Pagelle del Gran Premio di Gran Bretagna 2013

F1GP Gran BretagnaGran PremiLe Pagelle
Tempo di lettura: 20 minuti
di shalafi81
3 Luglio 2013 - 12:54

BUM! BUM! BUM! BUM! BUM! Si chiamano Hamilton, Massa, Vergne, Gutierrez e Pérez. Per tacer del BUM! nelle prove, sempre di Pérez. Fuochi d’artificio, gara esplosiva, piloti che rischiano l’osso del collo ad ogni curva. Venghino siori venghino nel Circus del brivido, dei Cavalieri del Rischio che sfidano la sorte. Perché proprio la sorte ha fatto sì che capitasse a qualcuno piuttosto che a un altro. E sempre la sorte ci ha messo una parola buona affinché nessuno si sia fatto male. Venghino, siori, venghino. Di fronte a questo la vittoria di Rosberg, il test Mercedes, il cambio di Vettel, il pubblico inglese, tutto quanto assume importanza marginale. Meditate, gente, meditate. Anzi. Il tempo della meditazione è finito da un pezzo. E scusate.

Sebastian Vettel: 9,5 – C’è un fil rouge strambo che lega il tedesco a Esteban Gutierrez. Che fa sì che mentre tutti forino la posteriore sinistra sia lui che il messicano incontrino problemi [più o meno] diversi. Ma tant’è. In una gara che si era messa benissimo, con l’esitazione al via di Rosberg e -appunto- la foratura di Hamilton, paga un prezzo altissimo alla rottura del cambio mentre si trova nel controllo più completo della corsa. Gli dicono dai box di stare attento ai cordoli, e lui obbedisce senza rimetterci, anzi, resta imprendibile per tutti. Poi il patatrac e la fine della trasmissione lo condanna alla fine delle trasmissioni. Peccato. Mondiale riaperto? Insomma… la RB non può rompersi per sempre, è agli altri che tocca correre, non a lui. Che non ha niente da rimproverarsi. Se non una prima fila in qualifica che forse era alla sua portata. Quisquilie. Interrotto.

Mark Webber: 8,5 – Al via -confessione schietta- chi vi scrive ha avuto un dubbio. Vuoi vedere -si è chiesto- che in realtà abbiam capito tutti male, e che il ritiro era con decorrenza immediata e non a fine stagione? Dubbio lecito, visto che allo spegnersi dei semafori tutti si muovono tranne lui. Che sfila al primo giro in quindicesima posizione, dopo essere partito quarto. Troppo anche per le partenze modello canguro a cui ci ha tristemente abituato. E in più -per non farsi mancare niente- pure una toccata alla prima curva con Grosjean, che scarta verso la sua Red Bull rovinandogli l’ala anteriore. Primo stint di sofferenza, quindi cambio gomme, sostituzione ala, e poi la rabbia, con la R maiuscola. Mark inizia a tirare come un ossesso, si libera di Pérez, Grosjean e Alonso, capitalizza al meglio l’ultima safety e -con gomme nuove- passa in pista, anche duramente, Ricciardo, Sutil e Räikkönen. E va anche anche a prendere Rosberg, cercando fino all’ultimo un varco impossibile. Una gara che ci dice diverse cose. Primo: anche a 150 anni non saprà mai partir bene. Secondo: non sarà un campione ma quando c’è da tirar fuori le palle in pochi sono come lui. Terzo: Impegno e motivazioni ci sono ancora, intatte. Quarto: se fosse stato in un altro team, o avesse avuto un’offerta valida, difficilmente avrebbe scelto il ritiro. E comunque potrebbe ancora farci divertire, di qui alla fine dell’anno. Paga -in termini di voto- l’assurda partenza. Escluso il primo giro sarebbe da dieci. Inossidabile.

