Williams-Honda: 30 anni fa il grande “sgarbo”

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di Andrea Ettori @AndreaEttori
8 Giugno 2017 - 20:15
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Agosto 1987: mentre a Imola i team erano impegnati in una sessione di test in preparazione al GP d’Italia a Monza, in Inghilterra la Honda metteva la parola fine al suo rapporto con la Williams. Un vero e proprio sgarbo che i giapponesi compirono nei confronti della squadra che aveva regalato loro il primo successo da motorista, dopo il ritorno in F1, e il primo titolo mondiale costruttori nel 1986.

Una decisione che arrivò come un “fulmine a ciel sereno” per la Williams, che si stava giocando in “famiglia” il titolo mondiale con Nelson Piquet e Nigel Mansell, soprattutto perché la FW11B progettata da Patrick Head e Frank Dernie era la vettura più competitiva del lotto. Honda decise di appoggiare per il 1988 la Mclaren, con la super coppia Senna-Prost, e la Lotus che aveva da poco annunciato, esattamente durante il GP d’Ungheria, l’arrivo di Piquet e la conferma di Nakajima.

Il motorista giapponese, per liberarsi dal contratto con il team inglese, si impegnava nel pagare per il 1988 la fornitura dei motori Judd aspirati alla Williams oltre ad una considerevole penale, tenendo conto che il binomio avrebbe dovuto continuare anche per la stagione successiva. Tutto si decise negli uffici delle sedi legali di Williams e Honda, con gli avvocati che cercarono di trovare il miglior compromesso per soddisfare entrambe le parti in causa.

Honda con una mentalità decisamente “orientale” e lontana dalla più concreta logica europea, abbandonò il team più competitivo preferendogli ad esempio la Lotus, che aveva da poco confermato in squadra Nakajima e che quindi agli occhi dei giapponesi si poneva in una corsia preferenziale rispetto alla Williams, la quale si era rifiutata di averlo nel proprio organico.

Al tempo stesso Honda ufficializzava il proprio rapporto con la Mclaren di Ron Dennis, abile nel accaparrarsi la fiducia dei giapponesi nei mesi successivi all’accordo. Il programma con il team di Woking era estremamente ambizioso con due vetture per il 1989, una turbo e l’altra con motore aspirato, progettate da Gordon Murray e Steve Nichols. Oltre alla F1 l’obiettivo era anche quello di partecipare alla 500 Miglia di Indianapolis con motore Honda ufficiale e una macchina costruita dalla Mclaren, progetto che poi non venne mai messo in pista.

Al contrario la Lotus godeva di un rapporto per una stagione, che sarebbe stato rinnovato solamente con risultati estremamente positivi, cosa che poi non è avvenuta. A Frank Williams non rimase che stringere i rapporti con Judd nonostante un tentativo di accaparrarsi i motori Tag, successivo al GP d’Austria, tramontato quasi subito a causa delle richieste altissime arrivate da Stoccarda per un motore che avrebbe “rimasto in vita” solo per il 1988.

I giapponesi si “innamorarono” di Senna e Piquet, decidendo si seguirli in tutto e per tutto. Mansell, che sino a quel momento portava a casa pole e vittorie, non ispirava fiducia. In Austria il grande capo Sakurai, prima della conferenza stampa di Monza dove venne annunciata la partnership con Mclaren e Lotus, dichiarò: “Honda non può sostenere più di due squadre, nel contratto con Williams ci sono diverse clausole per romperlo”.

 

A Monza però tra sole, brindisi e sorrisi la motivazione della rottura con Williams fu assolutamente di “circostanza”: “Andiamo in direzioni differenti, sempre garantendo il progresso in F1″. Una frase che non diceva nulla e che non spiegava quali fossero i reali motivi del divorzio. La Williams, con i soldi ottenuti da Honda, decise di finanziare lo sviluppo del propulsore Judd rispetto agli altri team che disponevano della stessa unità, ma senza ottenere i risultati sperati, mentre la Mclaren Mp4/4 con Senna e Prost dominò la stagione 1988.

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