NASCAR | Anteprima stagione 2019

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Tempo di lettura: 13 minuti
di Gabriele Dri @NascarLiveITA
8 Febbraio 2019 - 10:00
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A poco meno di tre mesi dalla bandiera a scacchi sventolata a Homestead, si riaccendono i motori in Nascar. Il 2019 sarà una stagione complessa da decifrare, a metà strada fra rivoluzione e attesa, dato che nel biennio 2021-22 dovrebbero arrivare cambiamenti ben più netti. Ai piani alti non si capisce quale percorso tecnico si voglia intraprendere, dato che dopo anni di progressiva e decisa riduzione del carico aerodinamico, per quest’anno si sceglie la via opposta non solo con uno spoiler maggiorato, ma anche con la riduzione della potenza sugli speedway per cercare di creare gare con piloti più vicini fra di loro. I tifosi inizialmente hanno storto il naso, ma poi – ancora una volta – sono stati costretti a concedere il beneficio del dubbio e aspetteranno le prima di gare prima di giudicare.

Le modifiche regolamentari

Dopo anni di riduzione del carico aerodinamico per rendere le vetture meno prevedibili e ridare la possibilità ai piloti di dimostrare il loro talento, la Nascar cambia completamente rotta e punta – decisamente – verso acque ignote. Dopo l’esperimento dell’anno scorso alla All-Star Race, quando in pratica si corse con il pacchetto da superspeedway (spoiler maggiorato e restrictor plate), si è deciso di proseguire lungo questa strada. La gara fu effettivamente più animata del solito, il gruppo rimaneva a lungo compatto e chi provava la fuga veniva ripreso in pochi giri. Però a guardarle le vetture erano terribilmente lente, frutto dei soli 450 CV a disposizione al posto dei canonici 750 CV. Nonostante i timori espressi da piloti come Brad Keselowski, alla fine la Nascar ha approvato il pacchetto, o meglio, i pacchetti qui rappresentati.

Ma siccome la Nascar ama complicarsi la vita, districarsi fra i vari pacchetti in vigore sarà difficile. Prima di tutto le cose più semplici: per la gara inaugurale di Daytona si seguiranno ancora le regole del 2018, ovvero con la restrictor plate, che ha segnato la storia degli superspeedway negli ultimi 30 anni, poi potrà partire la rivoluzione. Su tutti gli ovali più lunghi di 1.25 miglia lo spoiler passerà da un’altezza di 2.375″ ad addirittura 8″ (da 6 a 20 cm, oltre il triplo) e lo splitter sporgerà di 2″ anziché 0.25″ (5 cm al posto di 0.6). Come potete intuire, sia il carico aerodinamico, sia la resistenza all’avanzamento aumenteranno, creando una maggiore scia alle spalle della vettura. E per evitare manipolazioni varie, dato che devono essere assolutamente piani, basta ricordarsi la polemica del 2017 secondo la quale il cambio in corsa del regolamento in materia favorì nettamente la Toyota, gli splitter saranno senza verniciatura… ma solo dal Texas perché la Nascar si è accorta di questi – eventuali – problemi in ritardo e nel frattempo i team avevano cominciato a produrli. In sintesi, tanta confusione.

Per ridurre però il drag, si compenserà introducendo gli “aero ducts” in corrispondenza delle ruote anteriori, ma per complicare ancora di più la categoria, impedendo ai tifosi di capirci qualcosa, questi non saranno montati ad Atlanta, Pocono, Darlington e Homestead, ovali su cui ci sarà invece lo spoiler maggiorato. Indagare sul perché credo sia quasi impossibile, ma questo è il risultato della “All-Star mania”.

