Pagelle del GP della Cina 2015

F1Le Pagelle
Tempo di lettura: 15 minuti
di shalafi81
14 Aprile 2015 - 09:30
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Colpo grosso a Chinatown, o meglio a Shanghai. La Mercedes torna grande, ammesso che abbia smesso di esserlo, e domina il Gran Premio Cinese. Ma le Ferrari sono subito dietro, con Vettel e Raikkonen, confermandosi così seconda forza del mondiale. Verstappen dà spettacolo, le McLaren continuano a deludere. Buona lettura!

Lewis Hamilton: 10 – Semplicemente impressionante il vantaggio che ha nel piede destro, soprattutto in gara. Se cercava conferme dopo il GP della Malesia, ne trova eccome. In qualifica pecca un po’ di presunzione rischiando di perdere la pole, ma in gara resetta il cervello e controlla la corsa dal primo all’ultimo metro, con una maturità e una freddezza sorprendente. Quello che fa gli viene naturale, tanto che -salvo in un paio di momenti- non ha nemmeno bisogno di spingere al massimo per gestire la situazione. Salvo poi risultare devastante quando gli chiedono di spingere di più, abbassando i tempi di un secondo. Così facendo rischia di far diventar matto Rosberg, ma -come ha argutamente sottolineato a fine gara- non è un problema suo. Impressionante.

Nico Rosberg: 6 – Da qualche parte chi vi scrive ha letto che il rischio per Nico è quello di passare da Rosberg a Ros-Berger. A parte che gli auguriamo di divertirsi, fuori dall’abitacolo, quanto e più del buon Gerhard dei tempi d’oro, mai frase -sempre a parer nostro- fu più azzeccata. Perché in questo momento Lewis ne ha di più, è indubbio. Nico se ne rende conto, non corre sereno, e così facendo si infila in un circolo vizioso fatto di polemiche sterili -come quella contro il compagno- e seghe mentali che peggiorano ancora la situazione. Non vorremmo che si fosse infilato in un’altra sindrome, quella di Mark Webber: anche l’australiano la sua occasione l’aveva avuta, nel 2010, gli sfuggì, e da allora dovette accontentarsi di partecipare alle feste Red Bull solo da comprimario. Deve cercare subito di invertire la tendenza. Il voto molto basso è per dargli la scossa. Arrabbiato.

Daniel Ricciardo: 6 – L’anno scorso si divertiva a far diventar matto Vettel, a giocare con Rosberg, a infilare Hamilton con la sua famosa mossa “finto a destra, vado a sinistra e rido mentre ti frego”. Quest’anno, temibile legge del contrappasso, tocca a lui diventar matto, ma dietro Ericsson, mica Lauda o Piquet. Com’è dura, la vita, in F1, quando cambia il vento. Certo, paga principalmente le conseguenze di uno start disastroso, quando gli entra l’antistallo, neanche colpa sua, e si pianta completamente, ma non corre con la serenità dell’anno scorso -e questo è anche comprensibile- e compie tanti errori. Ci mette l’anima, sul serio, si vede, ma la Red Bull non va neanche a spingerla, in rettilineo, e pure telaisticamente non pare ‘sta gran meraviglia. E’ generoso, questo gli va riconosciuto, la voglia di lottare non manca. Ma insolitamente poco lucido, sbaglia troppo. Ci aspettiamo di più, non a livello di risultati ma di efficienza. Agitato.

Daniil Kvyat: 5 – Prima sbaglia la qualifica, dove manca l’accesso alla Q3. Poi al via si tocca con Sainz. Quindi resiste, in maniera forse eccessiva, al compagno di squadra che ha una strategia diversa. E infine deve ritirarsi, già al 15mo giro. Di tutte le annotazioni, l’ultima è la meno negativa. Il che la dice lunga sul suo weekend, ampiamente insufficiente. Deve mettersi in testa che è bravo, ma esser bravi non basta, in F1, bisogna anche lavorare, e lavorar tanto. Anche perché in squadra cominciano già a sentirsi dei timidi mugugni. Pigro#1.

