John Barnard e con Eddie Irvine?

“Ho buone relazioni con loro. Migliori di quanto m’aspettassi. Corre voce che Barnard sia una specie d’orso infrequentabile, ma per il poco che ho avuto a che fare con lui finora non ho affatto quest’impressione. Anzi, tutto il contrario. Con Eddie è un’altra storia. Con lui è facilissimo andare d’accordo, è un tipo straordinario, disponibile, onesto e simpatico. Ci divertiremo di sicuro molto insieme e credo proprio che voi giornalisti avreste un sacco di storie da raccontare l’anno prossimo”.

Dopo aver provato il V12 che equipaggiava le Ferrari lo scorso anno, ne hai decantato le qualità. Se avessi la scelta preferiresti disporre di quel motore o del V10?

“A dire il vero avrei voluto un V9 (ride. Ndr)… No, scherzi a parte sono certo che l’architettura V10 costituisca la scelta giusta per il futuro. Senza alcun lecito dubbio. Il V12 era un gran motore, indubbiamente il migliore. Ma per una valutazione globale bisogna prendere in conto diversi parametri: l’aerodinamica, il peso, il raffreddamento, le dimensioni ed altri parametri ancora. Cosicché, alla resa dei conti il vantaggio in potenza (innegabile) che il V12 poteva offrire non si rivela decisivo. Il V10 rappresenta un miglior compromesso. Il nostro non è male rispetto al Renault RS7 di cui disponevo l’anno scorso. Anche se non è ancora pari al suo rivale francese, le differenze non sono enormi e direi persino che per molti aspetti questi due motori sono veramente simili. Molto simili”.

Fino ad oggi, hai provato solo con una classica frizione a pedale. La Ferrari, però, aveva già realizzato lo scorso anno una frizione al volante, che Alesi e Berger avevano però scartato. Pensi che vorrai provarla?

“Non l’ho ancora fatto perché già abbiamo qualche problema da risolvere con la frizione normale, ma ho indubbiamente intenzione di provare al più presto anche quella soluzione al volante. Per vedere come funziona e decidere se adottarla o meno. Al riguardo non ho nessun preconcetto o idee a priori”.


Schumacher ed i rifornimenti

Nelle due stagioni precedenti, hai chiaramente spesso approfittato d’eccellenti scelte strategiche della squadra in occasione delle soste ai box. Credi di poter apportare qualcosa, sotto questo aspetto, alla Ferrari per approfittare anche di queste fasi cruciali delle corse?

“Sì e no. No, poiché la Ferrari era già molto veloce al momento delle soste ai box, ma lo scorso anno non è stata abbastanza costante. Sì, poiché posso, naturalmente, apportare alcune informazioni per migliorare ulteriormente la velocità d’esecuzione. L’essenziale, però, è raggiungere una più elevata costanza di rendimento. Quello che posso preannunciare per certo è che, prima che si disputi il primo GP della stagione, tutti i meccanici della Ferrari ripeteranno diverse volte simulazioni di rifornimenti”.

Sei sempre favorevole ai rifornimenti in gara?

“Sì, perché altrimenti i Gran Premi potrebbero essere molto noiosi, soprattutto su quei circuiti dove i sorpassi sono difficili e dove le posizioni dei piloti non cambierebbero affatto nel corso della gara senza l’aiuto dei rifornimenti. Sotto questo aspetto, bisogna riconoscere che i rifornimenti consentono di migliorare lo spettacolo e rendere le gare più avvincenti. Per rendersene conto basti pensare all’ultimo Gran Premio del Pacifico, quando tre vetture di testa sono tornate ai box contemporaneamente”.


Schumacher sorvegliato speciale

Sei veramente sicuro che non potrai puntare alla conquista del titolo nel 1996? Norbert Haug (DS della Mercedes) ha detto che pensa proprio il contrario e che ti ritiene in grado di vincere il mondiale già quest’anno…

