La prima volta non si scorda mai

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Tempo di lettura: 7 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
17 Giugno 2019 - 17:39
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“Anche mia nonna farebbe meglio”. La frase più ignorante del mondo del motorsport diventa ancora più assurda quando, per la prima volta, ti cimenti con un mezzo che quelle rudimentali sensazioni racing te le fa provare. 

Avrei voluto pubblicare prima tutto questo ma gli eventi del Canada hanno evidentemente richiesto attenzione maggiore.

L’8 giugno a Rozzano, alle porte di Milano (nello specifico sotto la tangenziale ovest), ho avuto il mio primo incontro con un kart “non” noleggio. Grazie agli amici di Cebi Motorsport ed in particolare a Tommaso Cecconello, ci siamo trovati in questo sabato mattina dalla temperatura importante per questo mio piccolo battesimo. Il mezzo, un Easykart 125, è sul piccolo rimorchio che ci aspetta per essere sollevato, montato e portato in pista. Insieme a lui ci sono un suo amico, Simone, ed il suo papà Giovanni, entrambi attrezzatissimi con un Kart a testa. 

Si apre prima di tutto il fondamentale gazebo, senza il quale saremmo ancora ustionati. Si prepara il carrellino e si appoggia sopra il kart. Arrivano le prime spiegazioni sul mezzo e le indicazioni (e raccomandazioni) per quando toccherà a me scendere in pista. Si montano i paraurti, le fiancate, il muso, le gomme e si prepara il tutto per la prima sgambata. 

Arriva il momento di vestirsi. Indosso le scarpe ed una tuta totalmente nera (giustamente con 30 gradi…) che allaccio momentaneamente sulla vita, pardon, sulla pancia. Col tempo diventa sempre più stretta. Erano due anni che non la usavo: stesso posto ma per una gara aziendale, con tempi intorno ai 46 secondi. Da lì, essendo Tommaso un collega, l’idea di mettere in piedi la collaborazione con cui vi raccontiamo le imprese della CEBI qui su P300.it . Tengo quel “46” come punto di riferimento. 

Il primo a scendere in pista per scaldare il kart, giustamente, è Tommaso. Qualche giro a basso ritmo, qualcuno più tirato e poi il rientro per apportare le prime modifiche che richiedono un po’ di tempo. Tornano dal loro primo turno Simone e Giovanni confrontando i primi tempi, che possono visualizzare sul display posto sul volante. Siamo intorno ai 37 secondi. Faccio due conti e mi preoccupo: “ma quanto va di più rispetto ai noleggi?!”. Povero illuso.

Arriva finalmente il mio momento. Le ultime raccomandazioni e poi infilo sottocasco ed il mio casco replica di Michael, dal peso non proprio amichevole; di questo me ne renderò conto a breve. Carina tra l’altro la coppia di caschi: Tommaso ne ha uno replica di Kimi…

Conosco la pista ma non ho mai girato con un mezzo di questo tipo: quindi come precauzione si decide di fare un paio di giri dietro a Giovanni. Ammesso che io riesca a partire: perché una volta infilati i guanti e provato a salire… “Cazzo, non ci entro!”. Il sedile è troppo stretto. O meglio, io sono troppo largo… Resto appeso per qualche secondo e mi rialzo.

Ragioniamo: il paracostole gentilmente prestato da Tommaso ingombra e così leviamo le imbottiture interne al sedile. Se non entro nemmeno così è un disastro. Invece, un po’ a pressione, riesco ad incastrarmi senza la minima possibilità di movimento. Un compromesso tutto sommato accettabile, sicuramente meglio dell’ultima volta: dieci giorni di dolori al costato per gli sballottamenti a destra e sinistra ad ogni curva. 

Si parte e subito imparo la prima lezione: bisogna tenere un po’ su i giri altrimenti il kart si spegne subito. Alla seconda ripartenza è tutto ok. Entro in pista assicurandomi che nessuno arrivi alle spalle e raggiungo con calma il papà di Simone. Il primo giro è a basso ritmo. Esco dall’ultima curva e mi lancio sul rettilineo principale. Accelero e resto spiazzato: “Ma quanto va?!”. Abbastanza per non permettermi di metter giù tutto quanto vorrei in quel primo dritto. Si chiama paura. Col sedere per terra prendere i 90 all’ora, alla prima volta, ti stupisce.

