NASCAR | Anteprima playoff Cup Series 2019

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Tempo di lettura: 16 minuti
di Gabriele Dri @NascarLiveITA
12 Settembre 2019 - 10:30
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Sette mesi dopo l’accensione dei motori a Daytona si entra nel vivo del campionato. Le prime 26 gare stagionali hanno determinato chi sono i 16 piloti che si contenderanno il titolo 2019 e che succederanno a Joey Logano nell’albo d’oro. Dopo una prima fase in cui Joe Gibbs Racing e Team Penske si sono spartiti le vittorie, durante l’estate la squadra capofila della Toyota ha preso il sopravvento ed ha portato a casa ben 13 vittorie, dunque la metà di quelle in calendario, ottenendo successi con tutti i suoi quattro piloti. E tre di essi, Kyle Busch, Denny Hamlin e Martin Truex Jr., al momento sono i favoriti per la conquista del titolo a Homestead. Ad impedirglielo ci penseranno i soliti Kevin Harvick, Joey Logano e Brad Keselowski mentre per gli altri un ruolo da outsider alla caccia di un posto fra i “Fantastici 4”.

I 16 piloti

Rispetto all’anno scorso si sono confermati 14 piloti mentre William Byron e Ryan Newman hanno preso il posto di Austin Dillon e Jimmie Johnson. Inoltre i 2045 punti con cui il leader della classifica Kyle Busch comincerà i playoff sono il dato minimo da quando è entrato in vigore il format attuale, visto che l’anno scorso lo stesso pilota della #18 e Harvick ne avevano 2050 e nel 2016 Truex addirittura 2053. Anche guardando la classifica generale dopo Indianapolis risultava una graduatoria più compatta, dati i 988 punti di Ky.Busch, vincitore della regular season, contro i suoi 1073 di 12 mesi fa, i 1033 di Martin di due anni fa e pure i 1032 di Harvick nel 2018.

Questo il dettaglio di come i 16 piloti hanno ottenuto i playoff point.

Di seguito verranno presentati uno per uno i piloti qualificati in ordine di classifica dopo il reset del punteggio.

Kyle Busch (2045)

Kyle Busch in difficoltà oppure no? Inizia i playoff davanti a tutti e pure con un ampio margine tale da farlo stare tranquillo per uno, se non due, round. Eppure non vince da ben 12 gare, un’eternità per uno che in Cup Series ha vinto 55 volte. Ma, se escludiamo il ritiro per il cedimento del motore di Indianapolis, in questi tre mesi Kyle è stato lo stesso il pilota che ha portato a casa il maggior numero di punti, necessari per rimontare e poi sorpassare Logano nella battaglia per la vittoria della regular season che gli ha regalato cinque preziosi playoff point in più. Dunque Kyle sì o Kyle no per il titolo? Difficile dire di no contro il campione del 2015 e dunque per Busch un ruolo da favorito per Homestead c’è. “Un”, ma non più “il” come a inizio stagione. Infatti sono arrivati nuovi avversari e i più pericolosi ce li ha proprio nella sua stessa squadra.

Denny Hamlin (2030)

Dalle stalle alle stelle in meno di 12 mesi. Denny Hamlin aveva concluso la stagione scorsa per la prima volta in carriera senza successi. E, in un team che spinge molto i giovani piloti, a 38 anni sembrava che fosse avviato sul viale del tramonto e destinato ad essere sostituito da Christopher Bell. Invece Denny a Daytona ha piazzato subito la vittoria di peso, la seconda Daytona500 in carriera, un successo ancora più particolare perché dedicato a JD Gibbs, figlio di Joe e suo mentore al debutto al JGR nel 2005. Poi, una volta in archivio la qualificazione ai playoff, Denny si è rilassato un po’, specialmente dopo il successo in Texas, ma in estate si è scatenato: 2 vittorie (Pocono e Bristol) e 6 top5 consecutive, risultati che non aveva mai ottenuto in quasi 15 anni di carriera. Può l’Hamlin migliore di sempre togliersi la nomea di “nuovo Mark Martin” e conquistare il titolo? Sarà difficile e i fantasmi del 2010, quando buttò il titolo nelle ultime due gare contro Johnson, potrebbero tornare.