“Bisogna vedere a quale mondiale faceva riferimento Norbert. Forse a quello di karting… In tutta onestà, ritengo che – purtroppo – non mi sarà possibile vincere il mio terzo titolo di campione del mondo F1 nel 1996. Credo che tu, io, tutti voi giornalisti, la squadra, i tifosi, tutti… potrebbero essere molto contenti se riuscissi a vincere qualche Gran Premio. Questo è il mio obbiettivo quest’anno. Nel corso delle ultime due stagioni, la Ferrari s’è dovuta accontentare di una vittoria a stagione, collezionando invece diversi ritiri. Non sarebbe razionale sperare in uno stravolgimento a 180° di questa tendenza. Ragion per cui sarebbe già molto positivo riuscire a vincere con maggiore regolarità nel 1996 rispetto al recente passato. Poi, potremo fare il passo successivo in campionato. Tutto dipende dalla nostra nuova vettura e dal suo livello d’affidabilità. Chiaramente non posso avere e men che mai esprimere qualsiasi parere sicuro prima d’averla potuta provare. Sono invece convintissimo che potremo vincere qualche Gran Premio e che se altre squadre commetteranno qualche errore il nostro compito sarà agevolato. Sempre in tutta sincerità devo però ammettere che mi aspetto di dover affrontare quest’anno diversi problemi in alcune gare ed anche di dovermi ritirare in altre”.

Haug ha anche dichiarato di volerti alla McLaren-Mercedes nell’arco di due anni. Cosa ne pensi?

“Grazie; La sua offerta è molto cortese e stuzzica il mio orgoglio, ma per il momento piloto una Ferrari e voglio restare concentrato su questo. Non ho il tempo per pensare a null’altro”.

Anche Frank Williams ha dichiarato che non crede che la Ferrari possa accontentarsi nel 1996 di disputare una stagione di transizione avendo un campione del tuo calibro tra i suoi ranghi. Ritiene, o meglio teme, che tu possa lottare fin da subito per la conquista del titolo…

“Ed io credo che sia piuttosto lui, Frank Williams, a voler togliere un po’ di quella pressione che grava sulle spalle della sua squadra”.


Schumacher e la Benetton

Gira voce secondo cui la nuova Benetton B196 sarà solo un’evoluzione della vecchia B195 che conosci bene. Questo, a lungo termine, rischia d’essere un vantaggio per le sue concorrenti, tra cui la Ferrari…

“Non sono affatto sicuro che la nuova Benetton sarà soltanto un’evoluzione della vettura precedente, anche perché la B195 era molto difficile da pilotare e da sfruttare bene come dicevo prima. Tant’è che spesso ho avuti grossi problemi al suo volante. Non conosco esattamente la situazione nella mia ex-squadra ma credo che abbiano trovato i punti deboli e che lavoreranno di certo alacremente ed in profondità per risolverli in vista della stagione 1996. Ne sono certo. La B196 disporrà, ad esempio, di un cambio a sette marce, che mi era già stato promesso. Lo avevo richiesto l’anno scorso, quando ancora non sapevo che poi li avrei lasciati, poiché ritenevo che fosse un’evoluzione necessaria per migliorare la facilità d’utilizzo della vettura”.

È vero che avresti voluto che la Ferrari ingaggiasse il tuo ex-ingegnere Pat Symonds?

“In effetti, se lo avessero fatto la cosa mi avrebbe probabilmente fatto piacere. Detto ciò, ritenevo soprattutto che in primo luogo dovessi entrare a far parte della squadra esistente imparando a conoscere le persone che vi lavorano, valutare le loro qualità e soltanto in un secondo tempo analizzare se veramente servisse qualcuno dall’esterno. Credo che sarebbe stato stupido pretendere che la Ferrari ingaggiasse Symonds ad ogni costo. Quindi, non l’ho preteso. Ho preferito attendere e verificare se c’era una necessità di miglioramento o se, invece, tutto andava già bene com’era. Per quello che ho visto finora, non c’è nessuna ragione d’ingaggiare qualcuno dalla Benetton poiché la struttura della Ferrari è forte ed anche perché è diversa. In F1 è come nel basket o nel calcio: se una squadra prende tutti i migliori giocatori, i più grandi campioni e prova a farli giocare tutti insieme, non funziona. Non può funzionare. La situazione attuale alla Ferrari è piuttosto buona ma, forse, nel corso della stagione decideremo di migliorarla”.


Schumacher e la sicurezza

Sei soddisfatto dell’attuale livello di sicurezza delle F1 e dei circuiti?

“Per quanto mi concerne, non sono mai soddisfatto del livello di sicurezza. La GPDA ha lavorato molto, e continua a farlo, per migliorarla. Queste battaglie sono state premiate con un innegabile successo, ma si può sempre far meglio, sia per quanto concerne le vetture, sia per i circuiti”.