E manca ancora il discorso motori. Premessa: un motore per la Cup Series unrestricted ha circa 850 CV, che da qualche anno sono diventati troppi. Già nel 1988 a Daytona e Talladega, dove si raggiungevano velocità medie oltre i 210 mi/h, fu introdotta la restrictor plate, una lastra di acciaio forata che limita l’afflusso di aria nella camera di combustione abbassando la potenza a 450 CV. Dal 2015 invece è arrivata la riduzione da 850 a 750 CV su tutti gli altri circuiti tramite però il cosiddetto tapered spacer, un blocco di forma conica che inserito nella camera di aspirazione sortisce lo stesso effetto della restrictor plate. Per il 2019 su tutti gli ovali più lunghi di 1.25 miglia la potenza viene ridotta a 550 CV (dunque 100 in più rispetto all’esperimento della All-Star Race) tramite sempre un tapered spacer, ovviamente di dimensioni maggiori di quello del periodo 2015-18. Infine, dopo la Daytona500, la restrictor plate andrà in pensione e verrà sostituita a Talladega e nella gara estiva della Florida sempre da un equivalente tapered spacer per mantenere le velocità sotto controllo. Sugli short track, infine, tutto invariato rispetto alle scorse stagioni.

Decisamente più intrigante invece è l’abolizione della trackbar aggiustabile direttamente dall’abitacolo. I piloti dunque non potranno più modificare in corsa la differenza di altezza tra la ruota posteriore interna ed esterna e che permette di rendere la vettura più o meno sotto- (o sovra-) sterzante. Le modifiche di assetto quindi non saranno possibili durante uno stint, ma i piloti dovranno adattarsi ad una vettura eventualmente non perfetta e limitare i danni fino alla successiva sosta e, dato che – break per le stage esclusi – le fasi di green sono molto più lunghe rispetto agli anni passati, qualcuno potrebbe perdere terreno prezioso, se non la possibilità di vincere, se un piccolo aggiustamento meccanico avrà ripercussioni per tutto uno stint.

Come detto, molti tifosi e qualche pilota avevano dei dubbi su queste novità, orientate esclusivamente alla creazione di uno spettacolo artificiale e a scapito del talento. Tali timori sono stati confermati nel recente test di Las Vegas, la stessa pista su cui debutterà in campionato il pacchetto completo, e a farsi portavoce è stato Kyle Busch, che ha detto chiaramente: “Abbiamo rimosso completamente l’abilità del pilota. Chiunque potrebbe andare là fuori a tavoletta e correre 3-wide. Anche voi giornalisti. Sarà più un gioco mentale, una partita di scacchi, pensando alle mosse da fare, a quanto coraggio hai per farle”. E il fatto che i piloti, nel giro singolo, avessero girato con l’acceleratore al 100% anche in curva per diversi giri consecutivi lo dimostra. Non è mancata la risposta, piccata, completamente fuori luogo e con una non troppo velata minaccia, da un membro della Nascar. Come sempre bisogna concedere il beneficio del dubbio e aspettare le prime gare, ma le premesse non sono delle migliori. I nervi sembrano già tesi, su tutti i fronti.

Il format

Esclusi i cambiamenti appena citati, lo svolgimento del campionato sarà uguale a quello del 2018, con le 36 gare esattamente nello stesso ordine. Le prime 26 (e mezzo, dato che anche i Duel della prossima settimana assegneranno punti), da Daytona a Indianapolis, serviranno a definire i 16 piloti (tutti quelli che hanno ottenuto almeno una vittoria più gli altri, a completamento dei ranghi, in base ai punti conquistati) che si contenderanno il titolo nelle ultime 10 gare con il consueto format a eliminazione che porterà a soli quattro piloti che sfideranno a Homestead il 17 novembre. Bisognerà prestare molta attenzione alle violazioni del regolamento tecnico: se infatti fino all’anno scorso un’infrazione comportava la perdita dei playoff points e una penalizzazione in punti al mercoledì successivo dopo l’ispezione approfondita al R&D Center di Charlotte, dal 2019 in questi casi scatterà la squalifica dalla gara (come succede in tutte le competizioni FIA) e dunque ci saranno la retrocessione dal piazzamento ottenuto all’ultimo posto, la perdita dei playoff points ottenuti e dei premi guadagnati. C’è grande curiosità per chi sarà il primo a venire squalificato, sempre se accadrà, dato che l’aggravamento di tutto il sistema di penalizzazioni metterà sul “chi va là” tutti i car chief, ma è ovvio che tutti punteranno ancora ad andare al limite del regolamento e un pelo oltre per guadagnare ogni millesimo utile. 