Martin Truex Jr. (2029)

L’ultimo pilota che ha vinto quattro gare finora è Truex, ma l’ambientamento al JGR non è stato così semplice come lo ci si sarebbe aspettato. La sua stagione finora si può dividere in tre fasi distinte, la prima – appunto – quella in cui si è dovuto adattare al nuovo team, la seconda (da Richmond a Sonoma) da assoluto dominatore e infine quella estiva in cui si è fatto vedere solo in poche occasioni. Come per Kyle Busch rimane dunque il dubbio: qual è il vero Truex, quello mattatore della primavera o quello in ombra dell’estate? Sarà il dominatore del 2017 oppure quello non in grado di lottare fiancata contro fiancata con i rivali come successo l’anno scorso con Logano fra Martinsville e Homestead? Di sicuro in calendario ha ancora molte cartucce a disposizione e la vittoria di Richmond gli ha regalato finalmente il primo successo su uno short track che potrebbe donargli ulteriori speranze in caso di problemi al “Round of 8”.

Kevin Harvick (2028)

Come si dice, “Non svegliare il can che dorme”. E infatti a lungo i giornalisti hanno insistito sulla lunga striscia negativa di Harvick. Finché – dopo 21 gare a secco – Harvick è tornato alla vittoria in New Hampshire e da allora non si è più fermato: escludendo il ritiro di Bristol per un problema meccanico (ultimo posto quando poteva lottare per un’altra vittoria), nelle ultime sei gare il peggiore piazzamento è un settimo posto e sono arrivati altri due successi in Michigan e a Indianapolis. Negli ultimi 15 anni il leitmotiv è stato “Non è importante con quanti punti arrivi ai playoff, ma come ci arrivi” ed Harvick è sicuramente il pilota più in forma e dalla sua ha tutto, l’esperienza, la capacità di vincere i titoli a Homestead, la vettura ed un team che lo supporta. L’anno scorso il problema più grosso sembrava la consistenza della sua pit crew, ma quest’anno la situazione sembra essere migliorata. E se a Kevin togliamo pure uno dei pochi punti deboli, allora bisogna inserirlo nel ristretto lotto dei favoriti.

Joey Logano (2028)

L’anno scorso a questo punto della stagione Logano aveva accumulato una vittoria, sette top5, il quinto posto in classifica generale e 849 punti. Quest’anno i successi sono due, le top5 sono 10, è stato secondo solo a Kyle Busch e i punti prima del reset erano 971. Dunque se l’anno scorso ha vinto il titolo, perché non può ripetersi anche quest’anno? La sua stagione ha seguito lo stesso identico copione del 2018, una vittoria ad inizio stagione (quest’anno mai così presto a Las Vegas) ed un lungo testa a testa con Kyle Busch per la vittoria della regular season. L’anno scorso però aveva ceduto a maggio, stavolta ad agosto a causa di cinque gare consecutive senza top10. Il secondo posto di Indianapolis lo ha rimesso sulla retta via al momento giusto, ora si tratta di proseguire su questo trend. Non sarà facile dato che dovrà lottare contro lo squadrone JGR (e nessuno di loro lo ama molto) e nemmeno la cabala è con lui, visto che si è qualificato per Homestead solo negli anni pari, ma stavolta dalla sua c’è il fatto che sa come ci si arriva e soprattutto come si vince.

