Pagelle del Gran Premio della Cina 2013

F1GP CinaGran PremiLe Pagelle
Tempo di lettura: 17 minuti
di shalafi81
16 Aprile 2013 - 12:31
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Alonso rompe il digiuno di vittorie più lungo da quando è in Ferrari trionfando a Shanghai con una prestazione vincente e convincente. Sul podio anche il solito, sornione Räikkönen e il grintoso Hamilton, che respinge all’ultimo giro l’assalto disperato di Vettel. Ottimo quinto Button, al solito maestro nella gestione delle gomme, disastro Webber tra incidenti e pasticci del team. Buona lettura!

Sebastian Vettel: 8 – La strategia adottata nelle qualifiche, quando di fatto non si gioca la pole per partire con le gomme dure, è la negazione stessa del motorsport. Ma non è colpa sua, ovviamente, è solo la distorsione di un sistema che sta implodendo. La sua è una gara strana, giocata a distanza con quelli che stanno davanti nella speranza di ritrovarsi tutti insieme appassionatamente a fine corsa. La cosa si verifica solo a metà, perché il team non si fida delle supersoft e gliele monta solo quando proprio non può farne a meno. Dà tutto nel ministint ma riesce solo a metter paura -tanta, invero- a Hamilton. Quarto, a uno sputo dal podio, comprensibilmente contrariato. Perché con una strategia normale forse sarebbe arrivato più lontano. E anche perché senza tutto il tempo perso dietro alla Sauber di Hülkenberg qualche possibilità in più l’avrebbe avuta. Ma visto quanto accaduto al vicino di garage, forse va anche bene così. Fortunato.

Mark Webber: sv – Probabilmente a Shanghai non gli funzionava nemmeno lo sciacquone della camera d’albergo. Ammesso -e largamente non concesso- che il suo team gliel’avesse prenotata, perché l’ipotesi che l’abbiano fatto dormire sotto un ponte non è così peregrina, in fondo. In qualifica non gli mettono benzina, in gara non gli mettono una ruota. Cos’altro potevano combinargli? Certo, lui ci mette del suo andando addosso a Vergne -e rimediando una penalità per il Bahrain- ma visto tutto quello che gli è capitato non ci pare il caso di infierire. Se è tutto casuale… beh, complimenti. Se invece volevano fargli pagare l’incazzatura post Sepang ci son riusciti. Potevano farlo in maniera un filino più sottile, però. Non si gioca così con la pelle di chi va a 300 all’ora. Bastonato.

Fernando Alonso: 10 – Chi vi tedia con queste ignobili pagelle già sabato sera aveva pronosticato con gli amici -davanti a un paio di pinte come si deve- una facile vittoria per l’asturiano. Perché -di fatto- era l’unico vincitore logico, visto come si erano messe le cose. «E’ bello aver ragione», chiosava un orgoglioso Al Pacino ne L’Avvocato del Diavolo. Ma è pur vero che tra il dire e il fare c’è di mezzo E IL, ci ricordano Elio e le Storie Tese. E l’E IL di Fernando è una gara impeccabile sin dal via, dove si incolla a Hamilton, lo passa  davanti ai box e da lì -incurante dei voli pindarici del box Red Bull in materia di strategie- fa corsa a sé fino alla bandiera a scacchi. Emblematico il dialogo tra lui e il buon Andrea Stella a tre quarti di gara: «Stai dando tre decimi a settore a tutti, non serve spingere» «Non sto spingendo, è tutto sotto controllo». Se le cose stanno così, allora, questa Ferrari -nelle sue mani, quantomeno- può diventare una seria concorrente per il titolo. Anche se Shanghai è pista strana: l’anno scorso dominarono le Mercedes, e tutti ci ricordiamo come andò il loro mondiale. Ma intanto buona festa. Perfetto.

