Messaggeri del caos

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 6 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
28 Gennaio 2019 - 15:00

Dopo i primi tre round della stagione 2018-2019 del campionato 100% elettrico della Formula E, si ha una situazione parecchio stravolta rispetto alle previsioni. Tre gare che definire bizzarre è poco e una serie di dubbi che, chi più chi meno, hanno cominciato a far fischiare le orecchie a molti. La gara di sabato sera a Santiago del Cile, sulla pista del Parque O’Higgins vicino all’arena Movistar, ha visto una serie quasi infinita di contatti, sbandate, testacoda e, ultime ma non per importanza, penalità, fin dalle tanto discusse qualifiche tra l’altro. Il tutto condito da una pista metà in asfalto e metà in cemento che sembrava sbriciolarsi solo a passeggiarci sopra.

Con la crescita delle aspirazioni del campionato, nel quale quest’anno si sfidano undici team e alcuni dei marchi più famosi al mondo, crescono anche i dubbi sul fatto che questa categoria cerchi ancora un po’ troppo di puntare sulla spettacolarità. In effetti, tra team di un certo calibro come BMW-Andretti, Audi, DS-Techeetah e tanti altri, e un parco piloti che conta ex-piloti di Formula 1, campioni su vetture a ruote coperte e persino vincitori di 24 Ore di Le Mans, non servirebbe altro per far capire al mondo intero, scettico sulla natura stessa di un campionato con vetture totalmente elettriche, che qui c’è ben poco da scherzare.

L’esempio lampante ce l’ha dato proprio l’ultimo ePrix svolto meno di quarantotto ore fa. Già nel 2018 Santiago del Cile mi era parsa piuttosto impreparata ad accogliere il Circus di color azzurro con una pista poco curata e soprattutto parecchio sporca durante la parte finale della gara, però il duello Vergne-Lotterer e la tensione che si è respirata nel vedere le due Techeetah a contatto per quasi tutta la gara aveva fatto chiudere un occhio a tutti. Al parco O’Higgins però la situazione è parsa ancora più difficile, sin dalle libere; il risultato alla fine l’abbiamo visto: veri e propri pezzi d’asfalto staccati dalle Spark in pista che nei quarantacinque minuti di ePrix hanno ridotto il manto stradale a un colabrodo.

In difesa della pista si può dire che questa ha messo ancora più a dura prova i protagonisti, premiando quelli che non hanno commesso errori, ma non credo questa giustificazione basti.
Ancora meno giustificazioni invece per i commissari di percorso, come lo scorso anno poco preparati nello spostare mezzi fermi in pista, come successo con la vettura di Günther. Si dovrebbe cominciare a valutare un paio di soluzioni: o cominciare a limare sempre più dal calendario le piste cittadine “improvvisate” aggiungendo appuntamenti in veri e propri tracciati, oppure assumere dei commissari di percorso esperti fissi a ogni ePrix con cui “istruire” e aiutare quelli presenti di base.

La puzza sotto al naso comincia a salire in maniera preponderante quando si parla di regolamenti, sanzioni e penalità. Già lo scorso anno, il primo che io abbia visto completamente, ho avuto parecchi dubbi nelle ultime gare quando Jean-Éric Vergne, nettamente più veloce di Sam Bird e della sua DS-Virgin, è stato costretto ad affrontare una sequenza interminabile di penalità, come retrocessioni in griglia o risultati persi per penalità di tempo che hanno allungato la lotta iridata fino alla penultima gara. Ribadisco come questi siano solo dubbi e non affermazioni vere al 100%, per cui non mi azzardo a parlare di un campionato “pilotato” o cose simili. Dico solo che, in una maniera o nell’altra, delle situazioni imprevedibili e caotiche saltano fuori.

Il problema però sussiste, e anche le dichiarazioni bollenti di Lucas Di Grassi, primo in qualifica ma retrocesso ultimo per un’irregolarità nel giro di rientro, lo testimoniano. Quando il tuo ex-campione parla di “regola più stupida mai vista nella storia del motorsport”, c’è da preoccuparsi. A rendere ancora più calda una situazione già bollente di suo (metaforicamente e non), i tantissimi contatti visti hanno obbligato a un lavoro straordinario i commissari. Difficile anche capire quali fossero incidenti di gara e quali con delle responsabilità evidenti. Sinceramente non ho invidiato il loro lavoro questo weekend.

Tornando alle penalità sul piano tecnico, il caso forse più scandaloso lo si ha avuto nella prima gara della stagione corrente, in Arabia Saudita. Il settaggio sbagliato del brake-by-wire è stato un guaio che ha mandato in confusione ben quattro team differenti e cinque piloti nel corso dell’ePrix: oltre ai due della Techeetah, anche Massa per il team Venturi, Paffett per HWA e Sims per BMW hanno avuto questo problema. E’ un sintomo forse che il regolamento stesso è un po’ troppo rigido in alcune sue parti? Non so, però mi sembra strano che una squadra come Andretti, giusto per dirne una, compia un errore di questa portata. A questo si è aggiunta la sfiga, come la regia mal funzionante ad Ad-Diriyah che non ha fatto capire assolutamente nulla a commentatori, spettatori e persino ai team partecipanti ai box.

Sono sul finire dell’articolo e ancora non avete sentito le parole “Fan Boost” o “Attack Mode”. Questo perché, sinceramente, da fuori non sembrano essere le vere fonti di problemi di questo campionato. Sono solo lo specchio di ciò che gli organizzatori hanno ancora paura, in altre parole che questa Formula E non attiri il grande pubblico (e lo testimoniano anche quelle campagne pubblicitarie da brividi nel quale la F.E. viene accostata a Mario Kart). Il risultato sta appunto in due elementi come questi, creati apposta per dare un maggior numero di sorpasso e imprevedibilità alla corsa; sono del tutto non necessari (battaglie e sorpassi ci sono eccome anche senza il loro utilizzo), ma non creano nemmeno situazioni imbarazzanti come il DRS in Formula 1. Lo stesso Fan Boost, nonostante il concetto di dare un aumento di potenza basandosi solo sui favori del pubblico sia fortemente sbagliato, alla fine dei conti non è mai stato realmente decisivo per lo svolgersi di una gara di Formula E.

In tutto questo, il Circus elettrico gode ancora del suo momento di gloria e del suo stato di grazia, almeno in termini di visibilità, presenza e livello tecnico. E’ merito anche di queste loro strategie, e finché fruttano avranno ragione loro. Ma forse bisognerebbe ascoltare anche chi critica in maniera seria il prodotto, per migliorarlo. “Si può sempre migliorare”, e per farlo bisogna esser messi di fronte alle proprie mancanze. Le dichiarazioni di Helmut Marko sono pungenti verso la F.E., e onestamente non sono per nulla d’accordo quando parla di “categoria non per i puristi dell’automobilismo”, ma sono già più sensate le critiche sulla questione marketing e sulle location visitate, più adatte al grande pubblico che a veri e propri appassionati. Da Costa e Di Grassi gli hanno risposto per le rime, il dibattito continuerà sicuramente.

Faccio un appello finale a Jean Todt e Alejandro Agag: il potenziale che questo campionato ha è enorme. Se davvero c’è qualcosa di “marcio” in questi weekend di gara, si rischia di rovinare un’idea davvero vincente con mezzucci del tutto inutili. Meglio lasciare che le corse siano quello che sono, competizione, sfida, e sì, anche la giusta quantità di spettacolo. Giusta però.

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