Valtteri Bottas: 5 – Dite quello che volete, pensatela come meglio credete, ma il dato di fatto è che il fenomeno dell’anno scorso, quello che dipingevano -e dipingevamo- come la stella del futuro, le prende sia in prova che in gara da Felipe Massa. Anche qui, come per Ricciardo, da Massa, con tutto il rispetto, mica da Prost. Un po’ poco, insomma. La Williams non è quella dell’anno scorso, in gara è inferiore alle Ferrari. E se tu, pur partendogli davanti, ti fai fregare al primo giro dall’unica rossa che avevi tenuto dietro in prova, allora risulta difficile, tutto sommato, darti la sufficienza. Corre praticamente da solo per tutta la gara, fino a quando la Safety Car non lo riavvicina al compagno di squadra. Ecco, appunto. La pagnotta bisogna portarla a casa anche in condizioni difficili, non solo quando tutto va bene. Pigro#2.

Felipe Massa: 7 – Lui invece il suo lo fa, tanto che davvero non abbiamo nulla da rimproverargli. Più veloce di Valtteri in prova e in gara, l’unico rammarico è l’occasione persa in partenza, quando anche lui si fa impallinare dal finlandese, quello più vecchio, dopo uno spunto non esattamente eccellente. Ma il valore della Williams è questo, oggi, terza forza del mondiale. E in una gara dall’andamento lineare come quella cinese, non c’è trippa per gatti. Difficile fare di più, ancor più difficile rimproverargli qualcosa, in questo senso. Quinto, davanti a Bottas. Lo davano per finito tre anni fa, ha ancora qualcosa da dire, evidentemente. O no? Coriaceo..

Sebastian Vettel: 9 – Un lottatore, un uomo squadra. Non perfetto, stavolta, come a Sepang, ma sarebbe davvero cambiato poco, ai fini del risultato finale. Ha il grandissimo pregio di crederci sempre, e così facendo di tenere sotto pressione in maniera costante le Mercedes, soprattutto quella guidata da un biondino con la faccia altezzosa e dal temperamento che andando avanti si fa sempre più simile a quello del papà. Gioca il tutto per tutto con una strategia aggressiva, che anticipa i pit stop per star più vicino possibile a Rosberg. E così facendo a fine corsa è più lento di Raikkonen, che stava andando a riprenderlo. Certo, poi passarlo era tutta un’altra cosa. Ma il podio, ad ogni modo, lo conquista lui, il terzo di fila – su tre gare. Alzi la mano chi l’avrebbe pronosticato solo tre mesi fa. Conquistatore.

Kimi Raikkonen: 9 – Abbiamo un debole, per questo vecchio alcolizzato finlandese, lo avrete capito. Il perché è semplice. Perché in un mondo come quello della F1, di perfettini-pulitini-precisini-ringrazioilteam-vivalosponsor-lamammaèsemprelamamma, e dove i presunti ribelli sono in realtà più falsi di una banconota da 23 euro, lui rappresenta l’uomo medio. Quello che se non ha voglia di parlare ti manda a cagare, quello che ti risponde a monosillabi se ha le palle girate, quello che se fa una cazzata non ti dice «non abbiamo tirato fuori il massimo dal potenziale della vettura» bensì «ho fatto un giro di merda». Uno genuino, insomma. Che quando poi si ricorda di essere un gran pilota è ancora in grado, a 36 anni, di farti stropicciare gli occhi. Canna la qualifica con il sopracitato «giro di merda» [l’ha detto lui, eh…], ma al via in meno di un km passa entrambe le Williams spiegando a tutti, giovani e vecchi, COME si fa un primo giro. Quindi tesse la sua tela con calma fino ad arrivare ad essere il più veloce in pista a fine corsa, quando stava andando a prendere Vettel. Non lo avrebbe passato, certo. Forse. Ma chissà. Non avrà più lo spunto velocistico dei giorni migliori [questione anche di chili di troppo, magari… avete notato che questo qui è l’unico che negli anni di F1 è ingrassato, come una persona normale?] ma sa ancora come si corre e come si tira fuori il massimo da una vettura. Chiedete all’ingegnere di Vettel, che dopo aver fatto copia/incolla del suo assetto tra venerdì e sabato ha scoperto che si guadagnava quasi mezzo secondo. E può solo andar meglio, da ora in poi. A Spa questo qui potrebbe anche vincere. Genio.

