Monza, falle due gocce no? Cronaca semiseria di una lunga giornata…

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Tempo di lettura: 6 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
1 Settembre 2018 - 02:49
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Metti un acquazzone che sembra la Malesia 2009 mentre tu sei in scooter e devi fare sessanta chilometri. Decine di ombrelli ritirati agli ingressi perché hanno la punta in metallo e “sono pericolosi” mentre in Malesia, effettivamente, pare esserci davvero. Un paio di stivali da scooter che ti salvano dalle sabbie mobili. Una tribuna coperta che pare l’acqua nel deserto, anche se l’esempio non è calzante visto il tempo. Un toc di amici che rivedi dopo mesi di chattate. Un Ericsson che te la fa fare sotto per un minuto almeno. Infine, altri sessanta chilometri per tornare ed altra doccia, anche se più dolce. Perché Monza è sempre Monza.

Cronaca di una giornata attesa ma fino ad un certo punto. Il diluvio ci ha colti tutti – non – di sorpresa intorno alle 8.30 del mattino, quando le prime gocce dal diametro di mezzo metro si sono riversate nella zona ingressi a Santa Maria delle Selve. Tra chi è arrivato al controllo del biglietto già fradicio, chi in infradito (!), chi credendo che oggi sarebbe stata una bellissima giornata, per dieci minuti il delirio più assoluto ha colpito tutti. Ancor più incredibile è la mente che ha pensato bene di vietare gli ombrelli con la punta in ferro ma non le aste per gli indispensabili selfie. Perché i primi sono pericolosi al pari di un attentato terroristico mentre le seconde, ruotanti ed impazzite attorno ai volti della gente (lo dico? non lo dico? Hanno rotto i coglioni), non lo sono per nulla. Morale della favola, decine di ombrelli sequestrati per la gioia degli spettatori che hanno dovuto lasciarli per proseguire e proseguendo (scusate il gioco di parole) la doccia. Non è andata meglio a chi doveva farsi controllare lo zaino facendosi, a sua volta, sequestrare i tappi delle bottiglie d’acqua sostituendo essa con la pioggia finita proprio dentro lo zaino. Roba che l’Isis ci fa un baffo.

Vorrei sottolineare poi un divieto piuttosto strano, quello di introdurre delle Power Bank per caricare i cellulari. Perché strano? Perchè, incidentalmente, tra gli spettatori giravano delle fanciulle che vendevano, manco a dirsi, delle meravigliose Power Bank marchiate F1. 

Ma torniamo a noi. Superato il primo ostacolo del controllo biglietti giungiamo al sottopassaggio nord, quello che porta all’Ascari. Ci rimaniamo quaranta minuti in attesa che la bufera sopra le nostre teste passi. Non senza la preoccupazione che forse la nostra vita potrebbe finire lì, sotto un ponte, perché non accenna a smettere per una buona mezz’ora con condizioni testimoniabili dalla seguente immagine.

Incredibilmente la pioggia, dopo trentacinque minuti, cala di intensità. O forse Hamilton ha smesso di fare prove tecniche di richiamo meteo in privato. In contatto con un ragazzo conosciuto su Twitter, situato proprio in una tribuna coperta in uscita dall’Ascari, mi fiondo per salvarmi dalle intemperie. Arrivo all’ingresso e mi fermano… “Tribuna chiusa”. “Come chiusa, c’è gente su!”. “Forse non mi sono spiegato, la tribuna è chiusa”. “Bel concetto di chiuso che avete…”. Insomma, altra acqua e mi tocca aspettare altri venti minuti prima di poter salire per non so che motivo. Nel frattempo la GP3 è saltata, ma questo si era capito. 

Tra le altre cose dopo essermi incazzato come un bufalo perché, secondo la mappa dell’autodromo, con il biglietto del prato non si poteva più accedere alle tribune numerate, ho scoperto che invece fortunatamente è rimasto tutto invariato al venerdì. Strano, un po’ di fortuna.