Felipe Massa: 6 – La sufficienza gli arriva solo per via della consueta partenza a fionda, che lo scaglia in terza posizione, e per la grinta mostrata nei primi due giri, quando -prima ancora che venga abilitato il DRS- ruggisce rabbioso alle spalle del caposquadra accennando anche una manovra di disturbo. Poi però più niente. Il ritmo cala lentamente ma inesorabilmente -anche se è vero che ritardare la prima sosta gli fa perdere posizioni che non recupererà più- e come spesso gli accade lo ritroviamo solo a fine gara, quando Button -con gomme nuove- se lo mangia. Chiuderà sesto, a quaranta secondi da Alonso. Sprazzi di vitalità, insomma -come quando infila Hamilton accodandosi proprio allo spagnolo compagno di squadra- ma poca consistenza e tendenza ad addormentarsi. Deve recuperare continuità. Ma è sempre meglio dell’inizio dell’anno scorso. Sonnolento.

Jenson Button: 9 – Il Maestro è sempre il Maestro, poche storie. La McLaren è quella che è, ovvero una vettura da metà classifica, lenta e nervosa. Ma a Woking, vivaddio, non potrebbero, in questo momento, disporre di un pilota più adatto di JB. Perché avere il Maestro ti permette di inventare strategie azzardate con la ragionevole certezza che possano funzionare. Così stava andando in Malesia -prima del patatrac ai box- e così è stato a Shanghai. Una sosta in meno, con un primo stint ETERNO, ed ancora il Maestro a difendersi con le unghie e con i denti con gomme non sulle tele, forse anche peggio. In certe gare -dicevamo- non c’è nessuno meglio di lui. Nella gestione delle gomme e del mezzo. E dopo l’ultima sosta si toglie lo sfizio di sverniciare la Ferrari di Massa per strappargli il quinto posto finale. Impagabile il siparietto con il suo ingegnere a metà gara: «Sta arrivando Lewis, che faccio, lo lascio passare o combatto?» «Sì, combatti. Per favore [letterale, Yes, fight. Please]». Da gentiluomini, con educazione, nemmeno fossimo in una nobile famiglia dell’800. Così come bellissimi sono i complimenti che riserva a Ricciardo dopo le qualifiche. Un Gentleman, se mai ne è esistito uno. Gentile, appunto.

Sergio Pérez: 5 – «Non è che se a una barca ci metti le ali diventa un aeroplano», recitava Corrado Guzzanti imitando Antonio Di Pietro. Non è che se a Pérez lo metti su una McLaren ti diventa un Button, capisc’ammé, rispondiamo noi. Questo nonostante il buon Checo in passato abbia anche lui dato prova di grande abilità in materia di gestione delle gomme. Un esempio per tutti la sua gara d’esordio in F1, con la Sauber a Melbourne due anni fa. Ma a Shanghai il giochetto non riesce. Invece di starsene tranquillo Sergio si imbarca in un paio di duelli un po’ troppo ruvidi -come quando invita cordialmente Räikkönen ad accomodarsi fuori pista, facendosi anche tamponare- che minano la resistenza delle sue Black Round Pirelli [il primo a cogliere la citazione vince un premio, fatevi sotto]. Alla fine taglierà il traguardo in undicesima posizione, fuori dalla zona punti, a quasi 30 secondi dal Maestro. E’ vero che l’allievo può e deve provare a superarlo, il maestro. Ed è vero che al messicano è toccata la peggior McLaren degli ultimi anni. Ma Checo deve mangiarne ancora tanta, di pastasciutta. Impaziente.