Il calendario 2019 della Cup Series, completo di pacchetto aerodinamico e motoristico presente in quell’evento e dove la gara si colloca nelle 24 ore (giorno, tramonto o sera)

I piloti

Il mercato 2018-19, dopo un inizio tranquillo, ha riservato i consueti fuochi d’artificio. Si può dire che tutto è nato dalla decisione, visti i costi crescenti e la mancanza di sponsor, di Barney Visser di chiudere il Furniture Row, team campione nel 2017. Così è finito sul mercato un pilota come Martin Truex Jr. (ed un crew chief come Cole Pearn) e il Joe Gibbs Racing si è messo subito in moto per averli, e di fronte a piloti come Kyle Busch, un Denny Hamlin seppur in calando ed un Erik Jones in ascesa, il sacrificio scontato è stato quello di Daniel Suarez. Ed è partito il domino dato che il messicano ha preso il posto di Kurt Busch allo Stewart-Haas Racing, il quale è andato da Chip Ganassi che ha “scaricato” un Jamie McMurray che, suo malgrado, chiuderà la carriera proprio a Daytona. E quindi, di fronte ad una Toyota Camry sempre veloce e quattro piloti così (insieme mettono insieme due titoli e 102 vittorie in Cup Series) è impossibile non definire il Joe Gibbs Racing come il team da battere in questo 2019.

Su chi sia la seconda forza dipenderà tutto da quanto durerà il rodaggio della nuova Ford Mustang. Fosse straordinariamente rapido, allora da una parte lo Stewart-Haas, con un Kevin Harvick rimasto con l’amaro in bocca a Homestead, i ritrovati Bowyer e Almirola ed il giovane Suarez, e dall’altra il Team Penske, con il campione in carica Logano, con Keselowski alla caccia di qualche altro gioiello della corona, e Blaney in rampa di lancio, potrebbero vincere da subito evitando patemi, dubbi e playoff “di rincorsa”. Se invece fosse travagliato e lungo metà campionato come quello della Camry nel 2017 e della Camaro nel 2018, allora le squadre marchiate Chevy potrebbero prendersi la rivincita nel 2019. Il Team Hendrick deve risalire da una stagione in cui le uniche gioie sono state la consacrazione di Chase Elliott e la conferma di validità di Bowman, mentre per Johnson è stata un annata nera che però non ha intaccato le sue motivazioni nella caccia all’ottavo titolo e infine c’è il giovane Byron che, dopo l’annata da rookie in cui è stato esposto a troppi rischi, avrà al suo fianco niente meno che il crew chief più titolato del terzo millennio, Chad Knaus. Da verificare il team Ganassi che, in mezzo a qualche problema di troppo riguardo gli sponsor, punta sul rilancio – più psicologico che prestazionale dopo troppi secondi posti – di Kyle Larson e sull’esperienza di Kurt Busch.

Passando ai team di seconda fascia troviamo molti nobili decaduti, come le squadre di Richard Childress, Jack Roush e Richard Petty. Il RCR punterà su Austin Dillon, anche quest’anno alla caccia di una vittoria a sorpresa, e il rookie Daniel Hemric con il ripescato #8, il RFR ha confermato Stenhouse e preso Newman – proprio da Childress – per cercare una rinascita del team che fu appena 10 anni fa e infine il RPM punta ancora su Bubba Wallace, protagonista di alti e bassi durante la sua prima stagione in Cup Series. 

Chiudono come sempre i team minori tra conferme (Menard, Buescher, McDowell e Ragan, Ty Dillon e Cassill), movimenti (DiBenedetto al LFR al posto del ritirato Kahne e LaJoie sulla #32 del Go Fas Racing) e debutti interessanti come quelli di Ryan Preece al JTG e Matt Tifft sulla rinata terza vettura del Front Row Motorsports.

