SBK | GP Argentina, parlano i piloti: “Da diversi mesi tutti sapevano delle condizioni a San Juan”

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di Alyoska Costantino @AlyxF1
13 Ottobre 2019 - 11:15
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La notte non ha potuto estinguere in così poco tempo le polemiche sorte dalla prima manche del Gran Premio d’Argentina 2019. Dopo una gara che ha visto dodici partecipanti sui diciannove previsti ci si aspettava chiarimenti, anche in merito alla situazione che potremmo trovare oggi in griglia. Alla fine, delle spiegazioni sono arrivate da parte dei sette piloti disertori della manche (Chaz Davies, Eugene Laverty, Marco Melandri, Sandro Cortese, Leon Camier e Ryuichi Kiyonari, più Loris Baz che, dopo la caduta in Superpole, non se l’è sentita di partecipare), tramite un comunicato postato sui vari social.

Questo il comunicato: “Le moto da corsa sono il nostro sogno d’infanzia, la nostra passione e il nostro lavoro. Non vogliamo altro che correre e dare il massimo quando le luci si spengono. Non vorremmo mai deludere i fan presenti, gli spettatori a casa, i nostri sponsor, i nostri team o i Costruttori che rappresentiamo. Tuttavia, a volte devi difendere ciò che è giusto, soprattutto quando si tratta della sicurezza del pilota. Di seguito forniamo alcune informazioni sul perché sei di noi, con riluttanza, hanno preso la decisione di non correre. 

Venti minuti prima dell’apertura della pitlane, la maggior parte dei piloti della SBK (14 su 18) si sono incontrati in privato. Eravamo tutti d’accordo sul fatto che non eravamo a nostro agio a correre viste le condizioni della pista qui a San Juan. L’opzione preferita era quella di annullare la gara di sabato e di proseguire domani. Con due gare di piena lunghezza nelle condizioni più fresche previste per domenica. Questa opzione è stata espressa all’organizzazione. Ancora una volta, la maggior parte dei piloti ha convenuto che questo era il miglior compromesso. Correre di domenica piuttosto che di sabato avrebbe dato agli organizzatori la possibilità di pulire ulteriormente il circuito e trarre vantaggio dalle temperature più basse. Nelle condizioni più fresche sperimentate durante la sessione FP3 del mattino tutti i piloti hanno concordato che il circuito fosse in condizioni accettabili. 

Abbiamo recepito che il lavoro da eseguire in pista è stato gravemente ritardato, il che significa che l’asfalto è stato terminato solo nei giorni precedenti l’evento Superbike. Ciò apparentemente non ha dato il tempo alla superficie di stabilizzarsi e quindi oggi, con le temperature estremamente elevate della pista, gli oli di catrame sono affiorati in superficie. Comprendiamo che è stato questo olio, probabilmente, a causare l’highside di Haslam e ha mandato Baz in ospedale. Entrambi sono caduti nel loro giro d’ingresso in pista. 

Questa situazione riguardante l’olio è stata confermata appena dieci minuti prima dell’apertura della corsia dei box, quando un commissario FIM coinvolto nell’ispezione finale del circuito ci ha mostrato delle foto che mostravano le infiltrazioni di olio a cui avevano assistito pochi istanti prima. La nostra idea, dopo aver visto queste immagini, era che non vi era alcun modo per l’organizzazione di far partire una gara che avrebbe determinato rischi così evidenti. 

Per diversi mesi tutti sono stati consapevoli delle condizioni che probabilmente avremmo trovato a San Juan. Nonostante ciò, siamo arrivati ​​qui trovando un circuito che, a nostro avviso di piloti, non è adatto allo scopo. Ciò è stato confermato da un rappresentante della FIM, il quale ci ha detto che questo circuito non soddisfa i requisiti di omologazione, anche prima dell’inizio del fine settimana. Ci sono tanti aspetti che non sono all’altezza.

Oggi è stata la nostra opportunità per essere un gruppo e dimostrare che siamo preparati solo a correre gli enormi rischi che facciamo sui circuiti che soddisfano gli standard di sicurezza richiesti del 2019. A causa delle varie pressioni esterne esercitate sui piloti e gli interessi personali, il nostro gruppo di 14 piloti si è diviso e la nostra voce non è stata ascoltata. Invece, noi sei siamo stati fatti apparire come una minoranza dirompente che non voleva andare a correre, il che non è vero.

Confidiamo che gli organizzatori ci assicurino che ogni circuito che visitiamo sia adatto allo scopo, indipendentemente dalle sfide che possono affrontare in diverse aree geografiche. Qualunque siano le sfide, è nostra opinione che almeno si debbano ascoltare i piloti ed essere pronti ad adattare il programma durante il fine settimana se è nell’interesse della sicurezza.

Nessuno vuole che il cambiamento avvenga solo a causa di un incidente. Speriamo che, dopo oggi, ci sia una cooperazione continua e rafforzata tra i piloti, i team, Dorna e la FIM. Questo per garantire che la sicurezza dei piloti rimanga la priorità nel nostro sport. Ora, prepariamoci a correre domenica”.