Fernando Alonso: 7 – La scena più bella a tre quarti di gara, quando Kimi -che lo sta per doppiare- se ne esce con un «toglietemi ‘sta McLaren da davanti, please». Certe soddisfazioni -anche alla luce di certi trascorsi- non hanno prezzo, per il finlandese. Il tutto mentre lo spagnolo cerca invece a tutti i costi di tenere il passo, tirando il collo alla sua McLaren per non farsi vedere sofferente, come un pugile che maschera i dolori dei colpi subiti per non ringalluzzire l’avversario, “Non fa male! NON FA MALE!”. Nando passa un altro weekend difficile soprattutto fuori dalle piste, la polemica con la Saluzzi, con Sky, di certo non contribuisce a farlo correre sereno. Ma è il minore dei problemi, dalle parti di Woking. L’unica sfida degna di nota, in queste condizioni, è quella con il compagno di squadra. Questo il team lo sa, tanto che per farli divertire mette i due piloti su strategie differenti. Poi JB gioca all’autoscontro con Maldonado e non sapremo mai come sarebbe finita. Ma la sua gara è solida, priva di sbavature. Certo, chissà cos’avrà pensato durante quel doppiaggio… Suonato.

Jenson Button: 5 – In un’amabile chiacchierata con gli altri gestori di questo sito, commentavamo il suo star davanti ad Alonso in qualifica con l’hashtag #paracarromaconstile. Questo per dare a Cesare, una volta di più, quel che è di Cesare. Ma avere stile vuol dire anche e soprattutto, in questo caso, ingarellarsi in un duello all’ultimo sangue con un collega notorialmente flemmatico e dal sangue freddo come Maldonado. Pastor ci prova, una, due, tre volte, poi passa, JB risponde, il venezuelano ripassa e a quel punto Jenson decide che ne ha abbastanza e lo sperona senza tanti complimenti. Eccheppalle, sembra dire, è una vita che faccio il Lord, fate divertire anche me. Un genio assoluto. Un paladino dello stile. L’unico sussulto di vita di una McLaren piatta come la Depressione Caspica. Peccato solo doverlo bocciare. Ma ha tutta la nostra stima, comprensione, empatia. Sbracato.

Nico Hülkenberg: sv – Stava facendo una bella gara, era davanti a Perez e poteva ragionevolmente puntare a un piazzamento in zona punti. Questo però prima che il cambio, al giro numero 10, lo piantasse in asso costringendolo al ritiro. Sfortunato.

Sergio Pérez: 6,5 – Gli concediamo la sufficienza per il furore che mostra ogni volta che qualcuno si trova a passare dalle sue parti. Un indomito guerriero del 21esimo secolo, un Samurai senza paura, contro tutto, tutti, di tutto, di più, come la Rai. All’inizio la sua Force India si mangia le gomme come un tirannosauro a digiuno da mesi alle prese con un branco di vacche inermi, tanto che lo passano in tanti e il team decide di cambiargli strategia aggiungendo un pit stop. Questo però richiede una condotta aggressiva, e lui chiaramente non si fa pregare. Fa un po’ impressione, a onor del vero, vederlo sverniciare in rettilineo le due McLaren in sequenza, come se fossero macchine di un’altra categoria. Tanto che JB non ha nemmeno il tempo di accorgersi che sì, era Checo quel missile che gli è passato a fianco a velocità doppia. Deve poi cedere a Verstappen, mette nel mirino Ericsson ma non riesce a prenderlo e così deve accontentarsi dell’11mo posto, appena a ridosso della zona punti. Sempre un po’ oltre le righe, ma senza casini, stavolta. Graziato.

