Rendersi utili in un metro e mezzo

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 14 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
19 Giugno 2019 - 17:07

Il titolo di questa bloggata potrebbe sembrare lo slogan di una pubblicità televisiva dell’Ikea, e invece si sta paradossalmente parlando di motociclismo. A tre giorni dal Gran Premio di Barcellona, dalla vittoria di Marc Márquez e dal tanto discusso strike di Jorge Lorenzo su tre dei suoi avversari, nell’ordine Andrea Dovizioso, Valentino Rossi e Maverick Viñales, credo sia tempo di fare qualche riflessione ora che le acque si sono un po’ appianate. Sono anche stati tre giorni di riflessione personale, dopo una brutta delusione come quella avuta da tifoso Ducati e di Dovizioso, ma ora a bocce ferme è tempo di parlarne.

Iniziamo dalle premesse con cui questo Gran Premio partiva: Yamaha permettendo, da questa gara mi aspettavo gli stessi protagonisti visti nella bella battaglia del Mugello, ovvero le Ducati, le Suzuki e Márquez. Sottolineo come io abbia scritto “Márquez” e non “Honda”, non includendo nel conteggio quindi i suoi compagni di marca, tra cui Jorge Lorenzo. Il maiorchino è il protagonista della vicenda di oggi, suo malgrado, ma arrivava al Montmelò con ben poche aspirazioni per far bene, dopo aver fallito la top ten anche in una pista in cui va forte come il Mugello e dopo un inizio di stagione molto difficile (su cui non ho voluto esprimermi con un ennesimo articolo su di lui).

L’avvicinamento a questo weekend di gara per Lorenzo è iniziato il lunedì successivo al GP d’Italia, con la richiesta del colloquio coi vertici HRC ad Asaka per richiedere uno sviluppo della moto che lo potesse avvantaggiare, senza però intralciare il lavoro fatto da Márquez e senza stravolgere la “sua” moto. Márquez già al Mugello gli ha fatto capire che chi sta davanti è quello che comanda, lui risponde che non sta cercando lo scontro o una guerra fratricida. C’è persino chi azzarda, come il buon Giacomo Agostini, che Lorenzo voglia rescindere il contratto con Honda, ma su queste “sparate” tornerò più avanti.

Dopo una settimana di pausa (relativa, per piloti e team MotoGP), si arriva a Barcellona. E’ la seconda gara di casa dell’anno per gli spagnoli, fare bene qui è quasi un obbligo come per i nostri lo è stato al Mugello. Si rivede anche Lorenzo e si vede anche il frutto del lavoro svolto in Giappone, con la comparsa di due ali sul serbatoio. Scherzandoci su, quel serbatoio fa tanto “ali di gabbiano” (magari quello stecchito a Phillip Island nel 2015 da Iannone), ma nelle libere Lorenzo ottiene prima l’accesso diretto in Q2 e poi la top ten sullo schieramento. Non è un miracolo divino, ma è già qualcosa.

Non è un sabato che va liscio però in casa Honda, con Márquez che s’infuria proprio con Jorge in FP3 per averlo rallentato e rischiato l’uscita dai dieci qualificati. Anche stavolta nulla di che, Lorenzo evita lo scontro e si scusa durante il rientro ai box, mostrando anche una certa pazienza e buona volontà nel lavorare col compagno, ben più di quanto visto in Ducati. Vorrei riflettere anche su questa differenza di atteggiamento nei confronti di Andrea Dovizioso prima e Marc Márquez ora: forse per una differenza anche legata alla nazionalità, Jorge sembra voler mantenere il proprio rapporto con Márquez più unito rispetto a quello col forlivese. Però, credo che il motivo principale sia che con il Dovi ci fosse una rivalità sopita da anni, fin dai tempi della 125cc e poi della 250cc.

Fino al 2017 poi i due non hanno più incrociato le loro armi e le loro strade (se non in rarissime occasioni), con Lorenzo che si giocava o addirittura vinceva mondiali con la Yamaha e Dovizioso che invece annaspava prima all’ombra di Stoner e Pedrosa, e poi con delle Ducati che faticavano molto anche a livello di guidabilità. La loro collaborazione è praticamente finita nella gara di Sepang del 2017, e quando anche il mondiale 2018 ha preso la via di Márquez, i due si sono dati battaglia senza esclusione di colpi dividendosi vittorie e sconfitte nell’estate dello scorso anno. A questo si uniscono le dichiarazioni di uno e dell’altro sempre nel 2018, con Dovizioso e le sue perplessità sul gioco di squadra ignorato da Lorenzo e quest’ultimo che non si è risparmiato a dire come Dovi fosse davanti per una serie di circostanze fortunose, stile “allineamento dei pianeti”.