Alle dieci di non so quale fuso orario la Red Bull manda all’uscita della Pitlane Ricciardo. Ci resta sessantasei minuti ed infatti, mezzo giro dopo, la macchina decide di sfasciarsi subito costringendolo a tornare ai box. Bene ma non benissimo. Tra uno scroscio e l’altro, eroicamente, decido di portarmi in un’altra tribuna che non abbia quattordici reti davanti alla faccia per fare un po’ di foto (eufemismo), tribuna questa volta scoperta. Finalmente posso scattare in relativa santa pace perché sono già stanco. La prima sessione di libere va via liscia e, tra un incontro e l’altro, decido di fare un giro all’area shopping posta dietro la tribuna principale prima di mangiare. Anche perché alle 12.45 non esiste coda inferiore all’ora per un panino.

Resto di stucco quando non trovo più le bancarelle dei vari team. Ci sono quelle dei santi Senna e Schumacher ma tutte quelle delle squadre attuali boh, non le vedo. Risucchiate dal fango? No, semplicemente Liberty ha allungato i tentacoli e, quindi, ecco il gigantesco F1 STORE. Una specie di Esselunga in tema sportivo, divisa in aree team per team oltre ad una specifica per il brand F1, che vende di tutto. Tazzine, magliette, cappellini, felpe. La stessa F1 sembra un team di F1, cose da pazzi.

Come detto, dopo aver digerito prima di mangiarlo un panino salsiccia e peperoni da sette fiammanti euro mi porto all’uscita interna della parabolica. Punto molto bello se sei capace di fare foto, un po’ meno se rischi di rimanere bloccato col collo mentre ti passano davanti a 280/290 all’ora. Chi ha rischiato invece di rimanere bloccato per un po’ è stato il povero Ericsson, che pochi secondi dopo esserci passato davanti tira una mina pazzesca in fondo al rettilineo. Restiamo un minuto con il respiro bloccato perché dal maxi schermo passano attimi interminabili prima di vedere Marcus fare il ceno OK ancora dentro l’abitacolo. Quando scopro che l’incidente si è verificato per colpa del DRS che non si è chiuso penso agli ultimi sette anni nei quali mi sono ampiamente scagliato contro questo sistema idiota e, come sottolineato più volte, dalla pericolosità estrema in casi come questo. Ovviamente, però, bisogna aspettare che qualcuno si faccia male. Chiederei un parere a Felipe Massa, visto che da giorni sostiene che la F1 è più sicura a prescindere della Indycar mentre viene preso a male parole da tutta l’altra parte dell’Atlantico. Un futuro da PR.

Fortunatamente le libere due se ne vanno senza altri acquazzoni e con relativa tranquillità. La Reflex è ormai KO con la batteria, quindi per oggi è finita qui. Non mi era capitato di vedere le stesse F1 due volte nello stesso anno. Non male. Ah, i ferraristi comunque sono infoiati e una macchina in testa alle pur inutili FP2 non fa altro che aumentare l’attesa. Se Seb domenica non gliela vince non lo fanno uscire dall’Autodromo. 

Stanco, con oltre 12.000 passi alle spalle percorsi spesso nel fango con stivali da scooter (coefficiente difficolta almeno 9 su 10, lo pretendo), faccio il giro delle persone da salutare e ringraziare per questo o per quell’altro. L’ultima volta che ho ringraziato per filo e per segno ho imparato che è meglio evitare perché prendersi del barbone diventa facile come vedere la Juve che vince lo scudetto (o perde una finale di Champions, vedete voi). Quindi grazie a tutti per la bella giornata, grazie ad Ericsson per non avermi fatto penare troppo e grazie agli ulteriori sessanta chilometri per tornare a casa tra dodici microclimi diversi tra raggio di sole, pioggia, nuvoloso e un paio di banchi di nebbia che manco Fantozzi e Filini alla partita di tennis.

Ed ora nanna, che sono le 2.46 ed alle 10.30 c’è la GP3. Buonanotte.

Se c’è qualche refuso nel pezzo capitemi… Ah, queste son le foto di oggi per chi volesse.

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