Max Verstappen: 9 – La coppia Vanzini-Alesi continua a chiamarlo “Il Minorenne”, neanche avesse deciso di improvvisare un ménage a trois con Max, con evidenti ripercussioni sulla fedina penale di entrambi. La semplice idea sconvolgerebbe chiunque, figuriamoci un giovane virgulto alle prese con la prima stagione nel circo che conta, ma lui se ne frega ampiamente. Della patente -che in Italia non avrebbe- della giovane età -che non dimostra- della scuola -che ha lasciato- e soprattutto di tutti coloro che si trova attorno. Si inventa un paio di sorpassi da U-R-L-O, soprattutto quelli ai danni di Ericsson e Perez, quest’ultimo notoriamente tranquillo e remissivo. Certo, sottolinea sempre il buon Jean Alesi, «se quello davanti fa lo stronzo [letterale]…», ma chissene, in fondo lo spettacolo è quello che vogliamo, no? Ha preso dal padre la velocità e la grinta, ha lasciato a Jos the Boss la propensione all’errore e a spegnere il cervello in certi momenti. Per certi versi è l’eroe di giornata, nonostante il ritiro [e nonostante i commissari cinesi cerchino in tutti i modi di distruggergli la monoposto nel tentativo di improvvisare una manovra tanto elementare per chiunque quanto evidentemente astrolunare per certuni… eppure non sembrava così complicato infilare la macchina in quello spazio senza dover arrivare a togliere il musetto rischiando nel contempo di mandarla a fuoco]. Sentiremo ancora molto parlare di lui. Eroico.

Carlos Sainz jr: 5 – Lui invece non ne azzecca una. Al pari del compagno non brilla in qualifica. Poi, per non farsi mancare niente, prima si tocca al via con Kvyat, poi finisce in testacoda in splendida solitudine quindi inchioda la macchina in folle per un km, perdendo ulteriormente tempo. Senza questi problemi, dice, sarei potuto arrivare nella top ten. Non fa una piega. Resta il fatto che in tutto il weekend non ci ha capito granché, e a differenza del compagno di squadra non ha fatto il salto di qualità fra sabato e domenica. Ci sta, per carità. E’ pur sempre un rookie. Andrà meglio in Bahrain. Confuso.

Romain Grosjean: 7,5 – Strana la vita. Una volta ti davano del pazzo, lo “scemo della prima curva”, per citare Mark Webber, ti sei beccato addirittura un Gran Premio di squalifica e sei finito in analisi per venirne fuori. Ora che ce l’hai fatta, che ti stai dimostrando un manico eccellente e completo, ti ritrovi a lottare con una macchina bizzosa e con un motore che -strano a dirsi- va a meraviglia ovunque tranne che sulla Lotus. Ma fa lo stesso, testa bassa e pedalare, filosofia più tedesca che svizzero-francese, come Romain. Testa bassa, lavorare e lottare per tirare il meglio fuori dalla macchina. E che meglio: zitto zitto, mai inquadrato, porta a casa i primi punti, pesanti, della stagione, con un settimo posto tutto sostanza e niente fronzoli. Cresciuto.

