“La Indy è monomarca”, “La FE è noiosa”. Quindi la F1 è falsa?! C’era una volta la genuinità

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
18 Marzo 2018 - 10:30
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Devo essere sincero? Ne ho un po’ le palle piene. Di stereotipi, di baggianate, di sentenze sputate senza aver visto, letto, sentito. Decidiamoci: o ci va bene tutto, o non ci va bene niente, perché così non si può andare avanti. Io posso capire che il popolo del 2018 abbia bisogno sempre di dire la sua, di avere l’ultima parola, di ergersi a portatore di verità assoluta ma cazzo, almeno un poco di valutazione oggettiva ci vuole. 

Una settimana fa ho elogiato il nuovo corso della Indycar indicando come la nuova monoposto abbia raggiunto già alla prima gara gli obiettivi prefissati, ovvero rendere le corse più avvincenti genuinamente agendo sull’aerodinamica, senza dover così ricorrere ad invenzioni particolari. Il confronto a livello di intensità e spettacolo è ovvio che si porti avanti con la categoria più vicina a noi europei, ovvero la F1.

Eh no, non va bene, quella là è un’altra cosa, è un monomarca (nel senso dispregiativo del termine), come puoi confrontare due categorie completamente diverse? E uno.

Ieri sera è andata in scena la Formula E a Punta del Este con trentasette giri di un’intensità rara tra Vergne e Di Grassi, con il primo che ha dovuto gestire per tutta la gara il brasiliano alle calcagna tra tentativi di sorpasso e traiettorie incrociate.

Eh no, la Formula E è noiosa perché non ci sono sorpassi. E due.

Dai ragazzi, non se ne può più. Prima di tutto qui non si parla di confronto tecnico, ma di emozioni. Perché se parliamo di tecnica e regolamenti, se tanto mi dà tanto, questo farà schifo e quell’altro pure ma allora bisogna ricordare che la F1 in confronto a tutto è falsa. Perché se la generazione dell’ultimo lustro ritiene la F1 del DRS, delle sei mescole di gomme e della scelta che avviene settimane prima, del parco chiuso e degli assetti a caso se cambia il tempo superiore per definizione e per intensità al resto delle categorie del motosport, allora abbiamo un problema grave da affrontare.

Se davvero non si riesce a cogliere l’intensità di un sorpasso preparato, sudato per giri interi o di uno portato a termine inaspettatamente e non in una sola frenata in tutto il circuito, e si predilige la corsia di sorpasso in autostrada senza alcuno spunto di interesse e di aumento dei battiti cardiaci, allora abbiamo perso completamente il concetto di motorsport.

Posso capire che ci siano preferenze soggettive ma non si possono sottolineare sempre i problemi di ciò che non ci piace e nascondere quelli di ciò che preferiamo a prescindere. La Indy sarà pure un monomarca, anche se ci sono due fornitori di motori e le auto sono in mano a team con esperienze diverse e dai nomi altisonanti come Penske, Andretti, Ganassi e via dicendo; la Formula E girerà sì lenta e silenziosa, con una batteria che dura metà gara (ancora per quest’anno) e in circuiti angusti. Eppure la Formula 1 così complicata, estrema, super tecnologica, costosissima e ristrettissima, a conti fatti è schiava di regolamenti che l’hanno castrata e resa quasi un monomarca più delle altre due. Prendete due monoposto attuali e due di venticinque anni fa, e capirete di cosa parlo. 

Che poi non è neanche questo il fulcro del mio discorso, il punto al quale voglio arrivare. L’essenza del motorsport è la battaglia, la lotta indipendentemente dal mezzo. Che sia una Indycar, una Formula E, una LMP1 o una Formula 1, quello che deve emergere è lo scontro genuino tra piloti, che ormai si è perso da tempo. Tenete ben presente il termine genuino perché questa è una prima, grande differenza col passato. La seconda differenza è sociale. L’attesa, nella nostra società fatta di smartphone, Facebook ed informazioni a portata di dito non è più contemplata; si vuole tutto e subito. E così la F1 si è adeguata offrendo da anni gare più spettacolari secondo un principio completamente errato: “creiamo più sorpassi con il DRS e gomme a degrado controllato”. Numericamente, non qualitativamente. Il protrarsi di questa condizione ha contagiato ed abituato la nuova generazione al fatto che questa, quella del sorpasso facile, sia la normalità identificandola così come spettacolo “vero”.

Tutto il resto, quindi, è noia o robaccia inferiore: tanto da non riuscire più a rendersi conto che vedere Di Grassi cercare in tutti i modi il sorpasso su Vergne, limando centimetri in curva ed in frenata giro dopo giro non è noioso e svilente, ma quanto di più genuino ci sia nelle corse al netto del fatto che si tratti di una sibilante e lenta Formula E. Così come non si coglie più la purezza di un sorpasso d’istinto realizzato in un punto non previsto del tracciato invece che alla fine di un rettilineo da ala mobile. E dire che tutto ciò che ora viene criticato è quanto in Formula 1 era la normalità quando non esistevano i social, internet e quant’altro.

Tante critiche, poi, arrivano senza aver davvero seguito una gara di una qualsiasi altra categoria. Un po’ come quando si commentano gli articoli leggendo solo il titolo (qui ne sappiamo qualcosa), badando al contenitore e non al contenuto. Esattamente quello che succede con un sorpasso col DRS. Tanto bello quanto insignificante.

Eh, ma la Formula E è noiosa. Meglio la vera noia che la falsa euforia. Almeno per me. 

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