Credo che entrambi non avessero previsto ciò che il compagno avrebbe fatto a livello prestazionale: da una parte Lorenzo pensava che le poche vittorie ottenute da Ducati nel 2016 fossero più frutto del valore altalenante dei piloti, per poi scoprire la netta differenza nella guida della GP17 e soprattutto vedere il compagno, l’eterno secondo Dovizioso, combattere per il titolo fino a Valencia; dall’altra Dovizioso stesso, dopo l’anno in cui ha ribaltato le gerarchie iniziali con Lorenzo, prima ha commesso errori grossolani come a Le Mans, per poi vedere il compagno cominciare finalmente a vincere e raggiungerlo prestazionalmente. Il risultato è stato che nessuno dei due, con una moto da mondiale, è stato capace di vincere il titolo iridato, con Lorenzo che ha poi lasciato la Ducati per passare a Honda, nello sgomento generale.

Forse anche l’aver imparato dall’ultima convivenza sta convincendo Jorge a non tirare troppo la corda con questo nuovo compagno di squadra, ma credo sia anche per il modo in cui percepisce la presenza nel box del fenomeno col #93: i due hanno già lottato per il mondiale della classe regina, Márquez ha prevalso nel 2013 nell’anno del debutto, mentre Lorenzo è riuscito a ottenere l’alloro del 2015 mettendo un freno momentaneo al dominio di Márquez (indipendentemente da cosa e come sia successo nel finale di quell’anno). Per questi motivi forse Lorenzo prova una sorta di rispetto maggiore per il connazionale piuttosto che per l’italiano.

Torniamo al weekend di Catalunya, al giorno della gara. I pronostici per questo Gran Premio sono più incerti del solito, non ci si aspetta una gara in solitaria di Márquez; il gran caldo potrebbe non far durare le gomme per tutti i ventitré giri, forse sarà necessario gestire almeno all’inizio. Quartararo, alla seconda pole a vent’anni, è uno degli outsider, Rins con le medie ha un passo ottimo dalle prove e parte dalla terza fila, c’è anche Dovizioso che se le gomme non tengono potrebbe metterci un guizzo, e le Yamaha ufficiali potrebbero non essere un mero fuoco di paglia in questa domenica. Lorenzo non rientra tra i piloti da tenere d’occhio, ma una bella partenza potrebbe far ricredere tutti quanti.

I semafori si spengono, i piloti partono, e come da prassi Lorenzo scatta forte. Davanti c’è Dovizioso, anche a costo di fare a sportellate con Márquez, Lorenzo invece si trova più o meno settimo all’ingresso della Repsol con Rins all’interno. Sembra di rivedere quasi il Lorenzo della 125cc quando, dall’esterno della 4 e poi verso la 5, passa nell’ordine Rins, Quartararo, Rossi e Petrucci, mettendosi alle spalle del compagno di squadra e tenendo fede al soprannome “Por Fuera”. Se riuscisse a mettersi davanti con un altro giro a fiato sospeso, potrebbe respirare e far riavvicinare gli avversari dietro.

Alla fine del primo passaggio Lorenzo è ancora attaccato ai primi al quarto posto, nel rettilineo verso la Caixa il motore della Honda spinge e aiuta in confronto a quello della Yamaha di Viñales. Questo giro e tre quarti sono la migliore prestazione su Honda messa in piedi da Lorenzo fino a ora, peccato che la gara ne duri ventitré e la sua corsa, insieme a quella di tre dei suoi avversari, finisce lì: Lorenzo passa Viñales in staccata, vede Dovizioso un po’ lungo dopo esser stato sorpassato dall’altra Honda e forse s’ingolosisce un troppo per cercare di rimanere più interno. Come dirà lui stesso, Jorge tiene pinzato ancora di più ma l’anteriore lo scarica, e nel farlo tira giù Dovi, “Top Gun” e anche Rossi arrivante da dietro. Il Gran Premio di casa si è concluso nel peggiore dei modi per Lorenzo, con una caduta multipla causata da lui e una figuraccia colossale in mondovisione, ma paradossalmente è stato il miglior regalo che potesse fare al compagno di squadra, che avrebbe poi vinto indisturbato il GP volando in testa alla classifica con ampio vantaggio.