A proposito di circuiti, perché in passato si è sempre stati molto esigenti con tracciati come Silverstone, Monza, Magny-Cours, Imola… quando, poi, i piloti accettano senza batter ciglio di correre a Monaco, Montréal o (fino all’anno scorso) Adelaide, che sono tutti circuiti a priori più pericolosi?

A Montréal abbiamo chiesto d’installare una chicane e, a parte quello, non credo che ci siano punti veramente pericolosi rispetto ad esempio a circuiti come Monza, od altri ancora. Monaco, invece, è un caso a parte. Se si osserva freddamente la sua situazione, si tratta obbiettivamente di un tracciato folle, ma al contempo è anche molto affascinante. Non per via del fascino che il suo nome sprigiona, o dell’atmosfera che vi regna, del luogo da rotocalco… Ma perché pilotare una F1 su quel tracciato è semplicemente magico. Se si considera che si tratta di un circuito cittadino, bisogna riconoscere che rispetta anche un indiscutibile standard di sicurezza, ma è altrettanto evidente che su questo tipo di circuito non si potrà mai avere una sicurezza ottimale. Né per i piloti, né per il pubblico o certi addetti ai lavori. Abbiamo ottenuto l’installazione di diverse vie di fuga e di migliorare le protezioni, tra gli altri punti anche alla chicane dove Karl Wendlinger era rimasto gravemente ferito nel 1994. Abbiamo eliminato uno dei punti più pericolosi. Del resto, è anche vero che a Monaco la velocità media è inferiore rispetto ad altri tracciati e che, spesso, non c’è neanche bisogno di vie di fuga”.


Schumacher e Monaco

Oggi, tu vivi nel Principato di Monaco. Hai corso per una scuderia britannica ed oggi fai parte di una italiana. In cuor tuo sei sempre al 100% tedesco o ti senti europeo nello spirito?

“Mi sento al cento per cento tedesco. Nessun dubbio. Sono tedesco, ma quando si vive in vari paesi europei a contatto con gente di diversa estrazione e di varie altre nazionalità, si comincia a pensare in modo diverso, in modo ‘europeo’ come hai detto tu”.

Ora, cercherai casa in Italia, vicino a Maranello?

“No. A dire il vero l’ho già fatto. Ho già cercato casa vicino a Maranello ed ho anche preso in seria considerazione tra dieci e quindici proposte che mi sono state presentate, senza però trovare esattamente quello che cercavo. Poi, mi sono reso conto che forse non era necessario. Avevo ritenuto utile installarmi vicino a Maranello perché pensavo di dover poi effettuare molte prove a Fiorano. Ora, da quando ho firmato per la Ferrari ho girato a Fiorano una sola volta, il primo giorno, poi sono sempre stato a provare all’estero. All’Estoril ed al Castellet. Vedremo. Forse affitterò un appartamento vicino a Maranello, tanto per avere una base che possa sentire ‘casa mia’, ma credo che riorganizzerò la mia vita. Intendo imparare velocemente la vostra magnifica lingua, l’italiano, e con ogni probabilità abbandonerò Montecarlo per installarmi in Svizzera. Vi sto dando uno scoop”.

Forse, lasciare Montecarlo per installarsi nella Confederazione elvetica non è proprio la scelta migliore dal punto di vista fiscale per il pilota che ha appena ottenuto un ingaggio record…

“Visto sotto questo punto di vista devo dire… Effettivamente. Ma voglio cambiare qualità di vita. Ho trascorso la scorsa estate (tra un GP e l’altro) praticamente sempre nella casa di Willy (Weber, il manager di Michael Schumacher. Ndr) in Francia, a Saint-Paul de Vence. Da allora, so cosa significhi avere una casa propria, con ampio giardino, eccetera. A Montecarlo non la si può avere perché non c’è lo spazio. Quindi mi trasferirò. Molto probabilmente in Svizzera. Forse altrove, ma non credo”.

Se il problema è quello di una casa grande, con spazi annessi, a Monaco… Forse potresti chiedere al Principe Ranieri di affittarti il suo Palazzo principesco.

“Sì, hai ragione. Forse prima di traslocare gliene parlerò. Ma magari anche il suo palazzo è troppo piccolo per me (risata. Ndr)”.


Schumacher e lo sport

A parte i tuoi colleghi di F1 ed altri piloti d’auto, conosci bene e frequenti qualche altro sportivo di alto livello?

