La Formula 1 in Italia e il rischio crollo

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Tempo di lettura: 5 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
20 Marzo 2018 - 23:10
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Sono piuttosto preoccupato. Utilizzo un termine non troppo forzato perché non voglio esagerare o appesantire ancora di più la mia sensazione. Eppure credo che la stagione 2018 rappresenterà per l’Italia un anno fondamentale per il suo rapporto con la Formula 1. Una specie di cartina tornasole di quello che è rimasto di una tradizione ultradecennale. E la mia idea è che purtroppo l’interesse per uno degli sport più seguiti degli ultimi 25 anni nel nostro paese scenderà ai minimi storici fino a relegarlo a spazi sempre più ridotti.

La Rai ha abbandonato: già questo è un campanello di allarme importante. Dopo cinque stagioni di convivenza con Sky e la metà circa delle gare trasmesse in diretta, la TV pubblica ha mollato dopo aver visto gli ascolti calare ancor più di quanto successo progressivamente dal 2009 in poi. L’anno della rivoluzione con l’introduzione del Kers e le monoposto pesantemente riviste nell’estetica e nell’aerodinamica aveva infatti prodotto una perdita di un milione e mezzo di spettatori, da sette a cinque e mezzo, quando ancora trasmetteva tutto live. Nel passaggio da “tutto in chiaro” a “metà in esclusiva Sky” del 2013 si è scesi in media di un altro milione e mezzo di spettatori su base annuale. Questo significa che negli ultimi dieci anni il pubblico della F1 si è quasi dimezzato: dato sconcertante se si pensa ai dati di inizio anni 2000, quando la Ferrari dominava e l’Auditel registrava medie di oltre dieci milioni all’anno. A conti fatti quasi vent’anni fa, quando il web non era quello di adesso e gli smartphone… pardon, i cellulari servivano solo per inviare sms, la Formula 1 era seguita da un pubblico quasi tre volte superiore a quello che abbiamo registrato nelle ultime stagioni. Leggendo qua e là sul web dubito che durante la pausa invernale Sky abbia raccolto un numero di abbonati tale da pareggiare i conti, quindi il calo in termini di numeri è praticamente già certo. Se nel 2017 le dirette sul canale F1 erano seguite da una media di un milione di persone circa, sarei molto sorpreso di vedere una media superiore anche del 20%.

Anche per questo il 2018, secondo me, produrrà un altro step verso la riduzione della Formula 1 a vero e proprio sport di nicchia rispetto alla popolarità straripante del periodo d’oro sotto qualsiasi punto di vista. Per quanto gli anni passino e la F1 non sia più quella di un tempo, la gara della domenica dopo pranzo era rimasta tradizione per gli italiani ancora irriducibili; un modo come un altro per stare in compagnia e seguire tutti insieme i propri beniamini, magari sperando in una vittoria della Ferrari. Quest’anno, per chi tra questi appassionati non sarà dotato di abbonamento satellitare, tutto questo non esisterà più almeno fino al Gran Premio d’Italia a Monza di inizio settembre. Quando cioè due terzi di campionato saranno trascorsi e il mondiale sarà, magari, già indirizzato verso questo o quel pilota portando così il livello di interesse sotto le suole. La decisione di trasmettere su TV8 i quattro appuntamenti in diretta in chiaro solo al termine della stagione sarà anch’essa, secondo me, determinante per il progressivo allontanamento di parte del pubblico rimasto fedele fino ad ora allo Sport, fino ad arrivare sul medio termine al disinteressamento anche verso i media di settore.

Se aggiungiamo al calderone l’orario di partenza posticipato di un’ora e dieci minuti per fare un favore ai paesi più ad ovest, che tendenzialmente se ne infischiano della Formula 1, è maggiormente possibile che quelle quattro gare in chiaro trasmesse a fine anno saranno seguite da una percentuale molto più bassa rispetto a quanto visto negli ultimi cinque anni. L’orario delle 14.00 era perfetto per tenere la famiglia unita appena al termine di un lauto pranzo domenicale ed al tempo stesso permetteva, verso le 16 circa, il “liberi tutti” per un giro, una passeggiata, una biciclettata oppure per andare in spiaggia dopo aver visto il Gran Premio, potendo così godere ancora per qualche ora di un bel sole. Fare slittare il tutto di 70 minuti in avanti (andando oltretutto in contemporanea con la nostra Serie A di calcio) significa avere il pomeriggio completamente blindato, senza opzioni di scelta. E se una volta decidere tra la F1 e la spiaggia era (almeno per me) molto semplice, non sono sicuro che al giorno d’oggi sia la stessa cosa per chi, oltre a tutti questi cambiamenti, deve studiare ingegneria per capire monoposto complicate e regolamenti cervellotici.

In questo ragionamento non considero volutamente la presenza delle differite, perché i dati raccolti in questi cinque anni hanno dimostrato, tra l’altro ampiamente, quanto la trasmissione posticipata di un evento come un Gran Premio di Formula 1 sia penalizzata. Nel mondo di Internet è praticamente impossibile rimanere all’oscuro del risultato di una gara, così come è anacronistico pensare che un appassionato vero possa isolarsi dal mondo fino alle otto di sera (se non oltre) per non sapere chi ha vinto. Personalmente, è perfettamente inutile vedere un evento di cui conosco già tutto. Nessuna emozione, nessuna attesa. Solo un allineamento culturale, chiamiamolo così.

So bene che questa visione potrebbe sembrare al limite del catastrofico, ma è da settimane che penso a come l’Italia reagirà ad una Formula 1 non più alla portata di tutti per quanto riguarda le live. Se la sola spartizione dei diritti aveva creato un bagno di sangue, non posso che essere pessimista riguardo questa stagione. Sarò poi il primo a ricredermi se i numeri dovessero darmi torto. Ma ne sarei molto, molto sorpreso.

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