Una flebile speranza

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 8 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
20 Febbraio 2019 - 11:30

Il prossimo fine settimana il mondiale Superbike supererà i tre decenni di storia. Oltre trent’anni di piloti dallo straordinario talento, di Case impegnate, di piste meravigliose e di battaglie incredibili. Ripenso a cosa sia diventata la SBK quando ho cominciato a guardarla e prenderei a calci nel sedere il me più giovane per averla snobbata preferendo inizialmente la MotoGP, senza nemmeno darle una chance. Ho cercato di rimediare al meglio col tempo e in questo ho avuto la fortuna di vedere, anche negli anni 2000 e 2010, battaglie epocali.

Difficile pensare a tutto questo nel periodo attuale, quando si pensa alla sigla SBK. Il discorso oramai è trito e ritrito e lo faccio da molto tempo, sul calo qualitativo dei Gran Premi, sulla partenza di alcuni marchi dal campionato e anche sul numero effettivo di piloti iscritti, calato drasticamente nel giro di una decina di anni.

Il 2018 è stato, senza mezzi termini, un’annata terribile da seguire: raramente ho provato una tale noia nel guardare un campionato motoristico. Sicuramente parte di questo è “colpa” di quel fenomeno di Johnny Rea ma in una situazione normale, in un campionato comunque qualitativamente valido, mi sarei comunque esaltato nel vedere una vera e propria leggenda di questo sport continuare a vincere. E invece non ho sopportato minimamente il fatto che il pilota vincente in questione venisse penalizzato gara dopo gara, tra griglie invertite, BoP e limitazioni regolamentari varie.

E così il primo trentennio di SBK si è concluso nel peggiore dei modi, a seguito di due annate, riguardo alla bellezza del campionato in sé, da dimenticare. E la cosa che mi ha fatto più infuriare è che potenzialmente le possibilità per vedere un bel campionato c’erano tutte, a partire dai piloti che, seppur non si stesse parlando di un livello stellare come circa dieci anni fa, compongono una line-up di tutto rispetto. Melandri, Davies, van der Mark, Lowes, Forés, Laverty, Sykes, Razgatlioglu… tutta gente di livello, giovane o con qualche anno sulle spalle.

Con queste premesse, il 2019 dovrebbe essere un’annata che parte coi peggiori auspici e a osservare anche la entry list del campionato non c’è granché da sorridere. Solo diciotto partenti, credo che a livello numerico sia il più basso mai toccato dal campionato, ma non ci metto la mano sul fuoco. Inoltre ci ritroviamo con due marchi (italiani per giunta) in meno, con Aprilia e MV Agusta che hanno preferito virare sul Motomondiale, rispettivamente in MotoGP e Moto2. L’inverno ha inoltre portato diversi cambiamenti, che si aggiungono alle pesanti modifiche effettuate nel corso degli ultimi tre anni, stavolta al format: compare la discutibilissima manche sprint di dieci giri e con punteggio più o meno dimezzato. Anche il calendario ha subito dei cambiamenti, con la scomparsa e la riapparizione di alcune location.

Ora si arriva al fulcro dell’articolo: in qualche modo, non so nemmeno io come, riesco a nutrire qualche speranza. Nel buio più profondo riesci a distinguere anche la più piccola, fioca, insignificante luce, ed è così che le novità proposte e le news arrivate durante l’inverno sono diventate ossigeno puro per i polmoni agonizzanti del campionato. Proviamo a osservare le più rilevanti.

Piloti rientranti in SBK | Non tutti sono stati annunciati durante l’inverno, ma ho deciso di raggrupparli sotto un’unica voce. Quest’anno ritorni illustri per il campionato, tra cui spicca l’attuale campione della Superbike inglese Leon Haslam. Ma se “Pocket Rocket” arriva con una sfida titanica da affrontare, cioè confrontarsi con l’amico e compagno di squadra Jonathan Rea, quella di Ryuichi Kiyonari non è da meno. Il funambolico giapponese, a quasi trentasette anni, ritorna nel mondiale come uomo portato da Moriwaki, entrante in campionato con Althea per supportare HRC nel suo ritorno da ufficiale; non mi aspetto granché dal giapponese oggettivamente, i tempi d’oro delle derapate sull’acqua di Donington sono lontani e anche l’età non lo aiuterà, ma già far tornare un nome del genere nella serie vuol dire molto. Rientra anche Markus Reiterberger con BMW, e giacché l’abbiamo nominata…

BMW ritorna ufficiale | La prima delle due bombe sganciate all’EICMA riguarda la Casa di Monaco di Baviera, che a distanza di sei anni dall’ultima stagione in forma ufficiale decide di ritentare, portando il suo nuovo modello stradale e affidandolo al già citato Markus e a Tom Sykes. Per l’inglese di Huddersfield c’era il bisogno assoluto di cambiare aria da Kawasaki, dopo esser stato totalmente sovrastato dal connazionale Rea, e la scommessa BMW è capitata a fagiolo. Il team SMR però ha già messo in chiaro che sarà una stagione di transizione, di studio, di continuo miglioramento, ma intanto rivedere la S1000RR coi colori ufficiali è una gran cosa.

