Se la vera Pole è di Paul…

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
29 Luglio 2017 - 21:20
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C’è che ti chiami Paul Di Resta e dal GP del Brasile 2013 non ti siedi dentro una F1 in un evento ufficiale. Si tratta praticamente di due ere fa. Non c’erano ancora le monoposto ibride e non erano larghe e belle quanto queste.

C’è che corri nel DTM, categoria sempre più morta, e ormai il paddock di F1 lo frequenti da terzo pilota Williams (quindi non giri mai) ma soprattutto come commentatore di Sky UK. Microfono, telecamere, cose così da pensionato come Coulthard, Brundle, Hill e compagnia.

C’è che ai tempi più persone si indignarono per il fatto che tu non avessi trovato un sedile per la stagione 2014. Ma è capitato a molti, quindi lo sconcerto non è che sia durato poi così tanto.

C’è che però, a volte, gli eventi ti regalano un momento diverso da solito. E così i problemi di salute di Felipe Massa (a proposito, riprenditi in fretta!) ti aprono una possibilità inattesa: quella di calarti nell’abitacolo della Williams non a freddo, ma da appena tirato fuori dal congelatore. Eri pronto a prendere in mano il microfono e ti trovi il volante. Ti infili, ti prendono le misure per la pedaliera (visto che sei un bel po’ più alto di Felipe), ti preparano il sedile al volissimo. Niente camicia, niente telecamera. Tuta, casco, guanti come una volta. 

Per di più, per aggiungere un pizzico di adrenalina in più alla cosa, niente prove libere. Si scende direttamente in qualifica. Senza aver mai provato la macchina, senza conoscerla, senza conoscerti ancora bene come pilota di una F1 che non hai mai guidato. Manca altro? Beh, i 30 e passa gradi della pista più calda e tortuosa del mondiale se escludiamo Montecarlo: Budapest. Insomma, non hai nemmeno il tempo di pensarci. Ti cambiano gli adesivi sulla macchina, via il 19 e dentro il 40, via “Massa” e dentro “Di Resta”.

E tu? Beh… ti butti nella mischia. Ci si chiede se è giusto concederti il permesso di guidare: alcuni di quelli che se lo domandano sono gli stessi che domani, ore 14.00, vorrebbero vedere Kubica al posto di Palmer. Ma tant’è… è ora di andare. Che distacco sarebbe considerato decente dal tuo compagno di squadra Stroll, in una sessione che dura 18 minuti nei quali riuscirai a compiere quattro, cinque giri veloci? Due secondi e mezzo? Due? Uno e mezzo? Beh, tenendo conto che sono passati oltre tre anni e mezzo e due generazioni di vetture, un secondo e mezzo sarebbe già molto buono, almeno così penso.

Fai il primo giro, il secondo, e poi inizi a spingere. Prendi confidenza, tornano parte di quegli automatismi sopiti. Dagli onboard si sente che stiri le marce quasi come se fossi rimasto al 2013, quando di rapporti ce n’erano ancora sette. Passa un po’ e inizi a cacciare dentro seconda, terza, quarta, quinta e via così più rapido, più vicino ai tuoi colleghi. Ti ambienti. E alla fine quelle domande, “È giusto farlo correre così?” e “Quanto prenderà da Stroll?” hanno la loro risposta. Non due secondi e mezzo, non due, non uno e mezzo, non uno. Sette decimi da Stroll. Eliminato dalla Q1 da penultimo, addirittura concedendoti il lusso di stare davanti ad Ericsson e a sette, sette, sette decimi da Stroll. Dopo 18 minuti di F1 2017. Ok, Stroll non è Massa, mi direte. E quanto sarebbe stata la differenza? Poco sopra il secondo? Digli niente.

Vettel? No no, signori, la Pole oggi per me l’ha fatta Paul.

Straordinario.

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