Pastor Maldonado: 5 – Chissà cosa gli ha fatto, a Jean Alesi. Ogni volta che la regia lo inquadra, il buon Jean inizia a sparare bordate contro di lui, a partire da «ecco, arriva la Maldonadada [interessante neologismo]» a «ecco, il solito Pastor» fino a «bel sorpasso, Verstappen, ma se ci fosse stato Maldonado ci sarebbe stato l’incidente». Gli avrà insidiato la sorella, chissà. Inquietante. Detto questo, il venezuelano non fa nulla per non meritarsi le frecciatine. Prima sbaglia l’ingresso box finendo quasi addosso a una postazione dei commissari e poi, poco dopo, si gira in splendida solitudine. Ma riscatta tutti i suoi peccati quando Button, dopo una splendida -e fin lì correttissima- lotta, gli va addosso e lo spedisce in testacoda. Pensateci: il pilota più falloso che si fa buttar fuori da quello più corretto. Un capolavoro, una sublimazione del concetto di paradosso, un incidente che filosoficamente apre nuovi scenari della metafisica più spietatamente anticonvenzionale. Altro che “ecco, il solito Maldonado”. Qui si va oltre, signore e signori. Verso l’infinito. E ancora. E il ritiro per problemi ai freni non scalfisce quanto scolpito nell’asfalto cinese. Venite, Signori! Venite! Se ne parlerà per secoli. Empireo.

Marcus Ericsson: 6,5 – Dimostra un insolito sangue freddo nel lasciare a Verstappen lo spazio sufficiente per passare quando l’olandese lo infila al tornantino dopo il rettilineo infinito. Ne dimostra ancora di più quando resiste indomitamente al ritorno di Ricciardo, che deve sudare non sette ma settanta camicie per passarlo. Più in generale, pare più lucido del solito, meno impreciso e più concreto. Ma probabilmente anche più lento. Infatti Nasr lo tiene dietro per praticamente tutta la gara, e lo precederà di due posizioni. C’entrano molto anche i tanti duelli in cui lo svedese è rimasto impelagato, come già raccontato. Ma più indietro sei, più è probabile la bagarre. Ad ogni modo, porta a casa un punto. E non fa danni, per una volta. Quasi una novità. Minimalista.

Felipe Nasr: 7,5 – Dalle stelle di Melbourne alle stalle di Sepang all’onorevolissimo ottavo posto di Shanghai. Riprende la marcia, Nasr, che dimostra di aver già capito quando è il caso di usare la sciabola e quando il fioretto, quando cioè è il caso di attaccare a spada tratta e quando invece è meglio tirarsi indietro in attesa di momenti migliori. Gara di grande saggezza tattica: quando arriva Verstappen, capisce che non è il caso di erigere barricate per tenere la posizione, ma quando è il caso di mordere l’osso per non perdere tempo inutile, come nel finale con Perez, allora affonda i colpi con precisione chirurgica. Porta a casa un ottavo posto che muove la classifica e gli fa allungare ancora nei confronti del compagno di squadra, peraltro ben più esperto. Raikkonen, che ha investito nella sua carriera, ha messo a segno un altro bel colpo, a Shanghai. Intelligente/i.

Will Stevens: 7 – Che dire, correre è un’altra cosa, lo sappiamo benissimo tutti. Così come sappiamo che -incredibile- probabilmente rimpiange addirittura la Caterham con cui ha corso l’anno scorso a fine stagione, roba da matti. Eppure è così. Ma visto che la pagnotta bisogna comunque portarla a casa, lui fa il compitino nel migliore dei modi, girando sì a 4″ dai primi ma con dignità, precisione e correttezza, senza ostacolare nessuno in fase di doppiaggio e anzi guardando più negli specchietti che davanti. E chiudendo davanti al compagno di squadra, per giunta. Quasi ingiudicabile, indiscutibilmente un modello da imitare. Professionista.

Roberto Merhi: 6 – Valgono più o meno le stesse considerazioni fatte per Stevens, con l’aggiunta che, nonostante una partenza migliore, finirà comunque dietro a Will. Ma è una lotta non solo tra poveri, ma diciamo proprio fra nullatenenti. Tagliare il traguardo in queste condizioni è una vittoria. Farlo con entrambe le macchine, senza danni, e senza aver ostacolato nessuno nonostante i tantissimi doppiaggi subiti, in certe situazioni -come questa- è la massima soddisfazione che ci si può augurare. Missione compiuta, bene, bravo e [purtroppo] bis, fra sette giorni. Considerato che non si sapeva neanche se la Manor sarebbe mai scesa in pista… Miracolato!

Manuel Codignoni
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