La doppia vita di Lewis Hamilton

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
1 Dicembre 2015 - 12:50
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Una volta che un pilota è sceso dalla sua vettura, bisognerebbe in teoria evitare di giudicare quella che è la sua vita privata, le sue abitudini e tutto quello che non è prettamente in ambito racing.

Fatico, però, a non notare il personaggio Lewis Hamilton che fa da contraltare al tre volte campione del mondo che vediamo in pista. L’escalation di popolarità di cui si sta accerchiando è notevole, talmente imponente da sovrastare in alcuni casi la figura del pilota, su cui appunto ci dovremmo soffermare.

Il Lewis Hamilton pilota lo conosciamo forse tutti. Anche se, ultimamente, alcuni suoi atteggiamenti mi hanno lasciato stranito. Non mi è piaciuto e non mi piace il suo modo di porsi quando perde dal compagno, con la tendenza a sminuire quello che fa l’altro, come se non contasse nulla. Dal suo punto di vista, in questa stagione, potrebbe anche pensarlo. Lui ha vinto quando c’era da vincere, Nico ha vinto quando non contava più nulla. Ma proprio per questo non capisco la frustrazione nel sottolineare la cosa. Non è fair. Su questo finale di stagione se ne sono dette tante. Ad esempio, che la vita modaiola e senza sosta fuori dall’abitacolo di Lewis, una volta vinto il mondiale, gli ha portato quel senso di rilassatezza sufficiente a non correre al 100% le ultime corse. Lui, dal canto suo, sostiene che da Singapore la Mercedes non è più quella di prima. Cosa ci sia di vero non lo so.

Al di là di quella che è la pista, osservo il Lewis Hamilton uomo. Quello che partecipa a festini vari per tutta la notte, che scatta selfie a manetta, che si tinge di biondo o va in giro con catene dal diametro impossibile al collo. I suoi canali Twitter e Instagram sono pieni di immagini, ma la mia sensazione è sempre la stessa. Che dietro tutto questo mondo d’immagini ci sia un ragazzo terribilmente solo. Non so se, come ipotizza qualcuno, il circo mediatico attorno a Lewis sia puntualmente pianificato e organizzato per creare un personaggio e aumentare l’audience della F1. Cosa che, evidentemente, non è fattibile con un Vettel, che da questo punto di vista è un monaco. L’Hamilton che vedo io, una volta spente le reflex, le telecamere e quant’altro, è un ragazzo molto più solo di quanto voglia far sembrare cercando di darsi l’immagine dell’uomo di mondo, per apparire diversamente da com’è veramente.

Certo, possiamo dire che sia meglio restare soli che male accompagnati, o che due cani siano meglio di decine di umani interessati (e questo è sacrosanto, ve lo posso assicurare), ma tra i selfie e le foto di scena che vedo continuamente pubblicate sono veramente poche quelle in cui leggo un sorriso sincero. Ripeto, sono solo mie sensazioni, ma fatico a credere a quest’immagine dell’uomo di mondo che Lewis continua a mostrare. Mi dà l’aria della maschera sotto cui nascondere un’insicurezza innata. Che poi è quella stessa insicurezza che traspare ogni volta in cui, in pista, Lewis ha un minimo dubbio su chi lavora intorno a lui, senza far niente per non sottolinearla, tra l’altro. Basta ascoltare i team radio con i suoi ingegneri.

Forse, in un mondo in cui l’apparenza conta quasi più della sostanza, Lewis preferisce tenere alta anche la prima per far sì che si parli di lui. L’importante è che continui a curare anche la seconda.

Quando i riflettori si spengono definitivamente è quello che hai fatto che rimane davvero nella memoria. Come vincere tre mondiali.

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3 Commenti su “La doppia vita di Lewis Hamilton”
Griforosso dice:

E’, caratterialmente, fragile Lo ha dimostrato negli anni. Nemmeno col padre ha avuto, ai tempi McLaren, un buon rapporto. Un padre che dal poco che ho letto su di lui era un po’ troppo presente con atteggiamenti che urtarono anche l’entourage della McLaren, Dennis in primis. Del resto il suo modo di correre dei primi anni in F1 lo dimostra con sorpassi arroganti e “fuori legge”. Oggi, un po’ cresciuto non solo d’età, è un po’ meno aggressivo MA guida sempre alla grande. La sua fragilità caratteriale la dimostra anche in questo, un campione con le sue qualità che bisogno ha di diventare aggressivo al limite della scorrettezza (ed a volte anche oltre, ancora) ? Non ha sufficiente fiducia nelle sue capacità? A tal proposito ricordo quel GP di San Marino ad Imola con la lotta tra Alonso davanti e Schumacher appiccicato dietro. Due GRANDI della F1 che si sono confrontati con le loro “qualità di guida” e non con un’aggressività alla Hamilton. E che spettacolo hanno dato !!! Vedere quei due che si fronteggiavano ricorrendo a mille astuzie per cercare il sorpasso e l’altro per non permetterlo. Certo non è stato spettacolare come un tentativo di sorpasso all’esterno con contatto anche lieve e via dicendo. Ma un Appassionato sa cosa vederci in un duello come quello. Hamilton cosa avrebbe fatto ? Un saluto  a tutti gli Appassionati e sempre VIVA FERRARI

Luca Casarotto dice:

Cerca di correre come Senna e di vivere come Hunt. Ma non è nè uno nè l’altro.

Alessandro Geraci dice:
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