Lo sfogo d’altri tempi di Michele Alboreto nel 1987

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Tempo di lettura: 4 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
1 Giugno 2019 - 17:00
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In una Formula 1 sempre più abbottonata, che spesso non regala agli appassionati dichiarazioni “non banali” per bocca dei suoi protagonisti è sempre più complicato, anche per gli addetti ai lavori, scrivere qualcosa di interessante e soprattutto coinvolgente. Sfogliando delle copie di Autosprint del 1987 ho letto con grande emozione, e soprattutto stupore, un’intervista a Michele Alboreto realizzata a quel tempo da Roberto Boccafogli, stimato giornalista e attuale Head of F1 Communications di Pirelli.

Parole indirizzate al difficile rapporto con l’allora Direttore Tecnico della Ferrari, il “mago” John Barnard, e alla complicatissima stagione che il compianto Alboreto aveva vissuto anche rispetto al compagno di squadra Gerhard Berger, vincitore delle ultime due gare della stagione che avevano interrotto un digiuno di successi della rossa che durava da 37 GP.

MICHELE A CUORE APERTO

Ecco alcuni passaggi di quell’intervista di 32 anni fa.

Michele, tutti si chiedono perché non hai vinto almeno una volta…
“Perché è andata male, ho avuto un sacco di problemi dentro e fuori la macchina. Forse più fuori che in macchina. Difficoltà in famiglia, e anche il rapporto con Barnard ad inizio stagione, che hanno originato una lotta pazzesca. Davvero: faceva cose che mi ferivano molto e per tutta questa serie di motivi ho spinto tanto da subito e fino a quando ho potuto ho dato il meglio”.

Poi cosa è successo?
“Mi sono ritirato per 10 volte consecutive per guasti meccanici. E’ stato il colpo finale, ogni ritiro era una coltellata. Continuare a non arrivare sapendo che il potenziale c’era è stato davvero brutto”.

Come lavora Barnard, anche a livello personale con il team?
“Il fatto che non arrivi al mattino e non saluti i meccanici già mi fa restare male: lui non considerava affatto ciò che veniva fatto a Maranello, nel senso che qualsiasi cosa gli si dicesse lui l’accantonava e ripartiva dalle sue idee. Io sono convinto che quello che c’era ad inizio stagione non era da buttare, anzi moltissimo era buono. Il fatto che uno arrivasse e buttasse via tutto quanto era stato fatto fino a quel momento mi piaceva poco”.

Per tutta la prima parte di stagione si era parlato di un tuo approdo in Williams nel 1988…
“C’era un offerta di Frank e questa mi metteva nella posizione di scegliere. Volevo restare alla Ferrari ma il metodo di Barnard non mi piaceva, non mi trovavo bene con lui. Mi dicevo, se questo è l’uomo con cui devo lavorare in futuro questo non mi piace troppo. Poi ho parlato con il commendatore Ferrari che mi ha detto che voleva che rimanessi con loro e quindi ha prevalso il cuore ed è stato meglio così. Tengo a chiarire che non andavo d’accordo con John, non con la Ferrari. Parlare poi con Enzo Ferrari è sempre la soluzione ai problemi”.

Qual è stato il momento peggiore della stagione?
“Una grande delusione è stata a Monza, volevo fare bella figura davanti al mio pubblico con una gara di testa. E invece è successo di tutto, come la rottura dell’attacco del fondo della carrozzeria, e quindi se n’è andata la possibilità di fare podio oppure una bella gara. In questo caso ha influito il botto che avevo fatto nel venerdì, così come in Spagna. Cercavo il tempo a tutti i costi e quando si è al limite è facile sbagliare. Quest’anno ho distrutto due Ferrari, non mi era mai successo e questo mi ha un po’ annebbiato”.

Ora Alboreto non è più il pilota principe del team…
“Sono convinto che in Ferrari i piloti ricevono lo stesso trattamento. Berger va più forte di me ma non perché lui ha un appoggio migliore del mio. Devo riuscire io a trovare la soluzione”.

L’intervista è molto più lunga, questi sono alcuni passaggi di un uomo, prima che di un pilota, che non aveva nessun problema a “sfogarsi” dopo una stagione complicata. Personaggi che molto probabilmente non ci sono più, in questo momento storico, nel mondo del motorsport.

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