Schumi: Sabine Kehm parla di ulteriori piccoli progressi

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandra Leoni @herroyalblues
14 Aprile 2014 - 14:14
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Sabine Kehm, la portavoce di Michael Schumacher, ha partecipato a un talk show in Germania, per l’emittente ARD 1. Ovviamente, ha parlato delle condizioni di salute del pilota – e dopo queste parole, la speranza si fa ancora un po’ più forte.

“Ci sono piccoli progressi. Questi segnali ci fanno molto felici e ci danno molto coraggio – ci sono piccoli momenti di coscienza, di sveglia e attenzione da parte sua. È un’ottima notizia, per quanto piccola possa essere. Dall’altro lato, vi chiedo di capirmi se non mi voglio addentrare dentro ulteriori dettagli. Sono cose molto private”.

“Quando una persona ha lesioni nel cervello, bisogna distinguere dalla veglia e dalla coscienza. Non sono un dottore e posso solo spiegare in maniera amatoriale, ma si può essere svegli senza coscienza – e questi individui non hanno interazione con l’ambiente. O ci può essere qualcosa di più, e quella è la coscienza. Puoi interagire, seppur limitatamente, con l’ambiente circostante”.

Non è possibile però fare ulteriori previsioni: “Nessun dottore può rispondere a queste domande. È un grande mistero: sappiamo molto poco del cervello umano, e ogni caso è a sé, per quanto le ferite siano etichettate come le “stesse”, ciascuno di noi reagisce in maniera differente. Per questo una previsione non è possibile, perché comunque ci sarebbero previsioni di ogni tipo”.

La portavoce è quasi ogni giorno a Grenoble e ha confermato la presenza di Jean Alesi, di recente: “Jean Alesi è venuto una volta a Grenoble. È un amico di Michael, ma quello che gli è stato chiesto, lo ha messo sotto pressione, perché erano domande in cui non sapeva cosa rispondere – e quanto ha detto non è stato riportato in maniera autentica”.

L’entourage di Schumacher si è trovato in difficoltà nei primi giorni dopo l’incidente, dove i giornalisti hanno mancato di rispetto alla famiglia e al paziente, tentando in ogni modo di accedere alla stanza di Michael. Per esempio, un giornalista si è finto prete: “Sì, purtroppo è vero. È stato all’inizio di tutto, ma per fortuna era stato portato via dalla security. C’è stato persino un giornalista che diceva di essere il padre di Michael. Comunque ci sono stati molti tentativi di entrare in reparto, forse per fare una foto o un video”. 

“Tutto questo affetto è travolgente. È di grande sostegno per la famiglia. C’è questa sensazione di supporto e si riceve moltissima energia positiva. Le lettere, i regali, le email… Arriva moltissima posta ogni giorno in ospedale e presso il nostro ufficio – e sono passate 15 settimane. È impressionante ed è un po’ la ragione per cui comunque abbiamo divulgato qualche informazione, magari anche più di quanto volessimo, perché abbiamo avuto l’impressione che la gente nutra una sincera e genuina preoccupazione”.

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