“Conosco molto bene e frequento spesso Tony Röminger. Siamo molto amici. Mi piace da matti la bicicletta ed il ciclismo. Siamo spesso usciti per farci una bella pedalata insieme, ma ora non più. Quando vogliamo divertirci, adesso andiamo a girare un po’ in kart insieme, perché in biciletta mi ha scoraggiato. È troppo forte. Una roba pazzesca, disumana. Quando io sento che sto facendo uno sforzo considerevole pedalando e che ho il cuore impallato, come se stesse per scoppiare, lui pedala con calma, ritmicamente, dando l’impressione di essere a passeggio e mi chiede ‘Allora, che facciamo, spingiamo un po’?’. Tony è un tipo formidabile e molto accessibile, aperto, cosa rara al suo livello di popolarità. Ho ottime relazioni anche col tennista Thomas Müster, le nostre rispettive mogli sono molto amiche tra di loro, e con Mike Doohan. “Mick” è un tipo veramente a posto, anche se non perdo un’occasione per dirgli che credo che i piloti di moto debbano essere tutti un bel po’ ‘tocchi’ per fare quel che fanno su due ruote. Mi piace allenarmi con lui quando è a Monaco”.

Bicicletta, sci, badminton, ginnastica e bodybuilding… Pratichi già molti sport, ma ce ne sono altri che ancora non pratichi e in cui vorresti cimentarti?

“Mi piacerebbe perfezionare il mio livello di tennis, che è – per dirla tutta – pessimo ed anche giocare a calcio. Ma ho un altro segreto e ti do il secondo scoop: mi piacerebbe provare il paracadutismo. Non il parapendio perché è troppo pericoloso, basta una manovra errata e ci si può schiantare contro una parete rocciosa, ma il vero paracadutismo, saltando da un aereo. Mi tenta moltissimo. Prima o poi… Ci proverò di sicuro, ma forse solo dopo la F1. Non sono certo al 100% che il presidente Montezemolo apprezzerebbe oggi”.

Quand’eri molto più giovane, il ragazzino che si è fatto le ossa e conoscere in kart, ti sentivi predestinato per una carriera automobilistica?

“Ero predestinato per la corsa su quattro ruote. Sì. La mia passione era il karting. Ho anche fatto molto judo. Poi, un giorno, quand’avevo tra 11 e 12 anni, ho dovuto scegliere tra una competizione di judo ed una di kart nello stesso fine settimana. Scelsi quella di judo, ma mi resi rapidamente conto che avevo fatto la scelta errata. Mi ero sbagliato. Da quel giorno in poi, ho sempre scelto il karting”.


Schumacher ed il denaro

Oggi, fai parte degli sportivi più pagati al mondo e sei senza dubbio il pilota più pagato al mondo. Ritieni che guadagnare così tanto denaro sia logico, straordinario od indecente?

“Forse è eccezionale, ma tutto dipende da quello che si fa per ottenere quello che si guadagna. Nessuno accetterebbe di pagarmi quello che sono pagato (20 milioni di dollari all’epoca, ndr) se non dessi in cambio quello che do. Non si può ottenere più denaro di quello che vale ciò che si fa per meritarselo. Se qualcuno ti paga una certa cifra è perché vuole pagartela. Anche nel tuo lavoro di giornalista guadagni una certa cifra (infinitamente meno, purtroppo, ndr) che è quanto il tuo editore pensa di volerti pagare. Quindi, credo che quello che guadagno sia logico”.

Ora, potrai anche arrotondare considerevolmente i tuoi proventi grazie ad un ricco (si parla di oltre 8 milioni di dollari l’anno per tre anni) contratto come uomo-immagine od “ambasciatore” come va di moda dire, per la Nike. Sulla falsa riga di quello che unisce, ad esempio, la marca statunitense con Michael Jordan…

“Quest’accordo non è ancora stato ufficializzato. Lo sarà il prossimo 17 gennaio, quando ci sarà un annuncio a Colonia. Si tratta di un accordo molto importante per me perché non concerne direttamente il pilota o la macchina da corsa che guida. Si tratta di un accordo separato, legato direttamente alla mia persona, al mio nome. Credo che il fatto che una grande azienda come la Nike decida di legare il suo marchio al mio nome per una campagna pubblicitaria così vasta sia un buon segno. Non so se il mio contratto sia come quello di Michael Jordan. Probabilmente le somme di denaro implicate non sono le stesse”.

