Un po’ di ipocrisia non guasta…

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
23 Luglio 2015 - 23:57
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Sono un po’ combattuto. Ci sono gesti e gesti. Ci sono quelli istintivi, quelli propiziati dalla situazione, dall’atmosfera, sinceri. E poi ci sono gesti ragionati, studiati, forse calcolati minuziosamente. In questa settimana ho identificato gesti che possono inserire in entrambe le categorie. Nel funerale di Jules ho ‘visto’ la sincerità di alcuni ragazzi, che possono essere miei coetanei o anche fratelli minori, di fronte al distacco da un loro collega, o anche amico in alcuni casi. Un ragazzo che ha condiviso con loro esperienze, piste, magari anche piatti di pasta e via dicendo. Ho visto un Maldonado inconsolabile, un Massa in lacrime, ho visto un Vettel spaesato, un Vergne devastato. Un Lewis in disparte. Alonso non c’è stato, ha preferito provare dolore in disparte, per conto suo, e chi lo ha criticato dovrebbe vergognarsi. Ognuno vive il dolore a modo suo. Almeno quello, per fortuna.

Poi ho letto di alcuni gesti, diplomatici, politici, colpi ad effetto, con l’intenzione di dimostrare vicinanza, affetto, rispetto e quant’altro. Ritirare il numero 17 dalla numerazione della F1. Per Jules non era nemmeno il numero preferito ma un numero qualsiasi. Avrebbe voluto il 7, il 27 o il 77. Nessuno di questi era libero. Il 7 l’ha preso Raikkonen, il 27 Hulk, il 77 Bottas. Jules ha preso il primo che ha trovato, quello che passava al convento. Sentiremo sermoni sulla sfiga e quant’altro, e dubito che un altro pilota l’avrebbe scelto in futuro. Poi la Federazione ha deciso per il minuto di silenzio prima del GP d’Ungheria. L’aveva fatto anche a Sochi, pochi giorni dopo la tragedia di Suzuka. Ma da allora e fino a settimana scorsa nessuno, da quelle parti, si era fatto più sentire, o aveva ricordato che un ragazzo stava lottando contro se stesso in un letto d’ospedale. La GPDA ha distribuito un adesivo per ricordare Jules in questo fine settimana. Ma il suo portavoce Wurz, quando c’era da prendere posizione contro gli attacchi gratuiti nei confronti di un collega che non poteva difendersi, è stato in silenzio chinando il capo.

Oggi c’è stata una conferenza stampa, ed era chiaro che i sei poveri prescelti avessero voglia di essere da tutt’altra parte. Succede sempre, sia chiaro, in una conferenza dove regna il nulla, ma oggi era ancora più evidente. Ma le procedure sono le procedure, le TV sono le TV, e chi se ne frega se due giorni fa questi ragazzi posavano il palmo della mano su una bara. Domani dovranno infilare tuta, scarpe, casco, guanti, sedersi in macchina e resettare il cervello. Perché non staranno ad una scrivania a rischiare, al limite, una tendinite ai polsi nello scrivere sermoni come questo, ma faranno quello per cui un loro collega ha perso la vita ufficiosamente da una settimana, ufficialmente nove mesi fa. E sia chiaro, non ho invertito i termini. Avremmo potuto lasciarli in pace, almeno oggi, dar loro il via libera, permettere loro di non dover rispondere alle solite quattro domande idiote con le solite quattro risposte idiote. Forse, oggi, avrebbero voluto concentrarsi in modo diverso, a modo loro, non al modo imposto dai media, sui quali ho sempre più dubbi ogni giorno che passa.

E in tutto questo io ci vedo solo tanta, tantissima ipocrisia. Un sistema in cui un indiziato, invece di autosospendersi, indaga su se stesso colpevolizzando la vittima è un sistema ormai fallito, schiavo di chi comanda, che non è tanto chi pensa allo sport ma chi impone di correre alle cinque del pomeriggio sotto una tempesta. Vedo l’ipocrisia in chi ritira il numero 17 ma non sa fare un minimo di autocritica. Chi dà la colpa per un qualcosa mai sanzionato prima e non ammette di aver sottovalutato i segnali che, negli anni, in occasioni simili a quella di Jules volevano passare un messaggio. Chi pensa alla Virtual Safety Car per far finta di cambiare qualcosa ma non sa nemmeno come farla funzionare.

Ma tanto, l’importante è poi agli occhi del mondo trovarsi sulla linea di partenza a fare il minutino di silenzio per pulirsi la coscienza. Addirittura per due volte in nove mesi.

E via, come se niente fosse.

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2 Commenti su “Un po’ di ipocrisia non guasta…”
Christian Williams dice:

…. Vogliamo parlare della bruttissima uscita della Ferrari? Avrebbe guidato la nostra vettura!!! Balle. Avrebbero fatto più bella figura a non gonfiare il petto per sfilare a prendersi meriti che comunque non sono stati dimostrati. Hai ragione, è l’ipocrisia che domina. Ma non solo in F1……

Maria dice:

Io sono demoralizzata e non mi era mai capitato uno scoraggiamento simile nemmeno per la morte di Ayrton. Allora si aveva la sensazione che qualcosa sarebbe cambiato in termini di sicurezza – ora sembra che alla FIA spremute quelle 4 lacrime di circostanza (fasulle pure quelle) non importi nulla! Spero solo che l’unione dei piloti in questo momento tragico non si limiti solo al dolore fatto vedere al funerale del povero Jules ma serva a fare tornare una GPDA degna di questo nome!

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