Kimi Räikkönen: 8,5 – Sarà per via della sua fama di flemmatico e imperturbabile uomo di ghiaccio, chissà. Fatto sta che oramai c’è una gara nella gara, che consiste nel cercare di farlo incazzare. Chi ci riesce vince una fornitura di tintura bionda per capelli per un anno. A Sepang il premio è toccato a Hülkenberg, stavolta se lo aggiudica Pérez. «What the Hell is he doing?!?!?!?», tuona -come può farlo solo un finlandese- quando il messicano lo sbatte fuori sulla sabbia e lo costringe al tamponamento. Poco male: il buco sul muso si dimostra un’interessante novità aerodinamica, che immaginiamo verrà studiata in galleria del vento, visto che non glielo cambiano in nessuna delle soste ai box. Recupera con costanza e perizia, da formichina, fino al secondo posto finale, strappandolo nell’ultimo stint nientemeno che a Lewis Hamilton. Peccato solo per la partenza horribilis, quando si pianta, fa pattinare le gomme come nemmeno la migliore Carolina Kostner sa fare, e si gioca così le uniche speranze di vittoria dopo una qualifica esaltante. Partenza a rilento che gli vale un punto in meno. Ma lui c’è, sempre e comunque. E si toglierà delle altre soddisfazioni, potete scommetterci. Ingegnere.

Romain Grosjean: 5 – Lui invece non ci ha capito un granché. E dire che, per una volta, era anche partito bene, installandosi quasi alle spalle del caposquadra. Ma poi, per sua stessa ammissione, paga problemi di adattamento alla vettura, magagne legate ad un assetto non efficace e difficoltà legate al traffico. Si sveglia solo nel finale, quando a serbatoi vuoti inizia ad andare come un treno e passa Pérez e Hülkenberg fino alla nona posizione finale. Un colpo di reni che non è però sufficiente per la sufficienza -perdonateci l’ignobile ripetizione- perché per tutto il weekend subisce pesantemente il compagno di squadra e non si è mai dimostrato efficace, soprattutto domenica. L’impressione è che con queste gomme così delicate e con un range di utilizzo così sottile l’esperienza e la sensibilità contino parecchio, più forse della velocità secca. E per un giovanotto come Romain ci sarà da soffrire. Speriamo per lui di sbagliarci, chissà. Confuso.

Nico Rosberg: 6 – La sufficienza arriva solo perché il ritiro anticipato pone fine ad una gara difficile e sotto gli standard. In prova sbaglia l’ultima curva e cede posizioni su posizioni al compagno di squadra. In gara non riemerge, anzi, tanto che al momento dell’abbandono è parecchio indietro in classifica. Non è da escludere che il guasto che pone fine alla sua gara sia anche causa della prestazione incolore, per carità. Ma non è nemmeno assodato. Di certo ci è parso nervoso, più del solito. E ne ha ben donde, tra l’altro. Teso.

Lewis Hamilton: 9 – Una furia, la solita furia. La pole è da urlo, la partenza è ottima. Regge fino a quando -ahi, l’abitudine…- le gomme lo mollano e deve far passare Alonso e Massa. Continua comunque a lottare, con la consueta grinta, ed è al solito spietato nei sorpassi: quando si tratta di liberarsi di vetture più lente per questioni strategiche non c’è nessuno che abbia la sua determinazione. Cede a Räikkönen nel finale, ma resiste con le unghie e con i denti al ritorno di Vettel, con tanto di staccatona all’ultimissima curva. Un podio tutto cuore e grinta, che va a legittimare quello malese e che è un messaggio -nemmeno tanto indiretto- a Ross Brawn e al suo compagno di squadra. Si sta prendendo i gradi di caposquadra, con merito. E se la vettura sarà in grado di crescere sarà proprio lui, Lewis, a far fare il decisivo salto di qualità al team di Stoccarda, quello mancato finora. Ci sono buoni piloti, piloti ottimi e Vincenti. Lui è un Vincente, di sicuro. E lo sta dimostrando. Killer.

Nico Hülkenberg: 7 – A un certo punto è anche in testa alla gara, pensate un po’. Fa diventar matto Vettel -mica l’ultimo arrivato- passandolo e bloccando -correttamente- qualsiasi tentativo di sorpasso, anche in virtù di una velocità di punta eccezionale. Seb -per dire- lo passa solo ai box. Fino a metà gara è in lotta con i migliori. Poi, non si capisce bene perché, inizia a perdere terreno. E l’esempio lampante è il pit stop in cui si ferma assieme a Massa. I due escono appaiati, poi in accelerazione Nico si addormenta -letteralmente- e Felipe ringrazia. Magari voleva evitare danni, chissà. Di certo è l’inizio della fine. Molla di schianto e si fa raggiungere -e passare- anche da Ricciardo e Grosjean. Finirà comunque in zona punti, decimo, ma ha più di un motivo per recriminare, sia per i due pit stop lenti che per il crollo a fine gara. Ma magari il vero valore della Sauber è questo, oggi, chissà. Ad ogni modo lui c’è. Grintoso.