Fernando Alonso: 8,5 – Boh. Il sottoscritto -stavolta non uso il plurale perché si capisca bene che è una MIA posizione personale- continua a credere che nelle qualifiche non esaltanti una parte, piccola o grande non so, di colpa ce l’abbia anche lo spagnolo. Perché oggettivamente finire decimo pure a Silverstone, pista che -stando sempre ai Soloni della Vigilia di Maranello- «meglio di altre si adatta alle caratteristiche delle nostre vetture» non è normale e non va bene. Detto questo, parere ripeto personalissimo, va doverosamente detto che la gara di Alonso è  gagliarda, tosta ma anche -come lui stesso ha ammesso- fortunata. Fortunata per il ritiro di Vettel e per gli inconvenienti che hanno messo fuori gioco competitors come Hamilton, ad esempio. Gagliarda perché i suoi bravi sorpassi in pista Nando li ha fatti, perché l’ultima neutralizzazione ce l’ha sì restituito in pista con gomme nuove, ma undicesimo, e anche lì la rimonta è stata tutta sua. Ma ci resta sempre quel punto di domanda sulla gestione complessiva del pacchetto weekend -nemmeno fossimo in agenzia di viaggi- perché a rincorrer sempre i rischi son tanti, troppi. Magari mi sbaglio, e in tal caso MEA culpa. Ma le vittorie e i mondiali si costruiscono spesso al sabato pomeriggio. Ritardatario.

Felipe Massa: 9 – In prova sfascia l’ennesima Ferrari della stagione. Ma in gara ci pare francamente esagerato fargliela pagare con un’esplosione pneumatica tanto coreografica quanto, ahinoi, dannosa e -soprattutto- pericolosa. Anche perché il suo via è stato, senza mezzi termini, a dir poco leggendario, tanto che in un giro passa da undicesimo a quinto trovando il pertugio giusto. Poi però, appunto, l’esplosione della gomma -peraltro in un punto lontanissimo dalla pit lane- e tanti saluti alla compagnia. Per una buona mezz’ora veleggia a fondo schieramento, un po’ in trance, vuoi per lo spavento preso vuoi per quella sua cronica tendenza ad addormentarsi quando le cose vanno male. Poi però si sveglia, inizia una furiosa rimonta aiutata anche dalle Safety Car e nell’ultimo stint risale con aggressività e cattiveria fino alla sesta posizione. Tenace, nonostante tutto. Merita un votone, lui. Merita uno sganassone, chi gli ha fornito quattro Big Babol -nel senso dei palloncini che esplodono, ve li ricordate? ci sono ancora?- al posto delle gomme. Furioso.

Jenson Button: 6,5 – Il Maestro al solito prova a tirar fuori il meglio, dal suo triciclo, anche perché un buon risultato nella gara di casa avrebbe portato tanto morale sia a lui che alle maestranze in fabbrica. Operazione riuscita in misura molto parziale. La qualifica non sarebbe neanche male, appena a ridosso della Q3, e anche il passo gara non sarebbe da buttare. Tanto che all’ultima ripartenza JB si trova addirittura in zona punti, cosa che in una pista in cui l’aerodinamica è fondamentale sarebbe stato difficile pronosticare. Il problema è che si trova lì perché non ha cambiato gomme. E al restart lo sverniciano praticamente tutti quelli che aveva dietro, ma proprio tutti, tanto che finirà addirittura tredicesimo, dietro anche alla Williams di Bottas. Roba da chiodi. Fa buon viso a cattivo gioco, da buon uomo squadra, conscio anche che -visto quanto accaduto al compagno di squadra- poteva addirittura andargli peggio. Questo passa il convento, oggi, Non per colpa dei piloti, che -a giudicare da come se le danno in pista- l’anima ce la mettono sempre. Realista.