Nel 1996, sarai pilota della Ferrari ma anche impegnato in prima fila a capo della GPDA e come rappresentante dell’UNESCO nello sport. Non temi di sovraccaricarti d’impegni?

“No. Preciso che anche se mi impegno a fondo per la GPDA, non ne sono affatto il ‘capo’. Sono tre i piloti che fanno funzionare la GPDA. Per quello che concerne l’UNESCO, il fatto d’esserne rappresentante conta molto per me. In passato, ho sempre voluto fare qualcosa per le persone bisognose, ma non sapevo come farlo, come approcciare la problematica. Sono un pilota, viaggio spessissimo e non ho realmente il tempo per seguire da vicino, con la dovuta attenzione, quello che potrei fare per aiutare queste persone. D’altro canto, non sono quel genere di persona che può destinare importanti somme di denaro ad una certa causa senza sapere esattamente come e perché questo denaro verrà utilizzato. Se non ci si interessa in prima persona, gente poco scrupolosa potrebbe approfittarne per farne quel che ne vogliono. O a fini personali o, peggio del peggio, utilizzato in malo modo quel denaro potrebbe anche nuocere proprio a chi volevate destinarlo. Insomma, per me era un rompi-capo, non avevo mai trovato la buona soluzione fino al momento in cui sono stato contattato dall’UNESCO, che possiede una struttura in grado di agire con efficacia. In futuro, mi piacerebbe essere implicato differentemente e maggiormente nella loro organizzazione, perché provo personalmente un forte bisogno e la voglia di fare qualcosa per aiutare il prossimo. Oggi come oggi, ho una disponibilità di tempo limitata per consacrarmi a quest’attività, ma un giorno le mie priorità cambieranno e vorrei sviluppare questo tipo di collaborazione. Tra 5, 10, 15 anni… Non so quando esattamente, ma penso mi resti ancora un po’ di tempo da vivere per poter fare anche qualche cosa di veramente importante nella mia vita”.


Schumacher segreto

In seguito alla scomparsa di Senna ti sei ritrovato senza avversari alla tua altezza o per demeriti loro o per demeriti delle loro vetture. Non ti manca un vero rivale?

“(Segue una lunghissima pausa di riflessione, ndr)… È evidente che Ayrton manchi a tutti. Per diverse ragioni e non di certo solo per via delle sue prestazioni. Credo che Ayrton apportasse alla F1 qualcosa di speciale, come nessuno aveva fatto prima di lui. Anche a causa del suo carattere perché siamo tutti diversi. Non è giusto dire che oggi manca un rivale alla mia altezza, perché ce ne sono altri, i piloti competitivi non mancano. Ma Ayrton sì, lui mi manca, in primo luogo come persona ed evidentemente anche come avversario, come pilota”.

Ti capita, a volte, d’aver paura?

“Non posso negarlo. Sì. Ma non ho mai paura al volante di una vettura da corsa. Provo rispetto… Ecco. Rispetto è la parola corretta per definire i miei sentimenti di fronte a situazioni di pericolo. Ma paura no… non ho paura”.

La tua ambizione segreta è quella di migliorare un giorno il primato di Fangio per numero di titoli di campione del mondo di F1?

“No. Naturalmente se questo dovesse accadere non mi dispiacerebbe, ma la mia vera ambizione è piuttosto quella di battere, un giorno, il record di vittorie detenuto da Prost, con 51 successi in Gran Premio. Mi sono già laureato due volte campione del mondo e ora ho altri obbiettivi, tra cui quello di dimostrare che io e la Ferrari possiamo vincere assieme un titolo iridato. Ai miei occhi, però, quello che conta più di tutto non è il numero di titoli mondiali che potrò conquistare nel corso della mia carriera, ma il modo in cui li vincerò”.

La celebrità è più un peso od una fonte di soddisfazione?

“Quando correvo in kart e nessuno mi conosceva, potevo divertirmi più facilmente di oggi, ma nella vita ogni cosa ha aspetti positivi ed altri negativi. Quello positivo di questa popolarità è che oggi mi posso permettere di fare molte più cose di prima, che ho molto denaro da spendere e molte più possibilità ed opportunità. L’aspetto negativo è che troppo spesso non posso approfittare di queste opportunità o perché non ne ho il tempo o perché ci sono i paparazzi”.

O i tifosi a caccia d’autografi…

“No, no. Credetemi, i paparazzi sono molto più numerosi”.


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