“Monaco è noiosa”. La vera noia è tutta qui

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
28 Maggio 2018 - 21:22
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Chiedetelo a Ricciardo. Chiedete a lui se la “sua” Monaco, ieri, è stata noiosa. Chiedetegli se dover tenere a bada tre, quattro vetture alle sue spalle per sessanta giri con gomme in pappa, Power Unit e cambio che facevano le bizze, un volante su cui giocare in un posto dove non ci sono dieci metri dritti, è stato come girare in mezzo alle campagne con il braccio fuori dal finestrino a prendere aria.

Dalla gara di ieri si leggono le lamentele di chi è indignato per un Gran Premio che ha fatto addormentare la gente, che non ha regalato spunti, che non ha emozionato. E mi chiedo se in contemporanea, oltre a Monaco, c’è stato un altro Gran Premio da qualche altra parte, perché fatico a capire tutto questo mal di pancia.

Vedere l’impresa di Ricciardo sommersa da una sommossa del genere è francamente incomprensibile. Non riuscire a carpire lo spessore di ciò che ha fatto Daniel per oltre un’ora e mezza “perché non ci sono stati sorpassi” (che poi non è vero, ma chi li ha portati a termine… vabbè, lasciamo stare) è il simbolo di quello che è attualmente il pubblico medio della Formula, per altro quello a cui Liberty Media punta per risollevare le sorti d’audience dello sport. Il pubblico che è stato addestrato ad entusiasmarsi per sorpassi finti, quello che quantifica la corsa sulla loro quantità e non la loro qualità. 

Certo, l’ho visto anche io che là davanti c’è stata una processione. A due terzi di gara credevo che i primi quattro si sarebbero fermati ancora e vedevo Bottas, l’unico dei top con gomme più dure, come il favorito. Ma alla fine perché Ricciardo si sarebbe dovuto fermare, se aveva la possibilità di andare fino alla fine? Per fare un favore al pubblico? Perché gli altri avrebbero dovuto seguirlo? Per far aumentare l’audience di un punto percentuale? Non scherziamo. Vero, verissimo che davanti si andava lenti, ma non credo si facesse di proposito per stimolare la pennichella sul divano. Cosa si sarebbe dovuto fare allora? Perdere la gara per far emozionare qualcuno? Per favore.

Monaco, per me, non è noiosa, non lo è mai, e poco mi interessa che lo dicano in molti o alcuni piloti che non hanno ottenuto il risultato sperato. Guardate cos’ha fatto Gasly con la Toro Rosso. Non se l’è filato nessuno, ma con la monoposto di Faenza motorizzata Honda ha sbeffeggiato la Mclaren lì dove quelli di Woking speravano di mostrare al massimo le loro potenzialità. Pierre, dopo il quarto posto del Bahrain “pompato” dai ritiri delle Red Bull e di Raikkonen, qui porta a casa un settimo praticamente netto e non lo calcola nessuno. Ed anche se Verstappen gli fosse arrivato davanti, l’ottavo posto sarebbe stato un risultato fantastico. Ma quanto fatto a metà griglia conta sempre relativamente, mi pare di capire.

Monaco è il simbolo di quanto la F1 sia cambiata nella sua visione e nelle sue priorità. La si considera anacronistica ma è l’unica che mantiene inalterate le sue caratteristiche col passato. Si chiede a gran voce lo spettacolo ed invece di rimanere affascinati dai guardrail limati (o presi in pieno), dal Mirabeau su tre ruote, dal tunnel dal quale si esce a 290 km/h, ci si esalta per due chilometri e mezzo di autostrada a Baku, dove possono viaggiare quasi quattro monoposto affiancate a tutto DRS. Per me, e ripeto per me, questo è inaccettabile.

Monaco è forse l’ultimo filo che tiene legata la F1 al suo passato lì dove tutti gli altri circuiti storici sono stati rinnovati ed asfaltati ovunque nelle loro vie di fuga. Se Monaco, nel 2018, non piace più, forse come chiede qualcuno è giusto che venga tolta dal calendario. Perché se da Monaco ci si aspettano tutte gare come quelle del 1996, con sette classificati ed un vincitore totalmente inaspettato, allora è inutile continuare. A meno che non ci sia una Ferrari che fa doppietta come l’anno scorso: allora le lamentele non si vedono manco col binocolo.

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