Sergio Pérez: 7 – In tre giorni buca due gomme e si becca due sonori spaventi. Una in prova e l’altra a pochi giri dalla fine, quando è in lotta per la zona punti. In mezzo la solita gara di sofferenza, cuore e fatica. A inizio gara si porta davanti al compagno di squadra, a voler rimarcare che l’impegno -nonostante la carretta che si ritrova- non manca. Si destreggia senza far danni in mezzo al gruppo, cercando di preservare le gomme, e l’ultima safety car lo ricompatta al treno che conta, in piena lotta per la top ten. Poi, appunto, il patatrac, la gomma che fa BUM! e tutti a casa. Logico il disappunto, per una macchina che non va neanche a spingerla, e logica soprattutto l’incazzatura per i fuori programma assolutamente non richiesti. Anche nel suo caso, ci pare poco logico invocare colpe particolari. E’ sempre complicato giudicare l’operato di chi corre in queste condizioni, con una macchina che doveva spaccare il mondo e che invece spacca solo i maroni di chi la guida. Ma -dall’esterno- ci pare che di più non si potesse fare, nemmeno a Silverstone. [Doppiamente] Scoppiato..

Kimi Räikkönen: 9 – Chi vi scrive, se potesse scegliere cosa fare nella vita, avrebbe due opzioni, al momento. Opzione 1] progettista delle gomme Pirelli. Opzione 2] stratega al muretto della Lotus. Perché? Perché in entrambi i casi qualsiasi cosa faccia sarà comunque un miglioramento rispetto all’esistente. Al capitolo numero 67 del Gran Libro dell’Automobilismo, intitolato “Come buttare nel cesso una gara”, il Gran Premio d’Inghilterra 2013 della Lotus verrà citato più e più volte. La scelta di restar fuori, con Kimi, all’uscita dell’ultima safety car, con gomme già vecchie, è un capolavoro di ingenua e strampalata incompetenza. Lo stesso Kimi, via radio, gliela butta là: «Secondo me -dice- abbiam fatto una cazzata», ma dal muretto rispondono «Quel che è fatto è fatto». Come tale Ponzio Pilato, quando pare rispose «Ciò che ho scritto ho scritto». E infatti al restart gli passano anche sopra le orecchie, da secondo si ritrova quinto. Secondo noi avrebbe addirittura potuto vincerla, questa corsa. Con una macchina non all’altezza di Red Bull o Mercedes, grazie soprattutto ai suoi equilibrismi alla guida tra aggressività e controllo delle gomme. Peccato, davvero. Meritava di più. Dalla gara e dal suo box. Profeta.

Romain Grosjean: 5,5 – Al via rifila una inquietante sportellata a Webber, che per pochissimo non si trasforma in un catastrofico dejà vu. Sfiorando, tra l’altro, lo stesso Alonso. Poi tiene il ritmo dei migliori fino a metà gara, lottando a tratti anche con Kimi. Dal box gli chiedono di farlo passare, ma non è che cambi chissà quanto. Perché poi -come gli capita, a volte- perde progressivamente terreno dal treno buono finendo indietro e perdendosi nei meandri della parte meno nobile del gruppo. Questione di esperienza, forse, e di controllo complessivo della vettura nell’arco dei 300 km di gara. Tanto che accusa problemi di gomme ben più marcati del suo compagno di squadra. A pochi giri dalla fine si ritira per problemi non meglio specificati all’ala anteriore. Ma non ne abbiamo sentito la mancanza. La velocità c’è, ma deve ancora crescere tanto. E -aridaje!!!- fare attenzione alla prima curva: lo scarto verso la Red Bull poteva avere conseguenze ben peggiori. E ve lo immaginate Webber, dopo essere stato buttato fuori anche l’anno scorso a Suzuka da Romain, cosa gli avrebbe fatto? Avete presente il bicipite di Mark? Ecco. Spaventato.

