Austria 1987: tra cerbiatti, ripartenze e bernoccoli

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
3 Luglio 2017 - 20:32
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Lo scenario era quello delle montagne austriache immerse nel verde, il circuito quello velocissimo e da pelo sullo stomaco del “vecchio” Osterreichring: 30 anni fa la F1 correva per l’ultima volta su questa storica pista austriaca salvo poi ritornarci 10 anni dopo sul rinnovato circuito dell’A1 Ring, ora chiamato Red Bull Ring.

Quel week-end di metà agosto del 1987 si sarebbe trasformato nel classico “week-end di paura” a causa dei tanti incidenti, fortunatamente senza conseguenze gravi, che fecero tremare l’intero popolo della F1. In un era ancora sovralimentata, la pista austriaca era una delle più veloci del mondiale con i suoi lunghi rettilinei immersi nel verde insieme ai grandi curvoni in appoggio.

Durante le prove libere del venerdì, Stefan Johansson alla guida della Mclaren #2 Tag-Porsche sbucò dal dosso cieco che immetteva nella Rindt Kurve trovandosi davanti a piena velocità un cervo, intento ad attraversare la pista. L’impatto fu inevitabile, con il povero cervo travolto e “polverizzato” dalla Mclaren guidata dallo svedese.

La Mclaren, inguidabile, terminò la sua corsa contro le barriere con la scocca totalmente distrutta, tanto che per il sabato ne arrivò in fretta e furia da Woking una nuova di zecca. Johansson scese zoppicante dalla vettura con forti dolori alla spalla sinistra, al collo e al torace e dovette sottoporsi ad esami radiografici che esclusero fratture. Seppur molto dolorante, il sabato ottenne il 14° tempo in qualifica mentre alla domenica chiuse la gara appena fuori dalla zona punti in settima posizione.

Il fatto più grave di quell’incidente fu che l’animale era già da diversi minuti in pista, completamente ignorato dai commissari che già al mattino avevano “soprasseduto” all’ingresso di altri cerbiatti in pista.

La domenica vide il caos più totale al via del GP. Il vecchio rettilineo era particolarmente stretto, con cunette naturali e guard-rail in entrambi i lati. Al via Martin Brundle, con la Zakspeed, salendo verso la prima curva si intraversò sulla sinistra andando a sbattere contro le barriere. I piloti dietro di lui provarono di tutto per evitarlo ma senza successo: le due Ligier e le due Tyrrell, insieme alla Minardi di Campos, vennero coinvolte costringendo la direzione gara ad esporre la bandiera rossa.

39 minuti dopo l’incidente scattò il semaforo verde per la seconda partenza, ma le cose non andarono anche in questo caso nel verso giusto. Mansell, scattato dalla seconda piazza, inserì senza successo la seconda marcia rimanendo praticamente fermo in mezzo alla pista. In molti riuscirono ad evitarlo, tranne Patrese con la Brabham che coinvolse tante altre vetture in un vero e proprio “mucchio” di ferraglia e detriti.

La terza e finalmente decisiva partenza avvenne alle 16:11, quasi due ore dopo l’inizio previsto della gara. La gara venne vinta da Mansell, davanti a Piquet che scattò dalla pole e al nostro Teo Fabi con la Benetton. Al successo del pilota inglese sono legate due curiosità: i problemi alla frizione della Williams #5 dopo la seconda partenza e l’impossibilità per Mansell di sostituire la macchina in uso con il muletto, che per contratto spettava a Piquet.

Dopo aver tagliato il traguardo vittorioso Nigel salì su una jeep per raggiungere il podio ma, stando in piedi, non si accorse di un tubo di ferro tirando una testata clamorosa che lo mise quasi kappaò. Da qui le immagini di un Mansell particolarmente intontito alla premiazione.

Un week-end, quello di 30 anni fa in Austria, che ancora in tanti ricordano per il suo essere stato particolarmente “folle”.

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