Pagelle del GP d’Australia 2015

F1Le Pagelle
Tempo di lettura: 13 minuti
di shalafi81
17 Marzo 2015 - 10:30
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Come nel Gattopardo, cambiamo tutto purché nulla cambi. Quando la parola passa alla pista, ecco che d’improvviso tutto torna come prima. Mercedes stellare, doppietta argentata e via discorrendo. Ma dietro la tradizione arriva la novità: una Ferrari rinvigorita, tanti giovani, poche macchine. Futuro strano, per questa Formula 1. Si cambi tutto, purché nulla cambi. Buona lettura. E, perché nessuno se lo dimentichi, #ForzaJules.

Lewis Hamilton: 10 – Fa la pole. Scatta in testa. Conduce. Vince. Convince. Se vuole eguagliare il suo idolo Ayrton Senna, conquistando il terzo titulo iridato, diciamo che ha iniziato bene. Certo, guida un’astronave, ma non è che la McLaren del 1988 o quella del 1991 [primo e terzo mondiale di Ayrton, per i più giovani] fossero dei ferri da stiro. Per cui onore al merito e avanti così. Preveniamo già le vostre obiezioni: dieci è un voto forse troppo alto: ma è la prima gara, lui errori non ne fa. Quindi fino a prova contraria perfetto. Impeccabile.

Nico Rosberg: 7 – Se il buongiorno si vede dal mattino, la sveglia che becca Nico in Australia ha una di quelle suonerie fastidiose, irritanti, di quelle che ti entrano nella testa e ti rovinano il resto della giornata. E dire che al venerdì pareva parecchio a suo agio, tra i muretti australiani. E invece il suo teammate lo svernicia al sabato, inventandosi un paio di giri da urlo, e in gara lo tiene a debita distanza controllandolo senza patemi. Sa che dovrà dare il 120% per stare davanti a LH. Logico che non dorma sonni tranquilli, sveglie o no. Che il compagno di squadra sia il primo avversario è cosa risaputa. Se poi guidi la miglior vettura del lotto, non è un pungolo, ma una condanna. Stralunato.

Daniel Ricciardo: 7,5 – Dura la vita da caposquadra. Quando sei l’ultimo arrivato e nessuno ti prende troppo sul serio, quantomeno all’inizio, è una vera pacchia, se ci sai fare puoi toglierti le tue belle soddisfazioni anche solo guardando le facce degli altri. Se invece sei atteso alla conferma, tutto diventa più complicato. Soprattutto se il percorso, quantomeno a Melbourne, è a ostacoli e una serie di problemi ti impedisce di girare con regolarità nelle libere. Il capolavoro vero lo fa in qualifica, Daniel. Poi però in gara non riesce ad avere la meglio su Nasr [!!!] e deve accontentarsi del sesto posto, pur con qualcosa in più sulla vettura. Difficile però imputargli qualcosa, anzi. La sua Red Bull avrebbe bisogno di qualche cavallo in più, in grado di [ri]metterle le ali. Ma lui c’entra poco. E il suo lo fa, al solito. Coriaceo.

Daniil Kvyat: 6 – A rigor di logica sarebbe da senza voto, non avendo nemmeno preso il via. A voler esser proprio fiscali, potrebbe pure meritarsi la bocciatura, avendo faticato non poco a tenere il passo di Ricciardo in qualifica. Ma noi scegliamo di dargli comunque la sufficienza di stima. Soprattutto per come risponde a Mara Sangiorgio subito dopo la rottura del cambio nel giro di formazione. MS: «Sei abbattuto?» DK: «Io non mi abbatto mai». Certe cose, al tuo debutto in Red Bull, puoi permettertele solo a vent’anni. Spaccone.

Valtteri Bottas: 8 – Sei al via della stagione della riconferma. Le premesse sono ottime, la macchina va che è un piacere, rischi di giocarti il podio. Avresti tutti i motivi per sorridere. E invece -per la prima volta in vita tua- becchi un mal di schiena feroce, così forte che non riesci quasi a stare in macchina. Nonostante tutto tieni Botta[s] al tuo compagno di squadra e strappi il sesto posto in qualifica. Poi però il mal di schiena peggiora ancora. E non ti fanno nemmeno correre. Meriterebbe il 10 solo per l’aplomb con cui la prende. A rigor di logica anche lui sarebbe da senza voto. Ma lo premiamo per lo stoicismo mostrato in qualifica. I finlandesi sono così, anche col colpo della strega. Ironman.