Nico Rosberg: 7,5 – Ci sono giornate in cui pensi di essere nato con la camicia. Sotto una buona stella. Ecco, Nico a Silverstone ha sperimentato cosa significa venire al mondo con la giacca a vento. Perché vincere così, davanti al pubblico che stravede per il tuo compagno di squadra, aspettando solamente -come il saggio cinese- sulla riva del fiume i cadaveri dei tuoi nemici… beh, signori, è una goduria senza paragoni. Come vincere un derby al 95′ con un gol in netto fuorigioco dopo aver sofferto tutta la partita. Sbaglia la partenza, e Vettel lo infila spedendolo al terzo posto. Poi, nell’ordine, si fanno da parte sia Lewis che Seb ed eredita -senza fatica alcuna- la prima posizione. L’ultimo stint deve fare attenzione a Webber, e forse con un paio di giri in più non ce l’avrebbe fatta a tenerlo dietro. Ma le tornate son solo 52, a Silverstone, e sono sufficienti a garantirgli la seconda vittoria stagionale. Riepiloghiamo. La tua squadra fa un test palesemente illegale con cui risolve -pare- i problemi che si porta dietro da tre anni e fischia. Come punizione gli dicono “brutta cattiva, non rifarlo più”. Il tuo compagno di squadra, che gioca in casa, è in testa e domina finché non buca una gomma ai 250 all’ora. Al comando ci passa il leader del mondiale, che guida agevolmente finché non rompe il cambio. Tu vai a vincere. E in più ti beccano a non rispettare le bandiere gialle ma te la cavi solo con un’ammonizione. Cosa vuoi di più dalla vita? Pentafoglio.

Lewis Hamilton: 10 – Che peccato. A Silverstone, pur guidando una Mercedes, entra sempre in modalità Red Bull, nel senso che mette le aaali e -trascinato dall’entusiasmo dei tantissimi fan- dà sempre il 110%, Fa la pole e comanda agevolmente finché la sua Pirelli posteriore sinistra non decide che è il caso di fargli prendere un po’ di strizza e BUM!, in un attimo si disintegra ai 250 all’ora. Si fa praticamente un giro su tre ruote, finisce in fondo al gruppo, cerca di staccare il cervello e di non pensare a quando accaduto prima -riuscendoci solo in parte, ammetterà a fine gara- e recupera, di riffa e di raffa, fino a uno strepitoso quarto posto finale, che vale più di una vittoria. Inossidabile e irriducibile, ma anche onesto nell’ammettere di aver guidato col cuore in gola per tutto il resto della corsa per paura che potesse ripetersi quanto accaduto a inizio gara. Un Leone di Manselliana memoria. Merita il massimo dei voti per non aver preso a cazzotti il faccione di Paul Hembery nel paddock a fine gara. E -soprattutto- perché ha guidato in maniera magica. Ispirato.

Nico Hülkenberg: 7,5 – In tempi normale una foratura lenta sarebbe un fatto di cronaca da segnare in grassetto negli appunti e da sottolineare a ogni pié sospinto nella compilazione delle pagelle. A Silverstone, quella del buon Nico passa praticamente inosservata. Potenza delle Esplosive Pirelli 2013. Ma a parte quest’inconveniente -che lo costringe ad anticipare la seconda sosta- la sua gara è positiva. A un certo punto -per sua stessa ammissione- non ci capisce più niente, tra incidenti, neutralizzazioni e quant’altro. Si ritrova a lottare con macchine e macchine, avversari e avversari. Si tocca con Maldonado e con di Resta. Ma alla fine, non si capisce bene come, sportella di qua sportella di là, strappa un punticino che torna a sbloccare la casella dei punti dopo parecchio tempo. E -soprattutto- ammette di essersi divertito perché finalmente la sua Sauber inizia ad andare in maniera decente. Sarà vero? O saranno affermazioni figlie dell’entusiasmo post gara? Staremo a vedere. Per ora bravo. Ottimista.