“Avevo fatto una grande partenza, ho recuperato molte posizioni perché qualche pilota ha rallentato per via del tanto traffico quindi ho potuto sorpassare dall’esterno in qualche curva e recuperare molte posizioni. Ho visto che nelle frenate poteva staccare molto forte e in quell’accelerazione si sono disturbati un po’, quindi Maverick ha chiuso il gas, gli ho preso la scia, ho provato piano piano a sorpassarlo, però la curva arrivava e per non tamponare Andrea ho dovuto frenare un po’ di più e mi si è chiuso il davanti. In questa tipologia di curve ho visto, in questi tre o quattro ultimi anni, che succedono tanti casi così, io ho fatto quest’errore che oggi è costato non solo la mia caduta ma la cosa peggiore è che ho fatto cadere Valentino, Maverick e Andrea e questo è quello che mi spiace di più. Avrei preferito cadere solo, perché ho fatto l’errore, però la situazione nei primi giri con tanti piloti lì in quella tipologia di curva favorisce questo tipo di situazioni, oggi l’ho fatto io quest’errore e mi dispiace tantissimo per loro”. E’ così che Lorenzo ha commentato il suo stesso errore prendendosi la colpa di quanto successo, aggiungendo in seguito: “Penso che le scuse si debbano sempre fare, però come ha detto anche Maverick non servono a niente, perché non ti fanno ritornare in pista e non ti restituiscono punti, quindi capisco perfettamente la reazione dei tre piloti. Sono dispiaciuto per loro, perché io non mi gioco il campionato e ho tolto loro molte chance, solo questo. Avrei preferito semplicemente cadere solo io, perché le scuse non servono a niente ma si devono fare”. Come spesso succede, è un Lorenzo che si dimostra sincero e duro nelle sue interviste, anche quando si tratta di giudicare sé stessi.

Dell’incidente non c’è molto da dire sulla dinamica in sé: è un incidente di gara in cui la colpa è palesemente di Lorenzo, che innesca la caduta di tutti gli altri cadendo lui stesso per primo. E’ più interessante, se vogliamo, ragionare sul perché abbia cercato di forzare una frenata in quella maniera al secondo giro di una gara così lunga. Forse vedere il compagno Márquez superare Dovizioso gli ha messo fretta, forse quella fiducia in frenata che ha sentito l’ha convinto a esagerare, forse il voler tentare la strategia che usava in Ducati nel pre-Mugello 2018 l’ha spinto a cercare di superare immediatamente Viñales e poi Dovizioso, forse la pressione di essere anche in una gara di casa. Sono tutte ipotesi realistiche.

In molti hanno posto esempi di piloti plurititolati protagonisti di carambole rovinose. Ho visto citato l’esempio di Doohan a Donington Park nel ’93 più volte, quando Mick prese come birilli entrambe le Suzuki di Barros e Schwantz ponendo fine alla loro corsa e mettendo a serio rischio la rincorsa iridata dell’incolpevole texano, oppure in tempi molto più recenti il contatto tra Rossi e Stoner a Jerez 2011 e la famosa frase usata dall’australiano nei confronti di Valentino. Sempre a Jerez, l’anno scorso Lorenzo ha avuto la maggior parte delle colpe nella tripla caduta che ha coinvolto sempre Dovizioso, lui stesso e Dani Pedrosa, ma il caso non è del tutto paragonabile poiché le colpe in quell’incidente non erano al 100% del #99. Anche Lorenzo stesso, in alcuni casi, è stato vittima e non carnefice quando Álvaro Bautista ha deciso di porre fine alla sua gara ad Assen dopo poco più di trecento metri dal via, nel 2012.

Quindi sì, nonostante la rabbia e la delusione di chi è fan dei piloti coinvolti, tra cui me, bisogna accettare ciò che abbiamo visto in quanto incidente di gara; avrei dato la penalizzazione per la prossima gara, ma non per la manovra quanto più per i “danni” causati agli altri. Ho snocciolato tutti questi esempi anche per andare a sbugiardare chi ha ipotizzato, ironicamente o meno, l’ipotesi del complotto HRC. Mi son trovato più che altro a immaginare uno scenario differente: cosa sarebbe successo se Lorenzo, anziché stendere Dovizioso, avesse steso Márquez che pochi istanti prima aveva passato proprio la Ducati rivale? Bastava solo che Dovizioso si spostasse più all’interno per difendersi e il #93, a meno di voler esagerare, non avrebbe avuto spazio per attaccare al rampino della Caixa e Lorenzo avrebbe rischiato la frittata proprio con lui.