Esteban Gutierrez: 4 – Non è questione di essere rookie o veterani. La sua è una distrazione bella e buona, da massaia in città [ci perdonino le signore all’ascolto]. Si incanta a guardare le margheritine a bordo pista, perde il punto di staccata ed entra dritto dritto nel culo della Force India di Sutil. Gara finita, scappellotto e via pedalare, a piedi fino in Bahrain. Peccato, perché aveva rimediato a una brutta qualifica con una gran partenza, alla fine del primo giro era dodicesimo. Ma lo sbaglio è imperdonabile. Cecchino.

Paul di Resta: 8 – Roba da matti. Ti qualifichi bene, non fai danni al via, lotti con una Sauber, e dopo un paio di giri il tuo compagno di squadra -per assurdo forse anche senza accorgersene- ti manda sull’erba in accelerazione facendoti perdere tutto quello che hai guadagnato. Roba da matti, appunto, da scender dalla macchina e aspettare la fine della gara per prendere a sganassoni il vicino di garage. Poi, visto che una giustizia divina evidentemente esiste, a pareggiare i conti ci pensa Gutierrez. E allora si tranquillizza e inizia a tessere la sua tela, fatta di ritmo, costanza e regolarità. Da buona formichina. Tanto che, a fine gara, un po’ a sorpresa a dir la verità, sbuca in zona punti e chiude all’ottavo posto, davanti alla Lotus di Grosjean e anche a quella Sauber con cui era in lotta prima del fattaccio. Mica male, lo scozzese. Un piazzamento che potrebbe ridargli fiducia dopo alcuni mesi complicati, in cui aveva subìto Hülkenberg prima e appunto Sutil poi. Ragno.

Adrian Sutil: 5 – Lo scriveremo e lo ripeteremo all’infinito. I piloti sono gente strana, cavalieri del rischio, eroi del limite, alfieri dell’impossibile. E a questa ristretta cerchia di superuomini è consentito quasi tutto. Ma -gesùmmarìa- ci sono tre cose, tre, che un pilota NON può permettersi di fare. Fare la pipì nell’abitacolo. Fregare la donna al proprio capo. E, soprattutto, sbattere fuori il compagno di squadra. Non si fa, non si fa, no, no, no. Lui invece sì, a inizio gara. Non sappiamo se con maldestrìa o malizia, ma di fatto spinge fuori in accelerazione di Resta facendogli perdere diverse posizioni. La giustizia divina si abbatte su di lui con le sembianze di Gutierrez, che gli spezza le ali -pardon. l’ala posteriore- e lo costringe al ritiro. Ma oramai il danno era fatto. E non possiamo assolverlo, proprio no. Indisciplinato.

Pastor Maldonado: 6 – Niente da fare, sul serio. Nonostante nell’inverno si diceva che a Grove avessero lavorato un gran bene, in realtà la pista sta dimostrando che la nuova Williams non va nemmeno a spingerla. Almeno per ora. Pastor, che ha una faccia che sembra incazzata anche quando sorride, lo sa, e non cerca nemmeno di mascherarlo. Per carità, fa quel che può, dignitosamente, ma l’impressione che non si stracci le vesti per tirar fuori quel decimo in più dalla vettura c’è e resta, pesante. Ne è testimonianza il fatto che, a fine gara, ceda la posizione anche al compagno di squadra, rookie, che pare invece avere ben altre motivazioni. E’ un po’ presto per recitare la parte del veterano che piange miseria al grido di «alla mia età tredicesimo o quattordicesimo poco cambia», non vi pare? La sufficienza ci sta, ma nulla più. Ragioniere [ma vi rendete conto? RAGIONIERE parlando di MALDONADO!!!].

