1992, l’ultimo GP del Messico vecchia maniera

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
22 Marzo 2020 - 08:00
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Il 22 marzo 1992 si disputa, sul circuito intitolato ai fratelli Rodriguez, il Gran Premio del Messico, secondo appuntamento del campionato del mondo.

La prima gara, il GP del Sud Africa, è stata vinta da Nigel Mansell a bordo della Williams-Renault destinata a dominare quel campionato. Anche in Messico la McLaren-Honda deve correre in difesa. La MP4-6B, versione aggiornata della monoposto 1991, è dotata del nuovo motore Honda che sarà poi montato sulla MP4-7A – che debutterà a San Marino – ma non può nulla contro la FW14B dotata di sospensioni attive.

E quale migliore circuito dell’Hermanos Rodriguez per dimostrare questa differenza? Il tracciato messicano è definito il più duro del mondiale per i bump che lo caratterizzano, soprattutto nella parte delle veloci “S” in successione che portano, poi, verso la temibile Peraltada.

Le sconnessioni sono infatti micidiali per tutte le monoposto. Solo la Williams, dotata delle sospensioni attive, riesce a sopperire in qualche modo; per il resto della truppa è un vero e proprio delirio. La camera car montata a lato dell’abitacolo della McLaren trasmette qualsiasi vibrazione anche a chi è solo spettatore di ciò che Senna e Berger devono affrontare in prima persona, seduti al volante. Un volante che si muove continuamente, senza un attimo di sosta, mentre la mano destra accede al cambio ancora manuale. Mansell e Patrese, a confronto, viaggiano in prima classe. Il parallelo dei camera car mette in mostra tutto il vantaggio fornito dalle sospensioni della Williams, che pare una monoposto avanti di dieci anni su un asfalto così disastrato.

La gara, prevedibilmente, è un monologo Williams. Nigel Mansell comanda dall’inizio dalla fine, staccando progressivamente Riccardo Patrese sulla monoposto gemella. Alle loro spalle arriva Michael Schumacher: per il tedesco questa è una data storica, perché quello del Messico sarà il primo di 155 podi in Formula 1.

Un problema alla trasmissione ferma Ayrton Senna mentre è in lotta con il tedesco della Benetton per la terza posizione. Il mondiale non è iniziato certamente nel modo migliore. Disastro totale, invece, per la Ferrari: la nuova e rivoluzionaria F92A non arriva al traguardo con nessuno dei due esemplari. Quello affidato ad Ivan Capelli dura poche centinaia di metri prima di terminare la propria corsa contro il muretto, a causa di una carambola partita da Karl Wendlinger con la March ed Olivier Grouillard con la Tyrrell. La Rossa di Jean Alesi, invece, si ammutolisce con il motore in fumo poco prima di metà gara.

Gerhard Berger, con la McLaren superstite, è l’ultimo dei piloti a pieni giri in quarta posizione. Seguono De Cesaris, Hakkinen, Herbert e Lehto, doppiati. Comas e Boutsen, nono e decimo, arrivano con due giri di distacco. In totale arrivano al traguardo in tredici su ventisei. Dati che fanno riflettere rispetto alla superaffidabilità dei giorni nostri.

È l’ultima volta del Messico prima di una lunga sosta. L’autodromo Hermanos Rodriguez dovrà aspettare 23 anni per tornare a far parte del calendario iridato. Il 1° novembre 2015 le monoposto tornano su un tracciato che ha ben poco in comune con quello che fu. Il layout viene rivisto: la modifica più evidente è la scomparsa della fantastica Peraltada, sostituita da un tratto lento interno all’ex stadio di baseball. Tutte le curve vengono rese più spigolose e meno scorrevoli. La parte delle “S” veloci viene a sua volta rivista, con raggi più stretti. Ovviamente, spariscono anche i bump, altra caratteristica ben ricordata del passato. In generale, l’Hermanos Rodriguez viene adeguato a tracciato in linea con gli standard richiesti dal mondiale in termini di sicurezza e spettacolo; perdendo, però, quel fascino storico che, ormai, resta solo nella memoria.

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