La bellezza di questo sport by Lucas Mahias

BlogParola di Corsaro
Tempo di lettura: 4 minuti
di Alyoska Costantino @AlyxF1
22 Settembre 2018 - 18:00

Mahias costretto a fermarsi a un giro dalla fine dopo una gara perfetta non è stata di certo la prima occasione in cui ho osservato un pilota meritevole di un successo colpito da una sfortuna simile. Hakkinen in Spagna nel 2001, Massa in Ungheria dieci anni fa, Sainz al RAC del ’98 a 700 metri dal terzo titolo mondiale, Rossi a Le Mans nel 2006 spaziando nelle moto… per quanto sia triste e immeritevole, tutto ciò fa parte del gioco. Le gare sono anche questo: a volte non sei tu pilota a tradirti con un errore, una sbandata, un fuoripista, ma è il tuo mezzo a tradirti, a negarti ciò che ti spetta meritatamente, lasciandoti a piedi.

Ciò che però ha vissuto il campione della Supersport 600 a Portimão è meritevole di essere ricordato per quel mix esplosivo di emozioni che è stato in grado di fornire a tutti quanti (e mi è dispiaciuto non aver trovato un attimo di tempo per dedicargli il giusto spazio). In primis al francese, che si è ritrovato da dominatore di un Gran Premio fondamentale per le sue chance iridate a scuotere la testa disperato all’inizio dell’ultimo giro. Da quasi in catalessi in piedi vicino alla sua R6 forata in fondo al discesone di curva 1, a riprendere la propria moto dopo la (discussa) bandiera rossa dell’ultimo giro, nel tentativo disperato di riportarla ai box entro i cinque minuti regolamentari. Vorrei tanto sapere cosa è passato nella testa del francese in quegli attimi, alle prese con una Yamaha fumante ma forse meno al limite di quanto fosse il pilota: agitazione, stress, fretta di tornare ai box, ma anche la preoccupazione di sbagliare qualcosa, di cadere, di distruggere quel poco che rimaneva di integro sulla sua moto o peggio farsi male irrimediabilmente.

Tutto questo è sfociato in un pianto liberatorio per Lucas, accolto da un gruppo di meccanici che l’ha stretto calorosamente al ritorno ai box, sperando in un risultato dalla direzione gara appagante che alla fine non è arrivato, per un cavillo regolamentare legato alla corsia dei box utilizzata (quella vecchia). La delusione e il mancato successo che per merito spettava assolutamente a lui non cancellano i cinque minuti di tensione memorabile che io, e spero tanti altri, hanno provato.

Caso strano, questo evento sportivamente meraviglioso l’abbiamo visto solo una settimana dopo agli avvenimenti di Misano e della Moto2, con la scorrettezza di Fenati nei confronti di Manzi. Campionati diversi, moto diverse, piloti diversi, ma soprattutto emozioni profondamente diverse. Da una parte malessere, angoscia, quasi vergogna nel vedere un pilota che si tifa (italiano per giunta) tirare il freno volontariamente a un avversario; dall’altra esaltazione, cuore in gola, rispetto verso l’eroe di un’impresa simile. E guarda caso, le riviste e i quotidiani, da quanto ne so almeno, le hanno dedicato giusto dei trafiletti a fondo pagina.

E’ questo che non sopporto, di chi di corse motoristiche non ne vuol sentir parlare ma solo finché è tutto nella norma. Si bolla la Formula 1, la MotoGP o altre per loro come categorie dove dei mezzi girano a zonzo per una pista come fosse una zona di periferia, ma quando poi vediamo scene come quelle viste a Misano tutti si risvegliano giusto per dare addosso al protagonista, o protagonisti, della vicenda. Quando invece vengono mostrate in diretta immagini come quelle viste a Portimão, ecco che chi pensa di saperne così tanto tace. Io non pretendo che un non appassionato o un non fan parli di sport motoristici ogni giorno (anche perché ai gusti di ciascuno non si comanda), ma che quantomeno ci sia la decenza di non parlarne mai, non solo quando succede lo scandalo.

Termino con un grazie a Mahias e a quelli come lui, che ancora mi fanno emozionare davanti al televisore per una gara, come fossi un bimbo.

Fonte immagine: worldsbk.com

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