Esteban Gutierrez: 7 – Genio assoluto. In una gara in cui un sacco di gente prestigiosa fora la posteriore sinistra, lui distrugge quella anteriore, di sinistra. In una gara in cui tutte le esplosioni avvengono in mondovisione, la sua -incredibile ma vero- non viene inquadrata da nessuna delle millemila telecamere presenti sul circuito. Grottesco, tanto che iniziano da subito a circolare voci incontrollate e incontrollabili sui detriti che si vedono svolazzare all’ingresso della Stowe. Gli è esplosa una gomma. Ha preso un cartello. Quello dietro. L’ha rapito un extraterrestre, e quelli che si vedono sono i pezzi dell’astronave che ha strisciato sull’asfalto. Sono i pop corn di un commissario di percorso. E così via. L’X-Files sulla scomparsa di Gutierrez lo chiarisce la squadra, spiegando che sì, in effetti foratura, seppur inconsueta, c’è stata. Foratura che peraltro lo costringe a una sosta ulteriore per sostituire l’alettone anteriore, danneggiato dai pezzi di gomma di cui sopra. Tutto sommato peccato, perché -per una volta- teneva agevolmente il ritmo di Hülkenberg. E invece chiude quattordicesimo. Meritava di più. O quantomeno più visibilità. Fox Mulder [o Dana Scully, se preferite].

Paul di Resta: 8 – Ti fai un mazzo tanto per strappare una gran qualifica e ti ritrovi a partire dalla pit lane perché la tua macchina la trovano sottopeso. Tristezza -cantavano qualche anno fa- per favore va’ via. Lui l’amarezza la smaltisce nella notte tra sabato e domenica, tanto che -con calma e pazienza- è bravo a tornar su nel corso della gara fino a raggiungere addirittura la zona punti. Si tocca con Hülkenberg, il contatto gli danneggia l’ala anteriore e questo fa sì che debba anticipare il pit stop proprio poco prima dell’ingresso della Safety Car, perdendo tempo prezioso. Ma va bene anche così, tanto che alla fine riuscirà a strappare un preziosissimo nono posto finale -visto soprattutto da dove era partito- che continua la striscia positiva della Force India. Vettura sana, nata bene e che sta migliorando gara dopo gara. C’è di che essere ottimisti. Sempre che calcolatrici e bilance tornino a funzionare. Ma questa è un’altra storia. Leggero.

Adrian Sutil: 7,5 – Si prende la sua buona dose di applausi a inizi gara, quando è prima quarto poi addirittura terzo, tenendo  agevolmente dietro la Ferrari di Alonso che prova ad attaccarlo più volte senza successo. Dietro di lui si forma un trenino d’altri tempi, ma la cosa non gli crea il minimo problema. Sfrutta bene la prima safety car, riuscendo a ricollocarsi davanti ad Alonso, ma il suo box sbaglia clamorosamente strategia quando, all’ultima neutralizzazione, non lo chiama dentro per montare coperture nuove. Il risultato è che al pronti-via finale lo passano Webber, Alonso, Hamilton e Massa. Tanto che deve abbandonare i sogni di gloria e accontentarsi -si fa per dire- del settimo posto finale. Che non è affatto da buttar via ma lascia un po’ d’amarezza visto come si erano messe le cose. Sul piano puramente del pilotaggio c’è poco da rimproverare al tedesco. Che ha motivo di guardare al futuro con fiducia: le occasioni per divertirsi quest’anno non mancheranno. Tappo.

Pastor Maldonado: 7 -Sfiora il traguardo della zona punti, e dice che senza un contatto con Hülkenberg -aridaje!!- alla ripartenza ce l’avrebbe anche potuta fare. Difficile da dire. Resta, del suo Gran Premio, una prestazione coriacea, al solito, ma insolitamente pulita e priva di sbavature. Tanto che le due safety car che ricompattano il gruppo lo mettono appunto in condizioni di lottare per un punticino tanto agognato quanto -probabilmente- meritato. E invece no. Manca il decimo posto per un secondo e mezzo, preceduto proprio dal tedesco della Sauber. Ci risulta difficile bocciarlo, quantomeno perché per una volta non fa danni e porta a casa la macchina senza neanche un graffio sulla carrozzeria. A questo può aspirare la Williams di oggi, a questo e a poco altro. Come diceva Daniele Silvestri, basta sapersi accontentare. Modesto.