Valtteri Bottas: 7 – Alla terza gara riesce già a mettersi dietro il caposquadra. Mica male, per il simpatico rookie finlandese, che tiene Bottas [argh… scusate!] per tutta la gara salvo poi, a due giri dalla fine, sorpassare in tromba Maldonado e conquistare il tredicesimo posto finale. Poca roba, in termini assoluti, ma tanta in termini relativi. Sta imparando a farsi amare in squadra, non facendo danni e mettendo assieme prestazioni consistenti, tirando fuori il massimo da una vettura che di fatto non c’è. A nostro giudizio [sindacabilissimo, per carità] la differenza di motivazioni tra lui e il venezuelano è palese, in Cina. Ed è per questo che premiamo la prestazione di Valtteri con un voto forse eccessivo, ma meritato. Crescente.

Jean-Eric Vergne: 5 – La sua gara finisce nel momento in cui Webber gli va addosso. Lui dice di non averlo visto, di certo la manovra dell’australiano è ottimistica anzichenò. Sta di fatto che il testacoda conseguente gli rovina il fondo della vettura e la rende poco guidabile. Basta, questo, a giustificare una prestazione così incolore rispetto a quella del compagno di squadra? In parte. E’ un insieme di cose. Perché Ricciardo ne aveva comunque di più, poche storie. In gara e soprattutto in qualifica, perenne tallone d’Achille di JEV. E’ lì che deve cercare di migliorare il francese, perché non siamo nella NASCAR, e qui in F1 se parti dietro hai giù buttato via metà delle possibilità di far bene. E’ così, c’è poco da fare. E se parti dietro -statisticamente- hai anche più possibilità di incappare in incidenti. Come volevasi dimostrare. Mezzo punto in più per la botta rimediata. Sveglia!

Daniel Ricciardo: 9 – «Ricciardo? Wow!». Così il Maestro JB accoglie via radio la notizia dell’ottima qualifica dell’australiano. Chissà cosa gli avrà detto a fine gara, allora, dopo il settimo posto finale. Il weekend dell’australiano è semplicemente sontuoso, sin dalle prove. A suo agio con la vettura e con le gomme, a Shanghai non sbaglia niente e si permette anche un paio di manovre di personalità, come il doppio sorpasso ravvicinato a Pérez e Grosjean a tre quarti di gara o la bella infilata a Hülkenberg. Era parecchio che non lo vedevamo guidare con questa spavalderia, e la cosa non può che farci piacere. C’è molto di suo, nella prestazione cinese, perché la Toro Rosso pare sì migliorata ma non in proporzione al piazzamento. Ora arriva il difficile, ovvero confermarsi e confermare il salto di qualità. Ce la farà? Staremo a vedere. Per ora bravo. Sbocciato.

Charles Pic: 7 – Consistenti segnali di risveglio. Per una volta la Caterham -quantomeno nelle sue mani- sembra tornata quella dell’anno scorso, in grado di giocarsela con le Marussia. E lui per due terzi di gara riesce a star davanti al caposquadra del team concorrente, quel Bianchi che in questa prima parte di campionato è il pericolo pubblico numero uno per il team gialloverde. Poi Jules gli esce davanti dopo l’ultima sosta e lui se la mette via, conscio comunque di aver fatto il suo. Certo che è strano il mondo. L’anno scorso con la Marussia spesso da rookie teneva dietro Glock e sognava la Caterham. Quest’anno ha cambiato casacca, strapazza il compagno di squadra con regolarità ma c’è un’altra vettura che sembra comunque andare di più, e guarda caso è proprio quella che ha lasciato. Misteri. Ad ogni modo a Shanghai sembra aver ritrovato la giusta via. E noi lo premiamo. Bentornato.

