La Fia denuncia Streiff per diffamazione sul caso Bianchi. Autoassoluzione parte due.

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
23 Gennaio 2015 - 15:20
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Tirare troppo la corda non fa bene, perché prima o poi si spezza. E’ successo a Philippe Streiff, ex pilota di F1, paraplegico dal 1989, che ora dovrà difendersi dalle accuse di diffamazione da parte della FIA.

Torniamo indietro di qualche passo. Streiff diventa ‘famoso’ nel 2014 per una sua presunta amicizia con Michael Schumacher. Nei mesi immediatamente successivi all’incidente di Michael, Streiff rilascia diverse interviste nelle quali parla delle condizioni del (sempre presunto) amico rivelando anche alcuni dettagli. Come ben sappiamo, la famiglia ha sempre intimato a chiunque non facesse parte dello staff di Schumi di evitare di parlare delle condizioni del campione. Tra i grandi amici della famiglia, c’è anche Jean Todt.

Veniamo agli ultimi tempi. Streiff si scaglia contro la Federazione accusandola di essersi autoassolta per il caso di Jules Bianchi, dando sostanzialmente la colpa al francese per l’incidente e lavandosene le mani. Che poi è un po’ quello che abbiamo pensato in molti, io compreso, per i motivi che ho spiegato ai tempi. Risultato? Jean Todt, proprio lui, coglie la palla al balzo e lo denuncia formalmente per diffamazione. La corda s’è spezzata.

Ora: se sul caso di Schumi Streiff può aver esagerato, contravvenendo ai continui richiami della famiglia, una sorta di “smettila, altrimenti sono affari tuoi”, sul caso del povero Jules Bianchi dobbiamo essere onesti e dire che qualcosa che non va effettivamente c’è. Se c’è chi ha, in modo piuttosto esagerato, difeso a spada tratta la FIA sui risultati dell’investigazione dell’incidente di Jules, c’è anche chi (e non si tratta di poche persone) crede che qualcuno abbia voluto coprire le proprie colpe.

Colpe non dirette sull’incidente, sia chiaro. Nessuno vuole dire che in Federazione ci siano degli assassini. Però non è stato elegante, e questo l’ho detto più volte, addossare a Jules la colpa di azioni mai sanzionate in passato. Asserire che Jules non ha rallentato abbastanza sotto doppie bandiere gialle sarebbe stato corretto se in passato tutti i comportamenti simili fossero stati puntualmente sanzionati dalla direzione gara. Ricordate, voi, una punzione, una retrocessione in griglia o qualcosa di simile per non aver rallentato sufficientemente in regime di doppia bandiera gialla? Io no. Questo è il punto che, personalmente, mi ha fatto imbestialire in tutta questa vicenda.

Non puoi, Whiting del caso, richiamare i piloti all’ordine nel momento in cui capita una disgrazia in un determinato frangente, quando sei stato il primo a non sanzionare lo stesso comportamento in passato. Ci sono delle regole? Bene. C’è chi le deve rispettare e chi le deve fare rispettare. Jules non ha rallentato abbastanza? Ok. Altri piloti in precedenza si sono comportati nello stesso modo? Sicuramente. Sono stati sanzionati? Sicuramente no. E allora con quale autorità il direttore di corsa, colpevole di non aver mai sanzionato un comportamento sbagliato, ne parla a proposito di un pilota che non può più difendersi? Ecco dove si trova l’autoassoluzione, nel nascondere i propri sbagli ribaltandoli su chi non li può giustificare.

Questo è inaccettabile. Streiff, in questo caso, ha ragione, ma la corda l’aveva tirata troppo prima.

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