Non è questione di noia, ma di tre lustri di errori

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
25 Giugno 2019 - 23:02
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La noia è un concetto molto soggettivo. Quello che può annoiare me può essere qualcosa che ad altri, invece, piace. Su questo non si discute. Io mi autoflagello da anni con questa F1 ma capisco e comprendo chi, ad un certo punto, ha posto fine al suo personale accanimento terapeutico. E non sono pochi. Almeno tra i miei amici di vecchia data sono rimasto praticamente l’unico a seguirla. 

Scrivere su questo sito, averlo fatto nascere ed averlo cresciuto attorno alla F1, abbracciando poi altre categorie – scelta oculata e necessaria, a posteriori – è il motivo principale per il quale sono ancora legato ad uno sport che ha cresciuto me a sua volta, da quando ero piccolo. Si tratta di una sorta di riconoscenza. Siamo arrivati però ad un punto di non ritorno e no, non è “colpa” della Mercedes. Sarebbe troppo semplice metterla su questo piano.

La noia, come detto, è un concetto soggettivo. Se oggi, a vincere con questa facilità, fosse la Ferrari, in Italia l’entusiasmo sarebbe quello dei primi anni 2000 mentre in Inghilterra e in tanti altri posti gli ascolti sarebbero ai minimi storici. Nel nostro paese forse non si toccherebbero più le vette di 14 milioni di persone su 60 incollate allo schermo. Un po’ per il passaggio alla pay, un po’ per la disaffezione generale dei giovani verso il mondo dei motori in favore della tecnologia, un po’ per l’ampia offerta televisiva al giorno d’oggi. Eppure sono convinto che si parlerebbe eccome di una Ferrari dominatrice del mondiale. Altro che noia.

Va ammesso, per contro, che questo ciclo Mercedes è nettamente il più dominante dell’intera storia della Formula 1. Chi paragona questa era a quelle Ferrari e Red Bull è protagonista di un falso storico abbastanza clamoroso: il ciclo della Rossa, nato tra l’altro da anni di sviluppo e non da un cambio regolamentare, ha avuto “solo” due monoposto ai livelli di questa Mercedes, la F2002 e la F2004. Si potrebbe includere anche la F2001 se non fosse che in quell’anno Barrichello arrivò dietro Coulthard in classifica, entrambi doppiati da Schumi. Ed il ricordo dei mondiali vinti in estate è di facile spiegazione: al Gran Premio d’Ungheria 2001, quello del titolo ad agosto (il 19), seguivano ancora soli quattro appuntamenti. Ora, dopo Budapest, ci sono nove gare. Stesso discorso per il Gran Premio di Francia 2002, che portò Schumi a quota 5 titoli il 21 luglio. Ai tempi quello di Magny-Cours era l’appuntamento numero 11 su 17, ora il Paul Ricard è l’ottavo su ventuno. Anche il “dominio” Red Bull degli anni 2010-2013 ha avuto in realtà solo due stagioni dominate senza appello, il 2011 ed il 2013. Gli altri due titoli, purtroppo per i ferraristi, sono stati conquistati all’ultimo appuntamento. Un altro dato: tra 2000 e 2004 la Ferrari ha vinto il 67% dei GP disputati. Tra 2010 e 2013 la Red Bull ne ha conquistati il 53%. La Mercedes, dopo 8 gare del 2019, è al 76% dall’inizio dell’era ibrida ed il dato, visto l’inizio di stagione, è destinato a salire verso l’80%.

I numeri, però, non dicono proprio tutto. Per lo meno non sempre. L’impressione condivisa tra molti, addetti ai lavori compresi, è che si sia arrivati ad un punto di totale stallo, senza la minima possibilità da parte degli inseguitori della Mercedes, Ferrari in primis, di recuperare terreno. E non è, come accennavo, “colpa” del team campione in carica, ma dei cambi regolamentari che hanno preceduto e permesso tutto questo, bloccando qualsiasi possibilità di riavvicinarsi. Il ciclo della Rossa dei tempi d’oro era ancora quello dei test privati, delle sessioni contemporanee su piste diverse. Per mantenere quello standard si percorrevano migliaia di chilometri di prove al mese per difendere il vantaggio in pista. Proprio dalla striscia di vittorie di Maranello si è intrapresa la strada che ha portato progressivamente all’attuale situazione.

Gli stravolgimenti regolamentari iniziati nel 2003 con il parco chiuso, le qualifiche riviste, i motori limitati con l’intenzione di riequilibrare i valori hanno tolto progressivamente componente umana ed introdotto quella artificiale, del caso. L’abolizione dei test privati ed il cambio aerodinamico del 2009 hanno dato un altro colpo atroce alla F1 rendendola ancor meno sincera e più costruita. Da qui è nato il primo ciclo importante dell’ultimo decennio: grazie al genio di Adrian Newey la Red Bull è salita in cattedra vincendo quattro titoli consecutivi con Vettel e quattro costruttori tra 2010 e 2013, a colpi di scarichi soffianti ed ali flessibili dovendosi però sudare il titolo in due anni.

Per vedere questa era conclusa è stato necessario far partire un’altra – l’ultima – grande rivoluzione, quella dell’ibrido. V6, parte elettrica, cambi da otto marce dai rapporti fissi. Ancora più limitazioni. È anche l’era dei simulatori supersofisticati e la Mercedes si sostituisce dalla prima gara al team austriaco nel ruolo di squadra imprendibile, con ancora meno possibilità di ripresa da parte degli avversari. I risultati dal 2014 in poi sono eclatanti. Nei primi tre anni Mercedes ha lasciato 8 gare su 59 agli avversari, nel 2017/2018 la Ferrari ha provato ad infastidirla senza riuscirci ed ora siamo al quarto anno su sei di totale supremazia, con 8 successi su 8. La storia del giro più veloce del Paul Ricard è inquietante: 24 millesimi in meno per Vettel su Hamilton in condizioni nemmeno paragonabili in favore della Ferrari significano solo una cosa: nel box dei grigi si fa il bello ed il cattivo tempo. Quello che preoccupa è che niente fa presagire qualcosa di diverso, non solo per questa stagione ma anche per la prossima. C’è una sorta di rassegnazione preventiva: di consapevolezza che, in queste condizioni, non ci sia assolutamente nulla da fare anche per il prossimo futuro. E la situazione è diversa dai due cicli passati di Ferrari e Red Bull: nel primo si poteva lavorare molto di più in casa, nel secondo l’affidabilità a volte ripariva i giochi. Ora i guasti sono quasi spariti: se hai la macchina migliore vinci, sempre. 

Rileggendo l’elenco delle modifiche che in oltre vent’anni hanno cambiato il volto della F1, è chiaro come si sia presa una direzione errata. Per colpa di tutti, team compresi. Incolpare in qualche modo la Mercedes per la supremazia tecnica di cui dispone è un po’ come nascondersi dietro la tenda. Altra cosa è il discorso peso politico, sul quale mi sono espresso ampiamente nelle ultime settimane. D’altronde, però, quando la Ferrari vinceva le cose erano più o meno simili. E, di sicuro, non ci si vantava dei giri più veloci se si prendeva un ceffone in gara. 

Come si risolve, ora, questo problema? Una bella domanda. Non si risponde ad una domanda con un’altra ma credo che sia il quesito fondamentale da porre da Liberty Media. Che cos’è la Formula 1: uno sport, uno spettacolo o business? Perché in base alla risposta si può capire tutto. E non sono sicuro di volerla scoprire.

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