Felipe Massa: 7 – Non impeccabile in qualifica, dove comunque strappa il terzo tempo, un po’ sfortunato in gara, dove manca il podio per [a suo dire] il tempo perso dietro a Ricciardo dopo il suo pit stop. Bene ma non benissimo, insomma. Lui fa buon viso a cattivo gioco spiegando che sì, il podio era a portata di mano ma che tutto sommato va bene così, che raccogliere parecchi punti era l’obiettivo della squadra e che sì, in questo senso, c’è di che stare allegri. Con una Ferrari così in ripresa, però, serve di più. Lui lo sa benissimo. Per cui il muso lungo a fine gara, dissimulato con abilità tutta brasileira, ci stava eccome. Forse avere un motore Mercedes non basta più, per garantirsi un podio. Preoccupato.

Sebastian Vettel: 9 – Liberi di pensare tutto quel che volete, di dare le valutazioni che preferite, di stabilire i rapporti causa-effetto che ritenete più corretti. Ma l’aria in Ferrari è cambiata. Non può esser solo merito di questo ragazzo tedesco, dalla faccia timida e dal pedigree pesante, ma non può nemmeno esserne estraneo del tutto. Gara più che mai intelligente, quella di Seb, in tante sfaccettature. Quando al via chiude con decisione Raikkonen, partito meglio di lui, perché sa che farlo passare avrebbe significato aver vita durissima. Quando gestisce al meglio le gomme dietro Massa per mantenersi quel quid in più che gli permette di saltarlo dopo la sosta. E quando, a fine gara, usa quelle quattro parole in italiano per esprimere la sua gioia e umanizzarsi. Se è davvero un uomo squadra sarà il tempo, a dirlo. Per ora non sta sbagliando una mossa. Benvenuto.

Kimi Raikkonen: 8,5 – Come on guys, forza ragazzi, ci sono anch’io. Questo è il Kimi che ci piace. Quello che alla McLaren faceva sfracelli. Quello che a Maranello ha regalato l’ultimo mondiale in bacheca. Quello che in Lotus chiedeva di esser lasciato solo, perché sapeva quel che stava facendo. Il Kimi originale, insomma, non la brutta copia dell’anno scorso, annacquata [termine quantomai appropriato per il biondino di Espoo]. Non è contento di come guida al venerdì, ma sabato fa quasi lo stesso tempo di Vettel. E al via lo insidia, prima che Sainz gli vada addosso facendogli entrare anche l’antistallo. Due pit stop disgraziati, di cui uno che lo costringe al ritiro, non cancellano il ritmo mostrato, la ritrovata precisione di guida e la determinazione. Melbourne è circuito atipico, certo, qui -per dire- l’anno scorso Magnussen arrivò secondo e poi sparì. Ma, forse, la Ferrari è tornata ad avere due piloti. E che Piloti. Bentornato..

Kevin Magnussen: 5 – Parliamone. La seconda McLaren è più recalcitrante di un somaro di montagna. Prima mette fuori causa Alonso, poi fa fuori -metaforicamente- anche il buon Kevin. Facendogli però credere fino alla fine di potercela fare, quantomeno a partire. E invece no. Certo, tale padre tale figlio: se papà Jan non era esattamente un tranquillone, anche il figlio ci prova, a farsi rispettare, con la monoposto. Il crash nelle libere pare uscito direttamente da Teorema, di Marco Ferradini «Prendi una macchina, trattala male, e allora sì vedrai che t’amerà». Niente da fare, sedotto e abbandonato. Chissà se usando le buone sarebbe stata un’altra storia. Per intanto, pur al netto della poca esperienza, il sostituto di Alonso alla sufficienza non ci arriva. Chi alza le mani su una donna -pardon, su una monoposto- ha sempre torto. Prepotente.