Valtteri Bottas: 6,5 – Con gomme che scoppiano da una parte e dall’altra e con il caos più bestiale in pista, il finlandese ammette di averci capito poco. Tiene il ritmo di Maldonado per buona parte della gara -e per un deb non è male- ma facendo fatica e guidando a volte in maniera sporca e disordinata. Oltretutto ci si mettono anche un paio di pit stop imperfetti, a condire il piatto già poco pregiato. Ed è così che dai fasti canadesi si passa ad un più grigio anonimato britannico che lo rimette al posto che compete alle modeste prestazioni della vettura di Grove. Nonostante tutto chiude in scia a Pastor, però. E, siccome il risultato alla fine conta eccome, gli possiamo senza colpo ferire assegnare quasi lo stesso voto del venezuelano. Alzi la mano chi non è d’accordo. Non vediamo nessuno. Sei e mezzo e uno. Sei e mezzo e due. Sei e mezzo e tre. Aggiudicato.

Jean-Eric Vergne: 5,5 – Per carità, l’esplosione della posteriore sinistra cancella tutto. BUM! E di colpo sparisce la qualifica opaca, costante abbastanza universale nelle prestazioni del francesino. BUM! E svanisce la partenza così così, che anziché fargli guadagnare terreno lo lascia nelle sabbie mobili della pancia del gruppo. Il tutto mentre Ricciardo lotta per le posizioni che contano. Per carità, ha ragionassimo a dire che tutto questo è inaccettabile, che non si può vanificare così il lavoro di un fine settimana, che mettere a repentaglio la vita dei piloti non è tollerabile. Sacrosanto. Resta però il fatto che il suo weekend è stato sottotono. E che il ritiro, dovuto proprio ai postumi della foratura, non ha fatto che porre fine anticipatamente ad una gara in cui di gloria non ne avrebbe raccolta poi tanta. Provaci ancora, JEV. Opaco.

Daniel Ricciardo: 7,5 – Lui al contrario si dimostra solido e roccioso. Forse perché, sulla scia dell’addio di Webber, sente odore di Red Bull. Forse perché le piste veloci gli piacciono. Forse perché la Toro Rosso tutto sommato ci sta, a lottare. O forse semplicemente perché è bravo e lo sta dimostrando. Fatto sta che infila un’altra bellissima prestazione, a iniziare dalla qualifica nella Q3, risultato mai banale. Sbaglia la partenza, lotta, sgomita, recupera, sceglie una strategia a due soste che alla fine lo trasforma in un paracarro -lo passeranno Webber, Alonso, Hamilton e Massa- e chiude in scia alla Force India di Sutil, in un’invidiabile ottava posizione. Dice che con una strategia diversa avrebbe potuto giocarsela con la Ferrari di Massa. E forse è anche vero. Ma magari no. Nel dubbio ci atteniamo ai fatti. E gli regaliamo comunque un bel voto, in virtù della prestazione giusta al momento giusto, sempre considerando la situazione della casa madre. Perché -come ha sottolineato Horner- non è affatto automatico che il prossimo anno arrivi l’avvinazzato finlandese. Chissà. Tempista.

Charles Pic: 7,5 – A tre quarti di gara lotta con la Williams di Bottas e fa segnare tempi non troppo distanti da quelli delle Sauber. Decisamente ispirato, il francesino, che da un paio di gare a questa parte sembra finalmente essere entrato in sintonia con una vettura -per ammissione del tester aggiunto Kovalainen- estremamente scorbutica e nervosa. Forse ha capito come prenderla, fatto sta che mostra un discreto margine sulle Marussia e, appunto, avvicina -con le dovute cautele- anche macchine sulla carta più performanti. C’è molto di suo, va detto, in tutto questo. Basti guardare quello che combina Van Der Garde. Anche se l’olandese è pur sempre un deb, ricordiamolo. Dall’ultima safety car a fine gara Charles gli rifila trenta secondi. Ed è tutto dire. Francamente complicato chiedergli di più del quindicesimo posto finale, a cinque secondi da Gutierrez. Bravo.

