Michael e l’altro 8 ottobre: Suzuka 2006

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
8 Ottobre 2016 - 10:00
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Ogni 8 ottobre aggiunge un +1 agli anni che mi separano sempre più da quella domenica del 2000, quando Michael riportava trionfalmente il titolo a Maranello aprendo, di fatto, il cancello del viale del paradiso nel quale avrebbe corso, poi, per altre quattro stagioni, collezionando di tutto.

Sarebbe ovviamente semplice (anche se non lo è mai) riparlare di quella giornata, riviverla, raccontarla nuovamente. Forse sarebbe anche scontato. Ed è per questo che, nel giorno del ricordo al quale sono più affezionato, voglio rivivere emozioni diverse, seppur legate agli stessi protagonisti, allo stesso luogo, addirittura alla stessa data.

8 ottobre 2006, Suzuka, Gran Premio del Giappone. Il giorno delle lacrime. Le sconfitte sono più istruttive delle vittorie: insegnano a vivere, a rialzarti quando cadi, ti plasmano e ti rendono quello che sei. Quel giorno, ne avrei fatto volentieri a meno.

Sono passati 10 anni da quella domenica nella quale ho provato male mentale, fisico, per una fumata bianca che, invece di annunciare un lieto evento religioso, ha mandato all’inferno un sogno rincorso, cercato, voluto, raggiunto sette giorni prima in Cina con la vittoria delle vittorie, la numero 91. La sbornia, l’aggancio in classifica su Alonso, il mondiale sempre più vicino. Non il primo, non il terzo, non il sesto. L’ottavo, da conquistare per poi chiudere baracca e burattini e salutare tutti portando a casa quell’amato numero 1, per sempre. L’apoteosi.

L’8 ottobre 2006 è una delle giornate che più mi lega a Michael nel corso della sua carriera. Perché è facile salire e restare sul carro dei vincitori finché tutto procede secondo comodo, per poterti così bullare del tuo eroe. Più difficile è doverne prendere le difese anche quando le cose vanno male, quando le sportellate alla Jerez fanno male anche a te oltre che a lui, o quando dopo anni capita il giro a vuoto (2005) e già il detrattore medio ti parla di vecchio da pensionare.

Moralmente insostenibile è, invece, dover far fronte ad una sconfitta che brucia come gli scarichi della 248-F1 al giro 36 di quella maledetta domenica. La gara è controllata, manca un terzo dei giri per andare ad Interlagos con 2 punti di vantaggio sullo spagnolo che imperversa. Tutto procede secondo i piani: Michael in testa, Alonso secondo in rimonta. Basta portarla a casa e il sorpasso in classifica è completato. Poi un lampo, un fumo denso che copre una sagoma rossa. Do per scontato che sia la Ferrari di Felipe, perché non può succedere a Michael, non oggi, non adesso. Poi oltre alla sagoma rossa anche il casco si tinge dello stesso colore e la voce, quel filo di voce che esce autonoma da una bocca impietrita recita semplicemente: “no, cazzo, no”.

Tre parole, poi il silenzio. Vorrei portare indietro il tempo. Non può succedere a lui, non dopo mezzo campionato in rimonta, non dopo il tripudio di Monza, non dopo l’apoteosi di Shanghai. Non può essere, vorrei svegliarmi e prendere a ceffoni chi si è inventato un incubo del genere: invece il replay lo conferma una, due volte, con Alonso che si prende la testa, manda in crisi la mia, ci strappa dalle mani il titolo. Perché la storia è finita lì, sotto il ponte di Suzuka. Il sogno del titolo numero 8 si è interrotto, il giorno 8, sul tracciato dal layout che ricorda un 8. C’è ancora una gara, certo, ma deve succedere il finimondo e so già che non accadrà. Le mie coronarie non reggerebbero, dopo Cina e Giappone, un nuovo ribaltone. Sarebbe troppo anche per me. Sento gli occhi inumidirsi, esattamente come 7 giorni prima, dopo la vittoria della Cina. Questa volta per il motivo opposto.

Michael saluta il pubblico e non so più cosa sperare. Certo, penso al fatto che anche sulla Renault potrebbe succedere qualcosa, ma quel qualcosa si è già verificato a Monza e questo, a conti fatti, è l’1-1. Ci sta: ma proprio qui, porca… La gara prosegue, e con un sadismo da Oscar i giri passano sempre più lentamente, come se volessero irridermi, sfottermi, farmi capire per bene quello che è successo. Vorrei solo finisse in fretta, se deve essere questo il risultato.

Michael torna ai box e, uno ad uno, saluta tutti i suoi meccanici ed ingegneri. Li abbraccia, li conforta. Lui, che ha appena perso la possibilità di vincere il suo ultimo titolo, sa però che quelli sono gli stessi ragazzi che lo hanno accompagnato per 72 lunghe vittorie e 5 allori. Alcuni piangono perché sanno, hanno capito, che è finita lì. In quel momento vorrei essere qualsiasi cosa lì dentro, anche un oggetto, prendere vita e avere l’opportunità di restituirgli l’abbraccio, dirgli “È andata così ma non cambia quello che sei”. È una scena destinata a restare nella storia, che mostra una volta tanto quanto molta gente si sia sempre sbagliata sul suo conto.

Alonso vince e chiude di fatto la pratica del secondo mondiale, perché tanto ad Interlagos non succederà nulla. Io resto per giorni in lutto sportivo, e neanche la straordinaria gara del Brasile sarà sufficiente a risollevarmi il morale. Anzi, per certi versi mi lascerà dubbi immensi sul suo ritiro.

Ancora oggi, quando penso a quel giorno di dieci anni fa, mi mordo le mani: eppure, al di là della delusione e del terribile ricordo, quella giornata in cuor mio mi ha fatto diventare ancora più tifoso di Michael. Non dello sportivo, ma dell’uomo. Ed è per questo che ho voluto ricordare, nel giorno dell’anniversario del giorno forse più bello, una delle delusioni peggiori. Perché anche da quelle si impara, e tanto. A volte, più di quando si vince.

Grazie anche per questo, Michael.

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4 Commenti su “Michael e l’altro 8 ottobre: Suzuka 2006”
FrancescoFerrandino dice:

Anche in caso di vittoria al traguardo, per il titolo sarebbe servito necessariamente un ritiro di Alonso…

Andrea Pomella dice:

Stupendo articolo….. Concordo in tutto…. un giorno, appena ne ho la possibilità ti manderò la foto del pistone che è collassato quel giorno…. lo ha in casa uno degli “angeli Rossi” che è un mio carissimo amico…. quando lo vedo il pensiero chiaramente va subito lì a quel giorno…… però io aggiungerei che chi ha completato l’opera è stato Fisichella in Brasile…… se non si trovava sulla strada di Schumacher quel giorno oltre alla rimonta da leggenda l’ottavo titolo era di Michael……..

Francesco E Ylenia dice:

Secondo me lui doveba ritiriare l annuncio del.ritiro e riprovarci nel 2007 e cosi spaccava hamilton e alonso

Davide Calbucci dice:

bellissimo articolo, io dopo quella fumata bianca spensi direttamente la tv

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