Jenson Button: 8 – «We’d not completed more than 12 laps without a problem before this weekend so it’s a massive step forward». Per chi non capisce l’inglese, più o meno il mantra di JB suona come «Non avevamo mai fatto più di dodici giri senza problemi, quindi aver finito la gara è un grosso passo in avanti». Lo spirito c’è, dunque. Ma su questo non c’erano dubbi. Su tutto il resto forse meglio tacere. In Australia ci vanno in 20, si qualificano in 18, partono in 15, arrivano in 11. E lui finisce fuori dai punti. Doppia T Terremoto Tragedia, per dirla alla Abatantuono. Detto questo, non c’è McLaren-Honda che tenga: quando arriva Perez, anche con un triciclo lui non lo lascerà MAI passare senza combattere. Anche contro ogni logica. Certe ruggini son dure a morire. Applausi. Se mettete Checo in pole position, questo qui andrà a vincere la gara. Irriducibile.

Nico Hülkenberg: 8 – Ci sono momenti, nella vita, in cui capisci che non puoi sbagliare, che sta passando un treno che difficilmente ripasserà. E quel treno va preso, costi quel che costi. Mancano test, la Force India è stata assemblata all’ultimo, mancano km, mancano certezze. Ma è nei primi Gran Premi che certe squadre, sfruttando i problemi di gioventù degli altri, spesso salvano le stagioni. Una volta era una specialità della Sauber, parliamo di dieci-quindici anni fa. Nico allora era un ragazzino, ma è un tipo sveglio, che fiuta le occasioni. E allora dà tutto, a Melbourne, massimizza il potenziale della vettura grazie ad una aggressiva strategia a due soste e alla fine porta a casa un settimo posto vitale per il team. Quel treno lo prende, insomma. Che è poi quello che la squadra si aspetta da lui. Opportunista.

Sergio Pérez: 5 – In realtà la squadra se la aspetterebbe anche da lui, la capacità di approfittare di queste gare un po’ caotiche. Ma si sa, in certe situazioni Checo il cervello lo spegne, o quantomeno lo mette in standby, e quella saggezza evapora. Nell’elenco, di queste circostanze, al capitolo 1 c’è un inglese dal portamento elegante, rossiccio di capelli, che qualche anno fa vinse anche un mondiale. Per carità, guida una McLaren, quindi in teoria gli gravita lontano. Ma quando accade l’irreparabile, ovvero il sorpasso a Ericsson sotto Safety Car che gli costa due posizioni, tra cui proprio quella su JB, ecco il patatrac. Il neurone salta, la lucidità svanisce, duello rusticano, con tanto di contatto. Ci mette 42 giri a passarlo. Arriverà decimo, ben lontano da Nico. Un punto è meglio di niente, certo. Ma la maturità è un’altra cosa. Iroso.

Max Verstappen: 7 – Considerato che in Italia alla sua età non gli darebbero neanche la patente, e considerato che sempre alla sua età suo papà si era già conquistato il soprannome di Versbatten, diciamo che il figlio di Jos the Boss esce più che bene dal suo esordio in F1. Patisce un po’ il compagno di squadra, ma più che altro per via di un errore in qualifica che lo fa partire più indietro rispetto allo spagnolo. Si disimpegna bene, tra i muretti di Melbourne, senza timore, senza sbavature o imprecisioni. Peccato per il guasto che lo costringe al ritiro. Ma per quanto visto in Australia, il posto in Formula 1 lo merita, a dispetto di tutte le perplessità della vigilia. Saggio.

Carlos Sainz jr: 8 – Si gioca tutto al via, bontà sua, con l’incoscienza tipica dei suoi vent’anni. A vent’anni si è stupidi davvero, cantava Guccini. Ma a vent’anni si può anche stupire, ci si può anche infilare più o meno a sportellate a fianco di Raikkonen e uscire dalla prima curva al quinto posto. Certo, gli va benissimo [anche se poi innesca la carambola che fa fuori Maldonado], ma quei primi giri sono davvero shiny, come dicono gli inglesi, splendenti. Poi, quello che la sorte gli regala alla prima curva se lo riprende al pit stop, che si trasforma in un tagliando. Ma fa lo stesso: nono posto -poteva essere un settimo- e primi punti in Formula 1. Mica male, come esordio. Papà Carlos sarà contento. Sgusciante.

Romain Grosjean: sv – L’anno scorso con il motore Renault la Lotus non andava neanche a spingerla. Cosa facciamo? Prendiamo il migliore, il Mercedes. E cosa ti fa il Mercedes? Inizia a rompersi nel giro di formazione e ti pianta in asso dopo un paio di giri. Pare che un gatto nero, indeciso se attraversare o meno la strada a Romain mentre rientrava in hotel, si sia voltato e si sia diretto nella direzione opposta. Fortunato.

