L’inquisizione Vetteliana: vogliamo la Formula 1 o le messe in chiesa?

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
29 Giugno 2017 - 00:22
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Ora, io capisco che il tiro al piccione sia lo sport più praticato quando c’è da dare addosso a qualcuno, però credo che ad un certo punto si rischi di passare il limite.

Succede che Sebastian Vettel, probabilmente, non ha ancora terminato di fare i conti con la giustizia sportiva per la ruotata non richiesta, inutile e goffa nei confronti di Lewis Hamilton. Sembra che non siano bastati i 10 secondi di Stop&Go comminati direttamente in gara a Baku e nemmeno i tre punti sulla patente che portano il totale a nove su dodici. Non ho idea di cosa si discuterà nel merito il 3 di luglio, quando la FIA rivedrà ancora le immagini di quanto successo dietro la Safety Car, e soprattutto non ho idea di quali potrebbero essere altre eventuali ripercussioni su Sebastian. Di certo, non me lo immagino a fare il cameriere nell’hospitality della FIA, e tanto meno crocifisso in sala mensa in quella della Mercedes. Mi sembra, però, che si stia un tantinello esagerando con una storia che si sarebbe dovuta ritenere chiusa già domenica sera. Capirei se durante la gara non si fosse presa alcuna decisione, ma la rivisitazione della questione a posteriori fa molto Jerez ’97 quando, al netto della volontarietà del gesto, la posta in gioco era ben più grossa. In questo modo la stessa patente a punti perde di valore, perché se è stata introdotta per dare un freno a comportamenti scorretti e poi viene scavalcata da altre sanzioni accessorie, non ha senso di esistere. 

Ma non è tanto questo il punto focale di questa riflessione. Sebastian ha sbagliato, ha pagato in gara, e per quanto mi riguarda sarebbe eccessivo se si aggiungesse altro ancora. Quello che mi lascia basito è il fatto che si tratti questo episodio come se si stesse parlando di due impiegati del catasto o due chierichetti che bisticciano alla mensa domenicale. Ho letto indignazione in ogni dove che manco il moralizzatore delle Iene: “queste cose non dovrebbero succedere”, “bisogna dare l’esempio”, etc etc. Detto magari da persone che sulle strade di tutti i giorni, nelle quali non si corre, scaricano tutti i santi verso altri automobilisti. Mi chiedo una cosa: sono mesi che si attende la lotta tra Lewis e Seb, ed ora che sono state gettate le maschere ci si indigna? E come pensavate che potesse accendersi la rivalità, a finte pacche sulle spalle, giganteschi “volemose bene” a caratteri cubitali sui giornali e cuoricini in diretta TV? Dai, per favore, non martoriamoci l’intelligenza.

Quello che è successo domenica è stato tremendamente sincero dopo settimane di fintume preconfezionato. Quella di Baku è stata una delle battaglie psicologiche alle quali assisteremo da ora in poi: battaglia vinta da Hamilton che, telemetria o meno importa relativamente, il tranello l’ha piazzato con Vettel che c’è cascato con tutte le scarpe, i guanti e il casco. Ne ho sentiti almeno tre (Villeneuve, Capelli e Stewart) sottolineare la malizia di Lewis seppur nei limiti del regolamento sportivo, quindi basta con la storia dell’impeccabile perché non fa un favore nemmeno a lui. Qui si tratta di Formula 1 e non di messa, e per esser lì bisogna essere stronzi, egoisti e pronti a tutto. E se ci scappa la scorrettezza è inutile indignarsi oltre la soglia del giusto, perché la storia di questo sport è colma di episodi del genere. E ci vorrebbe del bel coraggio per sostenere che senza scorrettezze e azioni al limite tutti conoscerebbero la Formula 1 allo stesso modo. Perché vorrebbe dire cancellare dalla memoria un Hunt che prende a pugni un commissario, Piquet che si improvvisa boxeur con Salazar, Prost che inizia la chicane di Suzuka dalla 130R, Senna che medita per un anno e poi applica la vendetta quasi tentando un omicidio (e questo è ben peggio di una reazione istintiva, chiariamoci), Schumi che rifina la fiancata a Jacques ad Jerez e tutto quello che volete aggiungere.

Cioè davvero volete farmi credere che la vostra Formula 1 ideale sia quella in cui sono tutti amicici, si vogliono bene e se uno perde il mondiale all’ultima curva porta in trionfo il vincitore? Su quale pianeta? L’avete visto com’è finito l’ultimo mondiale, vero? Ragazzi, non prendiamoci in giro. Il sale delle corse è costituito dalle lotte. E le lotte, implicitamente, sono barbare, all’ultimo sangue e possono (ripeto, possono, non devono per forza) sfociare in esagerazioni come quella vista domenica. Io non ho, e non voglio avere, la presunzione di sapere cosa succede dentro quelle monoposto quando l’adrenalina è alle stelle, nemmeno quella di poter capire cosa passa per la testa di un pilota in determinati momenti, e pertanto come posso sentenziare su comportamenti e reazioni che non ho mai provato sulla pelle? Tirare una ruotata ad un avversario in una situazione come quella di domenica è sbagliato, certo: chi è però sicuro al 100% che non avrebbe fatto lo stesso alzi la mano. Io non ce la faccio, nonostante l’episodio sia ormai stato sviscerato con tanto di telemetrie e quant’altro.

Pertanto, va bene la condanna dei gesti poco sportivi, ma non parliamone come se in passato sia stato sempre tutto rose e fiori. Perché se la F1 è questa lo è anche per le controversie che ancora ricordiamo, alle quali si aggiungerà (purtroppo per Vettel) quella di domenica. Ma finiamola qui e non prendiamoci in giro con moralismi che lasciano il tempo che trovano.

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