Giedo Van Der Garde: 5 – Mai come quest’anno nei piccoli team emergono, spietate, le differenze tra i due piloti che guidano la stessa vettura. Anche in Cina l’olandese fa una faticaccia bestia. Si qualifica ultimo, partirebbe anche bene recuperando un paio di posizioni ma dopo poche tornate è di nuovo in coda al gruppo e lì resta, fino alla fine, mestamente. Becca più di un minuto da Pic, francamente un po’ troppo, anche per un debuttante con tutte le attenuanti. Dice di essere comunque ottimista, che l’esperienza che sta raccogliendo gli servirà in futuro e che aveva messo in conto un avvio di stagione complicato. Se è davvero così è stato buon profeta. Ma la sfera di cristallo non lo salva da una bocciatura sonora, stavolta. Urge inversione di tendenza. O almeno qualche timido segnale in tal senso. Stregone [cercasi].

Jules Bianchi: 7,5 – Gli ultimi giri -dice dopo la gara- non finivano più. Di certo stavolta il buon Jules ha dovuto sudare le proverbiali sette camicie per aggiudicarsi il Gran Premio degli altri, il Trofeo delle Cenerentole. A inizio corsa è costretto a inseguire Pic, lo passa allungando il secondo stint e -in preda a un improvviso delirio di onnipotenza- decide che può provare ad andare a prendere addirittura le due Williams. Per un po’ guadagna, sulle vetture di sir Frank, ma certe impennate d’orgoglio si pagano. Nel finale, infatti, le sue gomme cedono di schianto, lui gira non sulle tele ma sui cerchi e Pic si riavvicina pericolosamente, tanto che sul traguardo i due saranno divisi da appena due secondi. Tiene comunque la posizione, per cui va bene così. La solita gara consistente, concreta e brillante. Peccato non venga inquadrato quasi mai. Ma chi deve tenerlo d’occhio lo sta già facendo, fidatevi. E non parliamo di noi, beninteso. Sorvegliato.

Max Chilton: 6 – Anche per lui valgono più o meno le stesse considerazioni fatte per Van Der Garde. Ovvero che in squadre di terza fascia la differenza tra chi guida e chi pilota si vede, eccome. L’impegno -va detto- non manca, da parte dell’inglese. Che il dignitoso compitino lo fa, senza far danni, stando attento alle bandiere blu e incamerando km e esperienza. Ci pare anche di intravedere sprazzi di progresso e crescita, tra l’altro. Ed è per questo che, nonostante chiuda penultimo a più di trenta secondi da Bianchi, la sufficienza gliela concediamo. Perché, in punta di piedi, sta cercando di strutturarsi per garantirsi un futuro e -nel breve periodo- cercare di avvicinare le prestazioni del talento che vive nella stanza a fianco alla sua. In bocca al lupo!

Manuel Codignoni
www.passionea300allora.it

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9 Commenti su “Pagelle del Gran Premio della Cina 2013”
luciano dice:

secondo me perez sta dimostrnado i suoi limiti in un top team, certo la vettura non è delle migliori, ma non è pronto… e di questo ne ero convinto gia lo scorso anno… stesso discorso per grosjean, o va forte, o sta attento a non fare danni.. se fossi in una scuderia che punta al titolo avrei evitato questi 2 piloti… devono fare ancora un po di gavetta, di certo sono veloci, ma per ora sarebbe meglio farli correre con la mente libera dalla pressione di un top team…

R.Savoca dice:

“Fernando è una gara impeccabile sin dal via, dove si incolla a Hamilton, lo passa ai box”
Il sorpasso non è avvenuto ai box.

Alessandro Secchi dice:

Corretto 🙂
Aveva saltato un “davanti” 😛

Ayrton4ever dice:

Pagelle di Manuel perfette come sempre!

Dariok dice:

ecco il video
http://www.snotr.com/video/2101/Kankkunen_humiliates_interviewer
grandioso! una risposta che mi aspetterei anche da un Kimi

djbill dice:
Dariok dice:

What a kind of tyres?
Juha kankkunen: black round Pirelli

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