Giedo Van Der Garde: 5,5 – Fa fatica, e si vede lontano un miglio. Perché la Caterham è vettura difficile, da guidare, pronta a tradirti a ogni pié sospinto. Figuriamoci per un rookie, su una pista da alte velocità come quella inglese. L’impressione è che cerchi più di portare a casa la macchina senza far danni che di tirarne fuori il massimo. Scelta saggia, a quanto pare. Perché di casini ne ha già combinati parecchi, quest’anno. Il tutto porta però ad un confronto imbarazzante con il buon Pic, che qualcosa di più riesce a fare eccome. E l’ultimo posto, alle spalle -o meglio negli scarichi- di Chilton non fa onore né a lui né a chi dice -a ragione- che la Caterham sta progredendo. Ma questo è un po’ l’eterno dilemma del debuttante con una vettura lenta. Strafare e rischiare di far danni o tirare a campare? In questo caso la seconda scelta, quella conservativa, ha pagato solo parzialmente. Vedremo cosa accadrà in futuro. Speriamo non scelga di tirare avanti a Campari, in futuro. Ne andrebbe del suo fegato, e non sarebbe bello. Pavido.

Jules Bianchi: 6,5 – Probabilmente si è anche annoiato. L’unica speranza che aveva di lottare con Pic la brucia alla partenza, con uno spunto tutt’altro che da giaguaro. Si rende conto sin da subito che non riesce a tenere il ritmo della Caterham, prova ad anticipare la sosta senza successo e alla fine si limita a portare al traguardo la macchina accumulando km utili a sé e alla squadra. Tutto sommato può anche andar bene così. Il vero guerriero sa quando è il caso di attaccare, quando è necessario battere in ritirata o quando invece conviene temporeggiare. Quinto Fabio Massimo docet. In quest’ottica -e confrontando i suoi tempi con quelli di Chilton- va bene così, va benissimo anche così. E’ pur sempre un deb, ma dimostra più testa di tanti veterani, passati e presenti. Chiude sedicesimo, alle spalle -ma dai?- di Pic. Saggio.

Max Chilton: 6 – Come abbiamo scritto in più occasioni, le aspirazioni -e di conseguenza le aspettative- vanno sempre modulate e parametrate al soggetto delle medesime. E’ una questione di onestà intellettuale, non ci stancheremo mai di ripeterlo. Ed è anche e soprattutto in quest’ottica che chi vi scrive dà certi voti e formula certi giudizi. Prendete Max, per esempio. Non un fulmine, questo oramai lo diamo quasi per assodato. Un onesto mestierante che ha la fortuna di avere un genitore ricco sia di passione che di sterline. E che per questo è riuscito ad approdare nella massima Formula, seppure con una vettura che pare più un macinino da caffè che una monoposto della “massima espressione della tecnica automobilistica”. Arriva al Gran Premio di casa, felice come un bambino ed emozionato come un quindicenne. Porta al traguardo la macchina. Non fa danni. E, seppur staccatissimo dal caposquadra, riesce addirittura a non chiudere ultimo, seppur in volata, tenendo dietro un olandese brutto e cattivo che guida una macchina verde e gialla. A fine corsa ha un sorriso che va da un orecchio all’altro, come una zucca di Halloween. Oggettivamente, con che cuore andresti a bocciarlo? Suvvia. Entusiasta.

Manuel Codignoni
www.passionea300allora.it

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Un Commento su “Pagelle del Gran Premio di Gran Bretagna 2013”
AleMans dice:

Avrei dato un po’ meno a Vettel e Alonso, ma in generale siamo lì.

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