La forza di non piegarsi. All’età, agli avversari, agli stolti

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Tempo di lettura: 6 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
17 Febbraio 2019 - 02:30
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Ci sono atleti capaci di stupire a dispetto dell’età. Settimana scorsa, nello sci, hanno dato il loro addio il norvegese Aksel Lund Svindal e l’americana Lindsey Vonn, rispettivamente 36 e 34 anni. Vincenti e longevi nelle loro discipline, a podio nell’ultima gara della carriera. Sette giorni prima, ad Atlanta, Tom Brady ha vinto il suo sesto Super Bowl a 41 anni compiuti. Max Biaggi ha trionfato in Superbike due volte, a 39 e 41 primavere dopo una lunghissima carriera. Schumi, a 43 anni, ha segnato la pole a Montecarlo. Michael Jordan ha smesso di incantare i canestri a 40. Roger Federer è ancora tra i primi dieci tennisti al mondo e l’anno scorso, a 36 anni compiuti, si è tolto anche lo sfizio di tornare brevemente al numero 1 della classifica ATP.

Quella che sta per iniziare, a quaranta primavere compiute, sarà la ventiquattresima stagione nel Motomondiale di Valentino Rossi. Lo ripeto: a quaranta primavere compiute. Ieri il Dottore ha cambiato decina e forse lui stesso, all’inizio della sua carriera, non immaginava che avrebbe raggiunto questo traguardo ancora in attività. Anche perché la sua avventura nel motomondiale è iniziata quando Internet era ancora parola sconosciuta ai più, i cellulari erano in mano solo a pochi e diversi di quelli che lo seguono ora non erano ancora nati.

Alla fine del mondiale 2019 Rossi raggiungerà quota 400 gare: si presenta al via della sua stagione numero 24 con 9 titoli, 65 pole, 95 giri veloci, 115 vittorie, 232 podi. Non è più il Valentino dei tempi d’oro: non può oggettivamente esserlo per motivi anagrafici, questo lo sa anche lui e a volte ci scherza sopra. Proprio per questo, ogni anno, mettersi a confronto con un’armata di giovani tra i quali spicca l’inarrestabile Marquez, pronto a portargli via record su record, gli fa onore e rende speciale ogni suo inizio di campionato. Quest’anno sarà ancora più strano, perché quel 40 stampato sulla carta d’identità, sebbene sia più un qualcosa di psicologico, fa impressione. Così come lascia senza parole il fatto che dopo tutto questo tempo, dopo tutte queste vittorie e dopo aver attraversato così tante generazioni, Valentino riesca a trovare delle motivazioni valide per continuare. Non può essere solo questione di soldi. Correre richiede concentrazione, non è un lavoro d’ufficio dove al massimo puoi sbattere l’anca contro una scrivania. Sfidare i 300 all’ora richiede sforzo psicologico e fisico, preparazione, allenamento, sacrifici. Rossi potrebbe godersi la pensione da pilota, lavorare alla sua Academy eppure è ancora qui e lotta contro ragazzi che, tra poco, potrebbero quasi essere suoi figli. In tutto questo c’è qualcosa di più che il bonifico a fine mese e quella cosa si chiama passione. La stessa che ha portato tutti quei personaggi citati all’inizio a diventare degli idoli incontrastati nei rispettivi sport.

Non capisco la litania del “è ora di lasciare spazio ad altri” quando si è di fronte a numeri del genere ad opera di chi, al momento, è secondo nelle statistiche solo al grande Giacomo Agostini. Valentino non vince un titolo da nove anni. Verissimo. Dal 2009 in poi ci sono stati un anno (il 2010) rovinato dalla frattura alla gamba, il periodo nero in Ducati e poi tre secondi posti (amarissimo quello del 2015), due terzi, un quarto e un quinto. Ora il Dottore si trova ovviamente nell’ultima fase della carriera, quella che porta al ritiro. Eppure, pur senza strafare come negli anni d’oro, credo che fino a quando i risultati saranno questi non ci siano motivi per chiamare a gran voce l’uscita di scena. A fronte di cinque podi, il 2018 è stato solo il terzo anno su 23 senza almeno una vittoria. Questo, tra l’altro, non gli ha impedito di giungere terzo in campionato e davanti al suo compagno che di anni, per inciso, ne ha ben sedici in meno e se lo dovrebbe, per logica, mangiare. Al momento, quindi, non sussistono i motivi per un ritiro nonostante smalto, aggressività, pazzia non siano più quelli dei suoi 25 anni. A proposito, mi piacerebbe molto un ipotetico parallelo tra un Rossi 25enne contro quelli attuali.

Che si voglia o no, che lo si ami o lo si odi perché non ci sono vie di mezzo, Valentino è entrato di diritto nell’elenco degli sportivi italiani più importanti di sempre. Gli si muove la colpa di aver avvicinato al Motomondiale orde di tifosi da stadio, eppure le bandiere con il 46 sono presenti in qualsiasi pista del mondo, non solo al Mugello. Sono dementi e disagiati anche gli stranieri, quindi? O forse, più semplicemente, tutto è relazionato a ciò che Rossi ha fatto ed ottenuto in carriera?

In contrapposizione all’infinita platea di tifosi a favore negli anni si è creato un movimento contrario credo mai visto per un pilota, soprattutto nel suo paese. Teorie complottistiche, accuse di favoritismi da parte del produttore di gomme, gente che negli anni ha seguito il motomondiale solo per tifare l’avversario di turno di Rossi. Capirossi, Biaggi, Gibernau, Hayden, Stoner, Lorenzo e Marquez hanno contato e contano tra le loro fila tifosi occasionali, gente che per due decenni ha vissuto solo di tifo contro senza rendersi conto, nel dichiararsi vera appassionata, di essere il vero male del tifo. Credo che gli stessi avversari di Valentino non sarebbero contenti di sapere di aver avuto sostenitori a tempo, invece che veri tifosi.

Detto questo, tutto si risolverà quando Valentino appenderà il casco al chiodo. In tanti indicano questo come un momento chiave per capire chi è veramente appassionato del motomondiale: si sostiene, infatti, che insieme a Rossi molleranno anche tanti suoi tifosi integralisti, quelli che in gergo vengono chiamati “Canarini”. Io, invece, mi chiedo cosa faranno quelli che, dal 1996 in poi, hanno adottato un idolo occasionale e non avranno più bisogno, in assenza del 46, di trovare un avversario da appoggiare. Chissà: magari si renderanno conto, magicamente, che di quel signore lì che hanno tanto sbeffeggiato, odiato, criticato per 23 anni, hanno in realtà sempre avuto bisogno anche loro per sfogare le loro frustrazioni. E che, in sua assenza, magari saranno proprio loro i primi a non avere più interesse, migrando così verso altri lidi.

Il tutto mentre Valentino continuerà a piegarsi. Non più a fianco della sua M1 ma ad uno dei giovani che lui e la Academy aiutano a crescere. Perché lui, prima o poi, lascerà. Ma qualcosa di Rossi, in questo mondo, continuerà ad esserci. Poco ma sicuro.

Auguri, quindi, al quarantenne Valentino. Vada come vada perché qui, in realtà, è un successo già da tempo.

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