Schumi, dopo Albertville che cali il silenzio

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
8 Gennaio 2014 - 21:05
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E’ arrivato il momento di allentare la corda. Dalla conferenza stampa di Albertville non abbiamo saputo molto più di quanto, chi è dotato di buon senso, non potesse aver capito autonomamente dalle notizie di questi giorni. Ma questo è, al momento, quello che famiglia e procura vogliono che si sappia della vicenda Schumi.

Vicenda abbastanza chiara, d’altronde. Schumi sta sciando attraversando un tratto di neve fresca che divide due piste battute. Scivola o inciampa (non si sa esattamente come, non è importante) su una roccia coperta, e sbatte violentemente la testa su un’altra roccia. Il tutto avviene a pochi metri dalla pista battuta, ad una velocità che non è stimata, non è esagerata ma è adeguata alle capacità di uno sciatore esperto come lui. Niente bambini, niente fuoripista spericolati, niente dubbi che Schumi stesse insegnando qualche pratica fuorilegge al figlio. Non è da lui, ma c’è voluta una conferenza stampa delle autorità ad Albertville per scrivere la parola fine a questa storia, grazie alla quale molti hanno passato un grasso inizio dell’anno all’insegna delle vendite e delle visite, speculando, distorcendo, facendo un lavoro diverso da quello che ci si aspetta da giornalisti seri. Che poi parliamone. Ammesso e non concesso che Schumi abbia commesso una leggerezza, cosa che sarà confermata o meno dagli inquirenti, non si tratterebbe comunque di una tragedia (la leggerezza, le conseguenze sì). Una roccia centrata a 8 metri dalla pista battuta non è certo paragonabile ad una sciata in un fuoripista vero e con rischio valanghe.

Ma ora tutto questo è messo da parte. La curiosità è stata sfamata. Rimangono un uomo di 45 anni che lotta ancora per la sua vita e una famiglia distrutta al suo capezzale. Una famiglia che ha sempre fatto della privacy il suo punto di forza, tanto da essere difficile trovare foto dei figli. Tanto da iscrivere il maschio alle gare di kart con il cognome materno. Una scelta in controtendenza con la spudorata voglia di autogossip odierna, che ci regala ogni settimana nuove paladine del phard dall’autoreggente facile e dal peso specifico del capo pressochè nullo. La famiglia di Schumi si è dovuta scontrare in questi giorni con il fantasma che ha sempre respinto con forza, quello del gossip, dell’assalto mediatico, dei fotografi vestiti da preti. Come se non bastasse la disgrazia che li ha colpiti, hanno dovuto far fronte anche all’emergenza dalla quale si sono sempre tenuti alla larga. Sabine Kehm, la storica portavoce e amica di famiglia, ha dovuto parlare in quattordici lingue pesando le parole quattro volte prima di pronunciarle, per non dare modo a qualcuno di mal interpretare. Cosa comunque successa.

Ora però che i giornali sono stati venduti e gli abbonamenti anche, piano piano il volere della famiglia sarà esaudito gioco forza. Un po’ perchè gli aggiornamenti sulle condizioni di Michael arriveranno solo quando avranno un senso, un po’ perchè non appena uno Schumi orizzontale su un letto d’ospedale non sarà più una notizia da prima pagina ma roba vecchia da scartare (esattamente come quando si accasò in Mercedes) non sarà più appetibile e importante, nè sportivamente nè umanamente.

Continueremo, in sordina, a tenere allungato un orecchio da quel di Grenoble, perchè i fan di Michael sono in pensiero oggi come il primo giorno ed è normale e sacrosanto che sia così. Vi aggiorneremo, come sempre abbiamo fatto, sulla base delle notizie ufficiali che verranno diramate dallo staff medico o da Sabine Kehm. Tutto il resto non ci è interessato e non ci interessa.

La famiglia ha ricevuto degli attestati di stima straordinari in questi giorni, e si spera che questo faccia sentire loro anche nei prossimi, che saranno difficilissimi, la vicinanza di chi tiene ad un campione come loro tengono ad un papà ed un marito.

Sperare non costa niente, siamo con loro.

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