Brad Keselowski (2024)

Come per tutto il Team Penske, l’inizio di stagione di Brad è stato sfavillante. Dopo la consueta sconfitta alla Daytona500 sono arrivate due vittorie ad Atlanta e Martinsville che potevano far credere ad un Keselowski in forma titolo, poi invece in più di qualche occasione è mancato oppure è restato nell’ombra senza ottenere risultati di rilievo. Anzi, ha portato a casa molti piazzamenti in coda alla top20 e soltanto quattro stage che gli hanno fatto perdere più di qualche posizione in classifica generale. E, dopo cinque anni, iniziano i dubbi sul Keselowski da playoff. Non è un fatto raro, è evidente come Jeff Gordon non amasse la Chase, e infatti dopo il 2001 non ha più vinto titoli. Allo stesso modo Keselowski, da quando c’è il format a eliminazione, è arrivato a Homestead soltanto una volta su cinque tentativi (ed è arrivato ultimo dei quattro) mentre nelle altre occasioni è stato eliminato per due volte al “Round of 8” e due al “Round of 12”. Talladega sicuramente sarà lo snodo dei suoi playoff, il solito “checkers or wreckers (non per colpa sua di solito)”.

Chase Elliott (2018)

Ancora una volta Chase è il migliore pilota della Chevy nella griglia playoff, ma il marchio del farfallino ancora insegue i rivali di Toyota e Ford. E’ l’unico infatti ad avere conquistato due vittorie, tuttavia entrambe sono arrivate su circuiti “anomali”, la prima a Talladega e la seconda – dominante – al Glen. Il mese di maggio sembrava la rinascita definitiva del Team Hendrick (cinque top5 consecutive per lui e tutti e quattro i piloti nella top10 a Charlotte), poi invece nell’estate sono tornati i problemi degli anni scorsi della ormai non più nuova Camaro e per intere settimane praticamente non si è visto ai piani alti. Elliott dovrà ripetere i successi dell’anno scorso a Dover e in Kansas per poter sperare di avanzare tanto, ma Homestead al momento sembra lontana, anche perché il distacco da piloti come Harvick, Truex, Hamlin e Logano è già in doppia cifra e lo sarà – più o meno – all’inizio di ogni round.

Kurt Busch (2011)

Ogni anno che passa per Kurt bisogna ripetere sempre la stessa frase: rende meglio quando è sotto pressione per il contratto ancora da firmare. E anche quest’anno non ha il posto assicurato da Ganassi, anche se tutti gli indizi portano ad una riconferma. Probabilmente sarà l’ultimo contratto della sua vita, ma vuole lasciare al top e in questo 2019 non ha assolutamente deluso, anzi. Appena arrivato da Chip, ad inizio stagione era lui il miglior pilota Chevy e pure nettamente. Non portava a casa i risultati da titoli sui giornali, ma i piazzamenti costanti quelli sì. La vittoria è arrivata in Kentucky proprio nel momento di fisiologico calo a metà estate e lo ha fatto pure in grande stile battendo per la prima volta in un duello sul traguardo il fratello Kyle. Il problema per lui deriva dai risultati nelle ultime gare, in cui ci sono stati degli alti e bassi che – visto il punteggio di partenza – non si potrà permettere al secondo round a cui dovrebbe qualificarsi senza problemi.

Alex Bowman (2005)

L’ultimo blocco di piloti inizia con Bowman e, purtroppo per Alex, la situazione non è rosea. La prima vittoria in carriera a Chicago, poco dopo i tre secondi posti consecutivi di maggio, anziché rappresentare la rampa di lancio nella sua stagione è diventata un posto di blocco. Da allora ha raccolto appena una top10 in nove gare e quel risultato è un misero 10° posto in Michigan. E’ necessaria una rapida inversione di tendenza per poter superare anche il primo round, anche solo per evitare il sorpasso in squadra – improbabile ma possibile – da parte di Byron. Essere l’erede del sedile di Dale Earnhardt Jr. non è stato sicuramente semplice e mettere a tacere i critici, soprattutto dai social, è stata una bella occasione, ma ora bisogna reagire di nuovo. Anche Chase ha faticato a vincere la prima gara, ma – come si sa – ripetersi è ancora più difficile.