Honda torna ufficiale | La seconda bomba alla fiera motociclistica di Milano è andata a oscurare la prima: Honda e HRC tornano in forma ufficiale grazie a una partnership che coinvolge Althea e Moriwaki. Un ritorno dopo un’assenza come costruttore ufficiale ancor più lunga rispetto a quella di BMW, pari a diciassette anni, quando nel 2002 la Honda Castrol di Colin Edwards batté Troy Bayliss e la Ducati. La moto rimane la poco soddisfacente Fireblade con cui Ten Kate non ha potuto fare assolutamente nulla nelle ultime due stagioni, ma intanto il fatto che ci metta mano mamma Honda fa ben sperare. Bisogna però valutare quanto impegno ci sarà da parte di HRC nel progetto e anche quanto a lungo, ma considerando l’occhio di riguardo che Honda ha posto sulle gare con moto di serie in questo periodo, voglio sperare in bene.

Yamaha raddoppia il suo impegno | Anche questa è una notizia che si è saputa ben prima del periodo natalizio, ma la conferma è arrivata sempre verso l’inverno. Ad affiancare il team Pata ci penserà GRT, team arrivante dalla Supersport 600 e vincitore del titolo piloti nel 2017 con Lucas Mahias. Stranamente, l’ex-campione non è stato scelto per salire in SBK, cosa che probabilmente l’ha portato a cambiare casacca e andare in Kawasaki. Sandro Cortese è uno degli arrivi più succulenti tra i piloti in quanto campione della Supersport e ad affiancarlo c’è Marco Melandri, capace di trovare una sella in extremis dopo la separazione con Ducati.

Debuttanti | Diciotto iscritti per la stagione sono una miseria, non giriamoci troppo attorno, ma in tutto ciò il livello dei piloti mi sembra superiore, e nemmeno di pochissimo, alle ultime due stagioni di SBK. A fronte di una perdita rilevante come Xavi Forés, abbiamo i già citati ritorni di Kiyonari e Haslam, l’arrivo dalla MotoGP di Bautista e quello di Cortese. L’asticella si è mossa verso l’alto quantomeno, ma lungi da me dire che siamo tornati ad annate stellari come anche solo il 2009 (tra l’altro mi dispiace per Kiyonari ma se considera il livello attuale superiore, come ha detto, proprio al 2009, siamo messi male).

Calendario | Il numero delle tappe, come detto, è rimasto invariato con il rientro di Jerez de la Frontera e la partenza, dopo appena un anno paradossalmente, di Brno. Tredici round che partiranno come sempre da Phillip Island ma di positivo c’è che questi sono meglio distribuiti rispetto alle passate stagioni, con il paradosso delle nove settimane di pausa nell’estate del 2018. La pausa estiva stavolta è stata ridotta di due/tre settimane, tra Laguna Seca e Portimão. Anche qui nulla di sconvolgente, sarebbe stato meglio aggiungere direttamente una gara (tra l’altro le voci del ritorno di Kyalami sono state tutto fumo), ma quantomeno sono passi avanti.

Format | Qui le note positive cominciano a sentirsi meno. I fan nostalgici della categoria non hanno risparmiato aspre critiche al nuovo format scelto, con una gara di durata ridotta in aggiunta al palinsesto della categoria maggiore. Io mi accodo a tali critiche, è un elemento che non avrei aggiunto, ma cerchiamo anche di non partire prevenuti: per come il sito ufficiale e Lavilla l’hanno spiegata, potrebbe essere “qualcosa in più” e soprattutto indolore. Inoltre, con un po’ di maliziosità, ci vedo qualcosa di positivo, su tutto la cancellazione della dannata griglia invertita che tanto mi aveva esasperato nelle ultime due stagioni; in aggiunta, i risultati non verranno contati a fini statistici, come vittorie, giri veloci o risultati per la griglia. In sostanza, un qualcosa che non mi piace ma che non (credo) farà danni irreparabili.

I più scettici sicuramente staranno pensando: “Perché essere positivi solo per questo? Non sono questi grandi passi avanti”, e avreste ragione, non sono grandi passi avanti. Ma quantomeno sono passi avanti. Nelle ultime due annate si era finiti in un vortice apparentemente senza sosta di brutte notizie per la Superbike e un attimo di respiro era quello che ci voleva, almeno per riavviarsi verso la via corretta. Per dirla in parole povere, se prima le menti di Dorna che gestivano la SBK erano paragonabili agli sceneggiatori de “Gli occhi del cuore” nella serie “Boris”, ora siamo passati al livello “Iron Man 3”. Siamo messi sempre maluccio, ma quantomeno uno step in avanti c’è stato.

Questa bloggata nasce anche da un altro mio bisogno, quello di cercare di essere positivo. I problemi non si sconfiggono con la negatività che ho mostrato durante l’inverno, ma cercando quantomeno di mostrare fiducia. E’ difficile, tanto, specie vedendo i tempi recenti, ma voglio ancora credere nella Superbike che amo.

Fonte immagine: worldsbk.com

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