Ma non è l’unica sensazione che provo: il casco, in curva, diventa un macigno ben diverso rispetto ai noleggi. La forza laterale ti spinge la testa verso l’esterno e tu devi tenerla verso l’interno: mai successo con questa forza nelle mie precedenti esperienze, nemmeno nei giri in monoposto con i coupon che si trovano su internet. Qui è un’altra cosa e annuso l’odore del divertimento. Il mio primo turno, di una decina di passaggi, è una scoperta giro dopo giro. Capisco che posso tenere più giù il gas, freno sempre un po’ più tardi ed inizio a correggere il kart che, ogni tanto, parte col posteriore. Butto la testa all’interno delle curve per non farmi sorprendere, cerco traiettorie migliori per non perdere i giri motore e mantenere una buona velocità in percorrenza. In uscita dalle curve cerco di stare lontano dai cordoli: il kart non è mio e non devo prima di tutto far danni. Ogni tanto, però, la pizzicata arriva insieme alle vibrazioni. 

Finisco il mio turno e controlliamo il tempo: 38.7. Sono a un secondo e sette da Tommaso e mi pare già un miracolo per essere alla mia prima uscita. Scendo dal kart con gli avambracci e le mani che chiedono pietà. Mi rendo conto di avere una condizione fisica da sollevatore di pizze. Arriva infatti presto il momento del pranzo e lì le mani, tra un panino e delle patatine, non fanno assolutamente male…

Si passa al pomeriggio: sale Tommaso per il suo turno e mi lascia il posto verso la fine. Questa volta niente paracostole, si lasciano solo le imbottiture nel sedile. L’incastro non cambia… Prima di salire accendiamo la telecamerina sulla fiancata sinistra e… ecco qui.

Un primo giro lento e poi inizio a spingere. Alcuni riferimenti li ho già e ho meno timore a tirare. Rispetto al mattino il kart scoda un po’ di più ma non fa nulla: cerco di essere pulito ma non sempre ci riesco, soprattutto in ingresso. Il casco pesa come al mattino ma anticipando il movimento riesco a resistere un po’ meglio alle forze che me lo vogliono spingere dalla parte opposta. Il momento più bello del turno è il traverso che ho immortalato nell’immagine di copertina (poco prima dei tre minuti nel video), che poi corrisponderà al mio giro migliore. Arrivo dal rettilineo di ritorno, freno forte e sento il retro partire: controsterzo d’istinto e gran parte della curva esce così. E dire che con i noleggi si fa quasi in pieno…

Passo sotto la bandiera a scacchi: il turno è finito e posso rallentare. Le mani sono ancora indolenzite e, appena ho un attimo, le stiro un po’.

Torno al “box” e mi faccio aiutare a scendere. Il cronometro dice 37.5: ho tolto un secondo e tre dalla prima uscita e sono ad un secondo e un decimo dal tempo di Tommaso che, nel frattempo, è sceso a 36.4. Mani ed avambracci mi ricordano il tenore delle mie condizioni, mentre l’essere zippato nel sedile al momento non ha prodotto danni alle costole (non ce ne saranno, infatti).

La giornata prosegue e c’è tempo per altri giri fino al pomeriggio inoltrato. Finito di girare si ripercorre la strada all’inverso: si smontano il kart ed il gazebo e si torna a casa dopo una giornata davvero divertente e, soprattutto, istruttiva.

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Dovrebbero provarci tutti, almeno una volta. Già nelle varie occasioni con i noleggi, che evidentemente offrono prestazioni più basse, avevo capito tanto. Questa però è stata un’esperienza che definirei formativa oltre che divertente. Perché entrano in gioco elementi diversi ed alcuni vengono enfatizzati. La forza laterale che spinge il casco, la sensazione di velocità con il sedere per terra, la paura di frenare cinque metri dopo o, addirittura, di tenere giù tutto in determinati punti. E poi il lavoro sul kart. La messa a punto, le gomme e tutto il resto.

Credo che provarci anche a bassi livelli, anche una sola volta, sia di fondamentale importanza per maturare quel rispetto per i professionisti che dovrebbe stare alla base della passione per i motori ed il motorsport in particolare. Perché al di là di una preparazione fisica inesistente, le mani che fanno male ed il collo indolenzito per tre giorni mi hanno fatto pensare a quello a cui si devono preparare i piloti veri, i professionisti, quelli che per correre un’ora si preparano settimane.

Correre non è scontato: soprattutto non è facile. Per cui, quando leggete quelli che “anche mia nonna farebbe meglio” beh… ci siamo capiti.

Grazie ancora a Tommaso e alla Cebi!

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