Erik Jones (2005)

Chi invece ha l’occasione di ribaltare la situazione di partenza è proprio Erik, forse il pilota più in forma all’inizio di questi playoff insieme ad Harvick. Lo era anche l’anno scorso in questo esatto momento, ma poi fu eliminato a causa di due incidenti nel primo round. Stavolta invece ha un anno di più sulle spalle, la maturità e la tranquillità per fare ancora meglio. E queste capacità le ha già dimostrate durante queste ultime settimane, quando dopo la gara di Daytona era 18° in classifica e lontano dalla qualificazione, poi invece ha infilato quattro top4 consecutive che lo hanno rimandato dentro i magnifici 16 ed infine è arrivata una bella vittoria, la seconda in carriera, a Darlington in una gara prestigiosa come la Southern500. Certo, il confronto con i compagni di squadra che hanno conquistato quattro successi ciascuno è impari, però parliamo sempre di piloti del calibro di Ky.Busch, Hamlin e Truex. Dunque per Erik l’obiettivo principale sarà sicuramente avanzare per tornare a vivere e superare quella pressione che già tre anni fa in Xfinity Series gli giocò un brutto scherzo.

Kyle Larson (2005)

Pensando alla stagione di Larson quello che dispiace non sono i secondi posti (due quest’anno per un totale di nove dall’ultima vittoria due anni fa), ma il fatto che un talento così cristallino sia stato rovinato dal pacchetto aero 2019. Questo infatti permette ai piloti di tenere il piede a tavoletta molto a lungo penalizzando coloro che, invece, sono molto più abili nella gestione dell’acceleratore sfruttando ogni millimetro della pista. Kyle ha subito il colpo, soprattutto quando ha cominciato a forzare per andare oltre i limiti dell’aerodinamica e per questo sono arrivati incidenti a ripetizione. Dopo Talladega era addirittura 21° in classifica generale, poi però ha saputo reagire in fretta e la qualificazione non è più stata in pericolo. Capire fin dove potrà arrivare è il vero problema, potrebbe essere eliminato subito così come arrivare fino al “Round of 8”. Di sicuro vorrà evitare gli affanni dell’anno scorso, quando al Roval ottenne il punto decisivo per qualificarsi con un sorpasso a 50 metri dalla linea dopo aver baciato ogni muretto possibile nell’ultimo giro.

Ryan Blaney (2004)

Probabilmente Blaney è il più deluso di tutti e 16 i piloti qualificati. A inizio stagione è stato bersagliato in più occasioni dalla sfortuna, sempre nel finale di gara e sempre quando era in lotta per la vittoria. Poi sembra che abbia mollato psicologicamente, stufo di essere battuto ogni volta. La tarda primavera lo ha visto completamente assente dalla lotta per le prime posizioni. In Michigan, in casa Ford e Penske, è arrivata la sveglia – evidentemente anche dall’esterno – e i piazzamenti buoni sono tornati ma non come quelli di inizio anno. Indianapolis è stata il riassunto di tutta la stagione e Blaney ha di nuovo accusato il colpo. Occorre riordinare le idee in fretta, anche perché lo snodo del primo round sarà Richmond, un ovale che non ha ancora digerito, e la salvezza del Roval, dove l’anno scorso vinse per gentile concessione di Johnson che tamponò Truex all’ultima curva, non è detto che si presenti di nuovo.

William Byron (2001)

Nessuno pretenderà da Byron dei miracoli in questi playoff. Già il fatto di aver battuto un sette volte campione come Jimmie Johnson è un successo per essere appena al secondo anno di Cup Series. Ma se il 2018 fu un anno da “dilettante allo sbaraglio”, non per colpa sua ma a causa delle strategie azzardate del suo ex crew chief Darien Grubb, ora con l’altrettanto sette volte campione Chad Knaus al muretto William ha iniziato a crescere in fretta. L’unico momento da dimenticare per la coppia è stato al Glen quando Byron è stato indotto a vendicarsi subito di Kyle Busch, ma lo ha fatto in maniera maldestra al punto che danneggiò più la sua #24 che la #18. Davanti a sé ha tre gare difficili e il mezzo non è dei migliori, quindi ogni vettura portata al traguardo senza danni sarà un punto in più nel suo percorso di crescita. Manca ancora la prima vittoria in carriera, ma tutti dicono che è sempre più vicina.

