Ricardo Londoño: il Narcos che provò ad entrare in Formula 1

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
5 Giugno 2017 - 18:12
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Nel 1981 il team Ensign e il suo proprietario Morris Nunn non se la passavano per nulla bene. L’incidente che aveva troncato la carriera di Clay Regazzoni a Long Beach nel 1980 li aveva privati non solo del pilota di punta della squadra ma anche dello sponsor principale che ne avrebbe dovuto garantire la sicurezza economica.

La situazione del team era piuttosto “disperata”, con Nunn che rabbrividiva ogni volta che una sua vettura rompeva un motore per la paura di non riuscire a presentarsi al GP successivo. Per cercare di andare avanti e di provare a pianificare un futuro, anche a breve termine, servivano “liquidi” veri. A Long Beach sulla Ensign aveva corso Marc Surer, ma non bastava.

Per il successivo GP del Brasile, che si correva per la seconda volta sul circuito del Jacarepaguà, la FIA aveva previsto una sessione di test per permettere ai piloti di familiarizzare con la pista.

La Ensign indicò come pilota titolare tale Ricardo Londoño-Bridge, 32 anni, colombiano che come sponsor sfoggiava sulla sua Ensign una generica scritta “Colombia”. La FIA, senza sapere assolutamente chi fosse questo pilota proveniente dalla Colombia, decise di subordinare la concessione della Superlicenza F1 al comportamento di Londoño durante i test.

Londoño nella sua “carriera” aveva corso a due ruote nella 350cc, qualche gara in IMSA e Can-Am e una presenza nella Formula Aurora alla guida di una Lotus 78. Un palmares piuttosto magro per chi puntava ad entrare in Formula 1. Nonostante tutto i tempi durante i test furono piuttosto interessanti.

Il tempo migliore della sessione fu quello di Carlos Reutemann in 1’37”48, Londoño con la sua Ensign girò in 1’41”77 facendo meglio di piloti molto più blasonati di lui come Piquet, Arnoux, Daly, Giacomelli e Jabouille. Tuttavia una collisione con Keke Rosberg, che gli frenò davanti per intimidirlo, fu presa come pretesto dai commissari della FIA per rifiutare la superlicenza a Londoño. In realtà le cose andarono diversamente.

Appena il nome di Londoño venne messo tra gli iscritti al test Ecclestone e la FIA si informarono da dove provenissero gli sponsor portati dal pilota colombiano. Le risposte arrivarono mentre le prove di Rio erano in corso, altrimenti mai e poi mai gli sarebbe stato concesso di entrare nell’abitacolo della Ensign.

Londoño era semplicemente finanziato dai maggiori trafficanti di cocaina di Medellin, in stretto contatto niente meno che con il boss per eccellenza Pablo Escobar. Ecclestone e la FIA, già in imbarazzo per la presenza di Alex Hawkridge (coinvolto in passato in una brutta storia di sesso minorile) nel team Toleman, non potevano permettersi anche un personaggio come Londoño. Fu così che la breve storia in F1 del pilota colombiano ebbe fine.

Intervistato qualche anno dopo sulla vicenda Morris Nunn raccontò: “Andai in Colombia alla ricerca di sponsor perché mi dissero che lì esisteva la reale possibilità di trovare dei finanziatori. Visitai l’azienda di Londoño e incontrai diversi personaggi che abitavano in case incredibili, difficilmente raggiungibili via terra, oltre a diverse persone armate. Qualche anno dopo, in un documentario americano, scoprii di aver incontrato uno tra i maggiori ricercati degli Stati Uniti. Come pilota Londoño non era male, un tipo particolarmente coraggioso”.

Londoño nel corso degli anni era diventato un vero e proprio signore della droga. Nel 2000 gli vennero sequestrati beni per un valore totale di 20 miliardi di pesos. Il 18 luglio del 2009, fuori da un ristorante nei pressi di una spiaggia chiamata “Isla dos Milagros”, Londoño venne ucciso insieme alle sue guardie del corpo con dodici colpi di pistola di cui tre alla testa. La polizia archiviò subito il caso come un “regolamento di conti” tra Narcos.

Finiva così a 59 anni la vita di Londoño, l’uomo a cui la FIA aveva negato per la prima volta nella sua storia la superlicenza in F1.

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