L’accusa da parte dei piloti, tramite comunicato, sarebbe piuttosto grave, perché secondo i protagonisti del campionato il tracciato non era conforme a far disputare il Gran Premio sin dal venerdì, ma nonostante questo il weekend è continuato senza che la FIM muovesse un dito (tranne sull’assecondare i piloti nel pulire la pista). Purtroppo, se ciò dovesse essere vero, non sarebbe la prima volta che la Federazione Internazionale sottovaluta il problema sicurezza: come dimenticare la cancellazione del Gran Premio di Gran Bretagna del 2018 per il Motomondiale a causa dell’asfalto per nulla drenante, che ha sì lasciato un sacco di fan con un pugno di mosche, ma a causa dell’insistenza a voler tentare di correre ha comportato anche il grave infortunio di Tito Rabat e un serio rischio per i piloti durante le qualifiche.

Dall’altra parte della barricata c’è però chi, tra i piloti che hanno svolto la gara, cerca di difendere la propria scelta. Jonathan Rea, sul suo account Instagram, ha commentato così la vicenda e la sua gara: “E’ stata una gara molto difficile. Come sappiamo le condizioni non erano al meglio, per cui si è trattato più di gestirmi e gestire la moto entro i limiti. Ci sono delle cose da imparare per domani. Pere e io abbiamo cambiato idea all’ultimo minuto, appena prima della gara, dimenticandoci del passo gara costante e guardando all’usura della gomma. Questo era il problema principale perché sapevamo che la gomma sarebbe calata. Devo tanti ringraziamenti a Pere perché questo cambiamento è stato molto significativo. Penso che alla fine abbiamo dovuto prestare attenzione un po’ alla gomma, ma i tanti sbagli ci hanno penalizzato”.
C’è chi però non si è risparmiato a denigrare il campione del mondo, come Eugene Laverty che l’ha descritto come “senza spina dorsale” a un’intervista su Eurosport, anche in riferimento al fatto che Rea, da campione e pilota esperto qual è, è quasi il leader del gruppo piloti.

Álvaro Bautista, vincitore al debutto sulla pista argentina, ha definito così la situazione nel post-gara: “E’ stata una gara difficile, ma noi che siamo partiti abbiamo dimostrato che si poteva fare. Quando ci sono simili condizioni non bisogna forzare, occorre guidare con dolcezza per essere veloce. Al mattino, in FP3, le condizioni erano ideali. Poi la temperatura è aumentata e il grip è diminuito drasticamente. Ma è una cosa che ho sperimentato in passato, anche su altre piste. Anche a Barcellona e Sepang, per esempio, succede la stessa cosa. Venerdi avevamo discusso decidendo che la pista andava pulita. Sabato mattina ogni pilota è stato in grado di migliorare in maniera netta i propri tempi sul giro, in gara siamo stati più lenti ma è normale. Se piove non puoi sostenere che non c’è aderenza, è logico. Ma sono le condizioni, devi adattarti”.
Fa strano che sia proprio lo spagnolo a esprimersi in questa maniera quando a Imola, nella cancellazione di gara-2, era stato uno dei principali supporter dell’annullamento della manche (in quel caso schierandosi pesantemente contro la sicurezza di Imola).

Ed è proprio guardando a Imola che sorge un dubbio: perché in Italia, ma anche ad Assen per gara-1, i piloti sono stati ascoltati nel cancellare o spostare la manche mentre qui no, passando addirittura sul tema complottismo e su quello delle “pressioni esterne” che hanno convinto più di metà dei piloti coinvolti a cambiare idea? Forse per gli interessi e l’immagine che c’erano in gioco, poiché quest’anno sarebbe stata la terza gara SBK a essere cancellata, un record piuttosto negativo che forse Dorna ha cercato di evitare.
Sul piatto della bilancia sale anche il luogo in cui si trova il Circus al momento: l’Argentina è appena arrivata in calendario e lo scorso anno qui si è registrato il record di presenze in autodromo, perciò far subito perdere rilevanza all’evento e perdere anche una possibile fetta di pubblico, togliendogli la parte più succosa del palinsesto, poteva essere disastroso ai fini del Gran Premio.

Andando ad osservare la stessa gara-1 di ieri, tutti e dodici i piloti schieratisi hanno raggiunto il traguardo e, eccezion fatta per un leggero contatto in fondo al lungo rettilineo tra Mercado e Delbianco, non si sono viste nemmeno manovre rischiose oppure oltre ogni limite. Ciò andrebbe a sfavore dei sei piloti che hanno dato forfait, ma rileggendo l’ultimo paragrafo, l’effettiva presenza o meno di incidenti non è rilevante ai fini della scelta finale, perché “nessuno vuole che il cambiamento avvenga solo a causa di un incidente”. Si è voluto prendere questa scelta preventivamente, senza rischiare conseguenze ben più gravi che, con diciannove piloti anziché dodici, sarebbero potuto accadere. È passato poco più di un mese dal terribile incidente del compianto Anthoine Hubert e di Juan Manuel Correa, costretto all’ospedale e di cui stiamo ricevendo buone notizie solo recentemente; basta questo per dimostrare, anzi ricordare, come il motorsport sia pericoloso, indipendentemente dal numero di ruote del mezzo che si usa. E se si può prendere delle decisioni preventivamente, lo si deve fare.

Fonte immagine: Twitter / Aruba.it Racing

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