Aric Almirola (2001)

Non sarà stata un’altra stagione trionfale come la scorsa, ma Aric ancora una volta è ai playoff. In pratica la qualificazione è arrivata grazie alle sei top10 nelle prime sette gare, perché da Bristol/1 in poi la #10 ha portato a casa solo quattro top10 in 19 corse. Un po’ pochino per sperare di avanzare anche di un singolo round e ripetere il successo del 2018 a Talladega. Non si è capito cosa si sia rotto nello SHR dopo il dominio di squadra dell’anno scorso, solo Harvick è riuscito a conquistare una gara e solo a stagione inoltrata. Penske è tornato ad essere a lungo il team di riferimento in casa Ford e sempre il solo Kevin è stato in grado di ribaltare le gerarchie. Per Almirola invece non si vede un ritorno alla forma di appena 12 mesi fa, e nemmeno col binocolo.

Clint Bowyer (2000)

La situazione di Bowyer è la stessa identica di Almirola, visto che da due successi è passato a zero, ma – a differenza del compagno di squadra – Clint ha una speranza. Infatti, nel tentativo estremo ma riuscito di qualificarsi ai playoff, il team #14 ha tirato fuori dal cilindro degli ottimi risultati dopo una estate infernale. Le tre top7 con cui ha chiuso la regular season possono rilanciarlo in ottica playoff dato che a Richmond si è sempre trovato bene così come sugli stradali. Certo, il punto di partenza è il minimo possibile ma la qualificazione al momento è lontana appena quattro punti. L’inerzia è quella che potrebbe portarlo lontano in questi playoff e anche il contributo in materia di informazioni tecniche da una vettura ora vincente come quella di Harvick potrà aiutarlo notevolmente.

Ryan Newman (2000)

Per quanto Ryan potrà andare avanti approfittando degli errori altrui? Già, perché Newman si è qualificato ai playoff in questo modo ma non bisogna sminuire questo fatto perché per prima cosa il team #6 di errori in prima persona forse non ne ha fatti nemmeno uno fin da Daytona. Insieme a Logano, Ku.Busch e T.Dillon è l’unico che non si è mai ritirato e solo Joey ha percorso più miglia di lui (appena 1.29 mi su un totale di poco più di 10’000). Las Vegas al debutto in notturna, Richmond e il Roval sono circuiti che si prestano ad incidenti e contatti e dunque Newman sarà sicuramente pronto ad approfittarne. E’ la sua unica chance per avanzare di un round e gli altri lo sanno benissimo, ma nel vivo della gara questi penseranno sicuramente a duellare per le prime posizioni e non a Ryan. Un miracolo in stile 2014, quando senza vittorie stagionali arrivò fino a Homestead e fu l’ultimo ad arrendersi ad Harvick, è improbabile ma mai dire mai con Newman.

Cosa può succedere

Secondo i pronostici dovrebbe essere una sfida fra Toyota e Ford, fra JGR e Penske/SHR (almeno con Harvick) che hanno conquistato 21 delle 26 gare finora disputate. Fra le Chevy la migliore sembra quella di Kurt Busch, ma solo perché quest’anno ha avuto il numero minore di passaggi a vuoto. Come da tradizione i primi due round saranno quelli più semplici per chi ha già un discreto bottino di playoff point a disposizione, una dote che è bene ricordare che verrà aggiunta di nuovo ad ogni reset del punteggio insieme a quelli conquistati ad ogni turno.

I punti chiave di queste 10 gare ormai si sanno a memoria, nel “Round of 16” saranno lo short track di Richmond ed il Roval di Charlotte, al “Round of 12” il cemento di Dover che causa problemi meccanici e Talladega, che sicuramente mette paura a tutti. Al “Round of 8”, come si è sempre visto, a Martinsville si deciderà gran parte dell’inerzia verso Homestead e chi ne esce ammaccato ha poche chance di recuperare, anche perché a Miami ci vanno i tre vincitori delle rispettive gare e soltanto uno (in teoria) in base ai punti conquistati, dunque – come si suol dire – “quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare”.

Immagini: GettyImages per twitter.com/nascar e nascar.com

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