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Tempo di lettura: 4 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
28 Marzo 2018 - 22:35
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No, non mi sono dimenticato il titolo. Quello però di pubblicare tutti i nostri articoli con questa dicitura, invece che con il titolo vero, è un’idea valutata nelle scorse settimane.

Il fenomeno del “leggo solo il titolo, tanto capisco tutto” vive una crescita direttamente proporzionale alla totale incomprensibilità dell’azione, che costituisce non solo un danno per chi l’articolo lo scrive ma anche e, soprattutto, per chi (non) lo legge.

Viviamo nell’era del tutto e subito. Non abbiamo il tempo, o almeno pensiamo di non averlo, per approfondire, informarci, fermarci due secondi a riflettere su quello che ci viene proposto. Accogliamo nella nostra mente sempre più superficialità senza nemmeno chiederci se vogliamo fare un passo in più. Soprattutto, veniamo bombardati da una mole tale di informazioni, tweet, post su ogni social, che continuiamo a leggerli senza capirli veramente.

I siti web vivono un brutto periodo. La gente non commenta più perché ha trasferito improperi e considerazioni su Facebook, dove la catfight tra persone che non si conoscono e passano il loro tempo ad insultarsi è ormai prassi quotidiana, quasi live. Non esistono più le Community, quei gruppi di utenti specializzati che condividevano lo stesso hobby su un sito specifico. Quelli su Facebook, per quanto abbiano la stessa intenzione, per quanto mi riguarda non sono la stessa cosa. Ma forse il problema è più mio, che ho vissuto ere di Forum che preferivo di gran lunga all’attuale idea di comunità online, mirata unicamente a far numero senza un vero interesse.

La fretta di passare da una notizia all’altra, da un post ad un altro, è tale che negli ultimi tempi è nata una forma di coscienza secondo cui è sufficiente leggere il titolo di un articolo per capirlo, commentarlo ed insultare chi non la pensa allo stesso modo senza troppi complimenti. Ci si difende dietro al diritto alla critica, ma la critica non è insultare avendo o meno letto un contenuto, bensì la capacità di spiegare perché non si è d’accordo con la stessa diplomazia con la quale un’opinione che non riteniamo giusta ci viene presentata. Il resto è trollaggio, per usare il gergo del web.

Quella del leggere solo i titoli è abitudine che mette in luce il menefreghismo di chi valuta il contenitore e non il contenuto, ritenendo sufficiente una riga stringata rispetto a dieci, cinquanta, cento. Come se autori, blogger o giornalisti che siano, perdessero tempo con piacere nello scrivere e cercare di spiegarsi al meglio delle loro possibilità nei confronti di chi ha la pazienza e l’abitudine di approfondire. 

Commentare leggendo solo il titolo di un articolo è come giudicare una bevanda senza averla assaggiata, un film senza averlo visto, una persona solo dell’aspetto. È come fumarsi la sigaretta dopo un rapporto che non c’è stato. Ma soprattutto è superficiale, riconoscibile, etichettabile. Perché chi legge e passa avanti almeno decide che quell’argomento non interessa, ma chi si ferma al titolo e prova a commentare ha una percentuale di individuazione altissima. In un articolo basta una sola frase trabocchetto per far cadere in trappola chi non sa di cosa si sta parlando. E purtroppo sono in tantissimi quelli che pensano, così, di essere più furbi degli altri quando in realtà fanno più del male a loro stessi che a chi fornisce loro uno strumento di riflessione ed informazione. Bastano davvero poche parole a scovare il furbetto dell’editoriale, l’evasore letterale, il falsificatore di comprensione. E non è bello, per lui ovviamente, indipendentemente dal commento.

Evidentemente questo, a chi crea contenuti, interessa relativamente: non è certo un fenomeno del genere a convincere un sito a chiudere, anche se rimane una sensazione di impotenza di fronte ad un impegno che viene ripagato con l’ignoranza. Anche se a risentirne davvero, purtroppo, è soprattutto la qualità delle discussioni che scaturiscono da questa forma di supericialità. Decine, magari anche centinaia di commenti tra utenti che si insultano tra loro senza aver nemmeno fatto lo sforzo di leggere un pezzo prima di ritenerlo inadeguato. 

Settimana scorsa giravano stime riguardo l’analfabetismo funzionale. Ma se quello riguarda chi legge senza capire, qui siamo uno step oltre: quello del capire senza leggere. Magia.

Bene ma non benissimo. 

Se sei arrivato fin qui grazie, davvero: perché quest’articolo probabilmente non era riferito a te.

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