Questi i piloti alla guida delle 36 vetture dotate di charter. Sono attese per i singoli weekend altre auto su programmi part-time

Xfinity Series

Stagione di piccoli-grandi cambiamenti in Xfinity Series. Partendo dal regolamento, dal punto di vista tecnico diventa obbligatoria (e non più facoltativa) la carrozzeria in materiali compositi, fatto che ha mandato definitivamente in pensione le ultime Dodge Challenger ancora presenti nonostante la casa di Detroit, oggi nel gruppo FCA, si fosse ritirata ufficialmente al termine del 2012. Più interessanti le modifiche al regolamento sportivo: le auto in griglia si riducono (purtroppo) da 40 a 38, mentre per quanto riguarda i team e i playoff cambia molto. Prosegue infatti l’iniziativa chiamata “Names are made here” che negli scorsi ha portato alla limitazione delle gare che i veterani della Cup Series possono correre in Xfinity (per il 2019 rimangono sette sulle 21 a cui sono ammessi). E da quest’anno i piloti della Cup Series non porteranno più playoff points al team in caso di vittoria. E’ una modifica che influenza solo il campionato a squadre, ma è un ulteriore incentivo a puntare sui giovani piloti piuttosto che sui veterani. E’ un equilibrio complicato fra talenti e sponsor sicuri, ma almeno la Nascar ci prova.

Passando invece ai piloti, sarà interessante vedere cosa potrà fare il campione in carica Tyler Reddick, passato dal team di Dale Jr. a quello di Richard Childress che è in teoria un gradino più sotto. E il RCR potrà puntare solo su di lui dato che sia Hemric che Tifft sono passati in Cup Series, l’altra vettura è per i fratelli Dillon e il budget non era più sufficiente per schierare altre vetture (che erano cinque appena due anni fa ed ora sono solo due). Tornando ai favoriti, anche quest’anno la sfida dovrebbe essere fra Christopher Bell, che dovrà vedersela con la nuova Toyota Supra del JGR, e Justin Allgaier, sempre con la Chevy del JR Motorsports. A cercare di replicare l’impresa del 2018 di Reddick ci proveranno Cole Custer e Austin Cindric, con le Ford di Stewart-Haas e Penske, e Brandon Jones, compagno di squadra di Bell. Infine tanta curiosità per i rookie Briscoe, già vincitore sul roval di Charlotte da pilota part-time, Gragson, Nemechek e Haley. 

Truck Series

Per la Truck Series sarà una stagione all’insegna delle scoperte. Infatti di gara in gara vedremo chi emergerà come favorito per il campionato dati i numerosi cambiamenti avvenuti questo inverno. Per prima cosa il campione in carica Brett Moffitt passa dall’Hattori Racing al GMS al posto addirittura di Johnny Sauter, vincitore l’anno scorso di sei gare. Sauter, scaricato dal team in maniera inaspettata lo scorso mese, al momento non ha ancora un sedile e vedere una stagione senza il campione del 2016 e con 23 vittorie all’attivo, non sarebbe bello, perché lo spettacolo si ridurrebbe notevolmente. Contro Moffitt ci saranno Todd Gilliland ed Harrison Burton, i giovani talenti del team di Kyle Busch, Matt Crafton (in cerca di rivincita dopo un 2018 in ombra) e Grant Enfinger per il ThorSport Racing, Sheldon Creed, compagno di squadra di Moffitt in un GMS che ha dimezzato i Truck attivi, e Stewart Friesen, il canadese ancora alla caccia della prima vittoria. Il tema sarà ancora una volta la sfida tra i giovani appena maggiorenni ed i veterani ultra 30enni. 

Il programma di Daytona

Sabato 9 febbraio

16:35 FP per “The Clash”

19:05 FP1 Cup (per la Daytona500)

21:05 FP2 Cup (per la Daytona500)

Domenica 10 febbraio

18:10 Qualifiche Daytona500

21:00 “The Clash”

Giovedì 14 febbraio

20:35 FP1 Truck

22:35 FP2 Truck

1:00 e 3:00 Duels (gare di qualificazione per la Daytona500)

Venerdì 15 febbraio

18:05 FP1 Xfinity

19:05 FP3 Cup

20:05 FP2 Xfinity

21:05 FP4 Cup

22:40 Qualifiche Truck

1:30 Gara Truck

Sabato 16 febbraio

15:40 Qualifiche Xfinity

18:05 FP5 Cup

20:30 Gara Xfinity

Domenica 17 febbraio

20:30 Daytona500

Immagini: twitter.com/DISupdates; nascar.com; reddit.com/user/basspro24chevy (Excel modificato e integrato nel calendario)  

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