Pastor Maldonado: sv – Ecco, il solito Maldonado, prima gara e prima macchina distrutta alla prima curva. Lo abbiamo pensato tutti, in diretta, non nascondiamoci dietro a un dito. Ma stavolta il buon Pastor non c’entra nulla. Rimbalza come una pallina da flipper nella carambola innescata da Sainz e finisce a muro prima ancora di rendersi conto di cosa è successo. Peccato, qualche punto poteva portarlo a casa. Ma forse è la legge del contrappasso. Punito.

Marcus Ericsson: 4,5 – Debutta l’anno scorso in Caterham, senza peraltro distinguersi particolarmente per capacità o talento. La Caterham fallisce. Si accasa in Sauber. Che, nonostante la sequela di improbabili eventi di questo prestagione bizzarro, mette assieme pure una macchina che funziona bene. Ma lui non tradisce, è la solita garanzia. Prende paga da Nasr -esordiente, ricordiamolo- sia in qualifica che in gara. Chiude ottavo, più che altro per l’inconveniente avuto da Sainz. Primi punti in Formula 1. Ma l’impressione è che in Caterham i problemi non fossero solo di macchina, ma -per citare il papà di questo sito- anche un po’ fra il sedile, il volante e i pedali. Rimandato

Felipe Nasr: 10 – Forse il migliore, a Melbourne. Impressionante per freddezza, velocità, abilità, ma soprattutto tranquillità nel confrontarsi con una categoria nuova, un mondo sconosciuto e avversari finora visti solo in tivù. RIschia al via, quando un urto gli fa temere che la sospensione sia andata. Ma invece nessun danno, e da lì via pedalare fino ad un quinto posto che ha del miracoloso, sia per lui che per la Sauber, ossigeno puro dopo un weekend grottesco come quello vissuto dalla squadra di Hinwil. Un esordio che ricorda quello di Magnussen l’anno scorso con la McLaren, come qualità di guida. Fra quindici giorni, su una pista più tradizionale, sarà dura ripetersi. Ma se le basi son queste… Cristallino.

Will Stevens: sv – Quando esordì in F1, Alonso se lo trovò a fianco e chiese via radio chi accidenti fosse. Beh, volendo fare una battutaccia, a Melbourne Will c’è andato, e Fernando no. Ma visto che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, come ampiamente previsto la pista l’ha vista solo a piedi. E il futuro è un punto interrogativo grosso quanto il buco nel budget della Manor. Vedremo più avanti. Chissà.

Roberto Mehri: sv – Lui invece su una Formula 1 in gara non c’è mai salito. E chissà se ci salirà mai. Per intanto a Melbourne c’è arrivato. Speriamo si sia goduto la città. E magari abbia programmato anche un tour un po’ più vasto. L’Australia è un paese meraviglioso. Anche senza correrci, valeva comunque la pena andare. Turista.

Manuel Codignoni
www.passionea300allora.it

Piccola postilla del pagellista. Chi va piano va sano e va lontano. Magari non come la McLaren-Honda, direte voi. Eccerto, conferma il pagellista. Ma, come cantava Vasco, noi siamo ancora qua. Eh già. Per tediarvi per un altro anno. Con l’augurio [o meglio la promessa] di accompagnarvi per tutta la stagione, se vorrete. Senza nessuna pretesa di oggettività, al solito. Ma con tanta voglia di parlare, discutere, incazzarsi, per quello che resta ancora, nonostante cerchino in tutti i modi di farcelo dimenticare, il nostro sport preferito. Buon 2015. E, ancora, #ForzaJules. Non vi stancate. Non ve lo dimenticate.

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3 Commenti su “Pagelle del GP d’Australia 2015”
juri dice:

Grande belle pagelle avrei dato qualcosa in meno a massa ma sai bene che è una cosa personale a presto

Maria dice:

Non concordo col voto a Magnussen ed a Ericsson a cui avrei dato almeno 6,5 – per il resto mi vanno bene.

djbill dice:

Il 2015 parte bene. Sono tornature pure LE pagelle 🙂

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