Nicky un anno dopo: quando l’avversario non fa male

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
23 Maggio 2018 - 22:36
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Sì, era ieri ma alla fine non cambia poi molto. Un giorno o un altro non fa differenza nel voler scrivere qualcosa su chi manca. Pensavo a come ricordare Nicky Hayden ad un anno da una scomparsa repentina, indigesta ancora adesso; non trovavo le parole giuste, non uno spunto a cui appellarmi.

Poi si sa, la notte porta consiglio ed ho trovato un’analogia, una giornata, un ricordo da cui partire: 29 ottobre 2006. Una data che ricorderanno benissimo i suoi tifosi, che io ricordo invece per un altro motivo dato dalle priorità. Ero a Monza ad assistere all’addio di Schumi alla Ferrari e alla Formula 1. Un momento troppo importante per me, tanto da rinunciare a seguire l’ultimo appuntamento della MotoGP, proprio quello che avrebbe assegnato il titolo mondiale tra Rossi e Hayden. Non era ancora il tempo degli smartphone, degli streaming e quant’altro. Bisognava fare delle scelte senza troppi compromessi.

Da tifoso di Valentino ero fiducioso: otto punti di vantaggio prima dell’ultimo appuntamento di Valencia mi sembravano un buon bottino da amministrare per andare a vincere un mondiale complicato sin dall’inizio. L’ipotesi che Nicky potesse farcela era valida, certo, ma sarebbe dovuto accadere qualcosa di incredibile. Così fu. Mentre a Monza la facevano da padrone i festeggiamenti per Michael, a Valencia accadeva l’imponderabile: una banale caduta ad inizio gara ed il titolo sfumato per cinque soli punti. Nicky Hayden, il ragazzo del Kentucky, divenne così il nuovo campione del mondo della MotoGP. La notizia giunse a Monza ed invece che rendermi triste, deluso, incazzato per l’occasione sfumata dal “mio” Rossi, mi fece un effetto diverso.

La rivalità con Nicky in quella stagione era stata diversa da quelle con i vari Biaggi e Gibernau. Meno violenta fisicamente e verbalmente, più tranquilla, insomma easy. Non so se in questo c’entrasse il fatto che erano stati compagni di squadra in Honda nel 2003 (lo sarebbero poi stati anche in Ducati), ma la sensazione nel perdere il titolo in favore di Nicky mi ricordò quella dei tempi di Hakkinen con Michael. Quella tristezza mista rispetto, quel “ok, ha perso ma l’avversario mi sta bene”. Siamo stati tutti tifosi almeno una volta, e benché gli avversari debbano essere sempre rispettati ci sono quelli che in tempi di foga non possiamo vedere, perché si pongono tra il nostro preferito ed il successo. Così come successe con Mika, con Nicky in quel 2006 fu esattamente lo stesso.

Ed ecco quindi l’analogia: quella tra quei piloti che, per quanto possano diventare avversari ostici, non riesci a non rispettare sportivamente. Non riesci ad essere gioioso per un loro weekend negativo, non riesci insomma a vederli come veri avversari nonostante ce la mettano tutta per rubare il posto al tuo eroe. Magari assistere mestamente da casa storpia e rende un’immagine diversa della realtà, ma anche da ciò che ho visto e letto dopo la sua scomparsa Nicky dev’essere stato una persona leale, sincera, a cui non si poteva che volere bene. Ecco, questo credo trasparisse anche a migliaia di chilometri di distanza. Il suo slang mi faceva impazzire perché quasi indecifrabile, ma mi portava a provare una simpatia unica verso di lui.

Si fatica a pensare che non ci sia più, ma queste sono frasi retoriche così come i vari, giusti e scontati “resterai sempre nel cuore della gente”. Nicky io lo voglio ricordare come l’avversario che non mi ha fatto incazzare quel giorno di Valencia. Quel tipo di avversario per cui hai sempre avuto il massimo rispetto, anche quando ti ha battuto. Non c’è complimento migliore, almeno per me.

Immagine internet (per segnalare il copyright info@passionea300allora.it)

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