Riscoprirsi Raikkoniani

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
1 Settembre 2018 - 18:12
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C’erano due cose che non mi sarei aspettato oggi, una conseguente all’altra.

La prima è ovviamente la pole di Kimi, per tutta una serie di motivi. La sfiga, le cose che non vanno all’ultimo come settimana scorsa, l’età, tutto quello che volete. La seconda è il risultato di quella pole, di quel nome che si issa in cima alla classifica per non essere più scavalcato, una volta tanto, dal poleman di turno.

Il risultato di quel nome lì in alto, di quel miglior tempo inaspettato, è un urlo partito incontrollabile; un’emozione forte, fortissima. Come se fosse stata repressa da qualcosa in tutto questo tempo. Non so perché ma è diverso da Monaco. Forse è Monza che dà quest’effetto, forse è l’atmosfera che si respira in questa settimana. L’aver rubato la scena ai due contendenti per il titolo con il giro più veloce della storia è una goduria immensa per questo vecchietto al quale sistematicamente viene scippato (ipoteticamente) il sedile da qualcuno più giovane, che sia un Bottas, un Ricciardo, un Leclerc. Anche a ragione, sia chiaro, perché in cuor mio so e tutti sappiamo che Kimi ormai è vicino ad appendere il casco. Che sia quest’anno o il prossimo poco cambia.

Eppure non lo so, sono rimasto stupito dalla mia stessa reazione ma forse la posso capire. Kimi è il pilota che più apprezzavo dopo Michael ai tempi della Mclaren. Per me quel Kimi lì era secondo solo a lui e non mi capacito del perché in Ferrari non si sia praticamente mai visto, a parte nella prima stagione del titolo. Nel senso che il finnico della Mclaren era un’autentica ira del signore tra il 2003 ed il 2005 e credevo fermamente che la sua bacheca si sarebbe arricchita parecchio negli anni a seguire. Poi tutti sappiamo come sono andate le cose e non è il caso di ricordarle. Eppure l’ho sempre apprezzato. Ho sempre sostenuto il suo autentico silenzio allo sfarzoso protagonismo richiesto e sbandierato di questi tempi.

Avevo scelto lui come dopo Schumi ed è stato lui a tenermi legato alla F1 nel 2007, quando non avevo ancora iniziato a scrivere e quando il vuoto del primo ritiro di Michael è stato pesantissimo da metabolizzare. E quindi eccoci qui: forse quell’urlo e quelle braccia al cielo dopo la sua pole, per quanto inattese, hanno una radice profonda, arrivano da quegli anni in cui avevo visto in lui il mio futuro da tifoso anche se poi le cose, piano piano, sono cambiate. Le emozioni però non si possono reprimere e quindi grazie Kimi, per questo giro. Te lo sei meritato dal primo all’ultimo secondo.

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