Sarebbe stato una specie di Pedrosa-Hayden all’Estoril a parti invertite: nel 2006, anno di debutto di Pedrosa, il “Camomillo” arrivava dopo tre mondiali consecutivi nelle categorie più piccole, tra cui le due perle della 250cc dove davvero era sorto il dubbio che Pedrosa fosse il nuovo anti-Rossi per la MotoGP, e quindi il pupillo del team HRC. Hayden invece era stato affiancato da vari compagni nel team Repsol, uno più scomodo dell’altro tra Rossi, Barros e Biaggi; veniva da un mondo meno appetibile come quello delle derivate di serie (nemmeno il campionato mondiale, ma quello americano) e non andava oltre alla visione del buon secondo da affiancare al fenomeno. La tappa di Valencia invece ci regalò una delle vittorie mondiali più sorprendenti e belle di sempre, e l’anno successivo Hayden si ritrovò col #1 di campione quando doveva essere il secondo pilota del team. L’incidente dell’Estoril, a parti invertite, avrebbe avuto conseguenze molto più gravi per Hayden se fosse stato lui a stendere il compagno, e lo stesso si può dire della gara di Barcellona se Lorenzo avesse centrato l’attuale pupillo dell’HRC; penso che lo stesso Lorenzo ci abbia pensato poco dopo l’incidente.

Per questo credo che Lorenzo, in una maniera o nell’altra, si sia “reso utile” nella maniera migliore possibile considerando la sua poca affinità con la Honda al momento. Nello spazio di pochi metri è riuscito a dare un contributo potenzialmente decisivo per la lotta iridata, perché anche se Márquez è per distacco il migliore in pista nella MotoGP attuale, avere contro Dovizioso e le Ducati è comunque un problema non da poco, e combattere contro dei mezzi più efficaci non è mai una passeggiata. Un potenziale disastro che si è trasformato un discreto aiuto per la sua squadra.

E’ chiaro che, almeno per quest’anno o comunque ancora per un bel po’ di tempo, il piano di conquista con due piloti per Honda non sia un progetto attuabile. Se davvero questa Honda porta totalmente la sigla “MM93” su di essa, non basterà un nuovo serbatoio, per quanto strano esso sia, per far tornare Lorenzo davanti. E’ un piano che, già quando veniva ipotizzato alla firma del contratto di Lorenzo, reputavo poco praticabile, per due motivi:

Non siamo più nell’epopea della Honda RC211V in cui, oltre al dominatore Rossi che vinceva a raffica, vedevamo Ukawa, Barros, Biaggi, Gibernau e tanti altri vincere o comunque salire sul podio con questa moto. L’attuale Honda non è la moto migliore in campo, alla meglio è la seconda per prestazioni, e insieme ai regolamenti sull’elettronica e alle gomme Michelin queste differenze con le inseguitrici vengono ulteriormente limate. In poche parole, ci vorrà tempo per rendere Lorenzo realmente capace di stare tra i primi, e forse questo piano non si attuerà mai.

Ma allo stesso tempo mi chiedo, continuando a osservare quest’incidente, se a HRC convenga poi tanto avere Lorenzo così vicino a Márquez, prendendosi questi rischi. Come detto, la volontà di dominare nell’attuale MotoGP è più un’utopia che una possibilità, e con Ducati così agguerrita e la crescita di Suzuki avere un dualismo interno tra il campione del mondo e un potenzialmente aggressivo Lorenzo può creare solo gravi danni in gara. Non prendiamoci in giro: quando Lorenzo comincerà ad andare forte, e per me lo farà com’è riuscito a farlo in Ducati, quando in lizza ci saranno gare e piazzamenti non si risparmierà nel tirare la staccata a Márquez, in barba al rispetto o al rapporto tra compagni di squadra. In fondo, a Honda non serve Lorenzo perché il #93, già da solo, sarebbe capace di vincere tutt’e tre i titoli.

Probabilmente, quando Lorenzo si adatterà a questa moto sarà comunque troppo tardi per gli standard di Honda, ma quando ci riuscirà la guerra fratricida che ha cercato di evitare con ogni mezzo in queste due gare scoppierà. Fino a quel momento attenderemo, e attenderà anche Honda mentre Marc continuerà a fare lo schiacciasassi.

Fonte immagine: motogp.com

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