Può un solo giro risvegliare dalla crisi?

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
9 Giugno 2019 - 00:25
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Quella del titolo è una domanda obbligata alla quale, però, non so dare risposta. L’ultima Pole di Vettel era datata 21 luglio 2018, Gran Premio di Germania. Quello del disastro e dell’inizio del periodo più nero della carriera del tedesco. 

Non so come andrà la gara: forse, come prevedibile, Hamilton vincerà ancora. Ma quello che mi interessa è questo momento, indipendentemente dall’esito di domani. Il momento nel quale tu, pilota, dopo quasi un anno di errori, delusioni, attacchi, rialzi la testa battendo inaspettatamente il campione in carica in uno dei suoi posti preferiti. Uno schiaffetto per lui, ammesso che lo sia. Ma per te?

Può un giro così, inaspettato, quasi perfetto, sicuramente oltre ogni aspettativa, creare quello switch mentale di cui Vettel ha (o aveva?) tremendamente bisogno? Perché in un pilota non conta solo il piede destro ma anche, a volte soprattutto, la testa, l’elemento più in crisi da Hockenheim in poi. Inutile andare a ricordare l’ultimo anno del tedesco: gli errori sono stati rigorosamente analizzati caso dopo caso, settimana dopo settimana e, per quanto mi riguarda, a volte il puntare il dito contro Sebastian è anche servito a coprire gli errori della Ferrari, al muretto (più volte) e nella gestione dei suoi piloti, settimana pre Monza in primis nel 2018 ed ora con Leclerc. In questi mesi il tedesco è stato scaricato da gran parte dei tifosi e della stampa. L’arrivo di Leclerc ha poi creato quell’attesa da predestinato che ha peggiorato ancora la situazione, lasciando Sebastian nel ruolo di prima guida senza esserlo più per grandissima parte dell’opinione pubblica.

Pacifico è il fatto che il primo ad infilarsi in questa situazione sia stato proprio lui con un errore grave seguito da altri, meno il non aver mai visto una presa di posizione netta a sua difesa (cosa che mi sarei aspettato se ti fidi della tua prima guida) da parte di un team allo sbando tra la scomparsa del suo presidente ed una dirigenza ereditaria assente, la cui direzione è ancora oscura ai più. A meno di credere davvero all’esaltazione per un giro più veloce in gara dopo una doppietta Mercedes. Personalmente, però, faccio finta di non aver mai sentito pronunciare quella frase. 

È questa una difesa? Forse: non ho mai creduto che il vero Vettel sia quello dell’ultimo anno, capace di sbagliare clamorosamente e ripetutamente. Anche se qui c’è da aprire una parentesi: a volte gli errori sono quelli di chi “cerca di compensare le pecche di una macchina”, a volte quelli di uno “considerato poco più che un buon pilota”. In mezzo ci sono simpatie ed antipatie, come più volte ho sottolineato per quanto riguarda Verstappen.

Al tempo stesso c’è poco da esaltarsi per una Pole dopo dieci mesi, escluso ovviamente il gesto tecnico in sé davvero di livello, quello che ci si aspetta comunque da un quattro volte iridato. Cerco sempre di vedere oltre la visiera ed oltre le conferenze stampa preconfezionate e di pensare ai piloti come a ragazzi, uomini e non solo come robot che si accendono insieme alla macchina. Per questo dico che la testa, la concentrazione e la capacità di estraniarsi da ciò che scrive e dice la gente è fondamentale per non essere condizionati. 

Credo di aver visto difficimente una crisi come la sua. Una specie di pugile alle corde incapace di muoversi per più riprese. I suoi errori sono stati quelli più visibili ed importanti perché il pilota è ciò che noi vediamo. Credo che non siano stati gli unici e credo anche che per tutti sia stato un po’ comodo far passare il resto in cavalleria. A tal proposito: chissà in quanti faranno notare, ad esempio, che Leclerc ha sbagliato entrambi i giri della Q3 perdendo la prima fila.

Mi chiedo quindi se un giro come quello che è valso la Pole a Montréal possa essere sufficiente a Vettel per scacciare i fantasmi degli errori e riportare fiducia e soprattutto autostima, quella che per un pilota è fondamentale per poter rendere al meglio. Può, un minuto e dieci secondi far pulizia delle scorie di un anno? Lo vedremo domani o forse no, ma è una domanda nata pochi secondi dopo la conquista della pole. Mi piace immaginare che adesso, magari nella solitudine di un momento di relax, Sebastian pensi a quest’anno e a questa Pole dicendosi che forse non tutto è perduto. Non tanto per il mondiale ma per se stesso.

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