Indycar | Austin 2019 | Anteprima

AnteprimeIndyCar
Tempo di lettura: 7 minuti
di Andrea Gardenal
20 Marzo 2019 - 17:05
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Era dal 2006 che uno dei campionati americani a ruote scoperte e la Formula 1 non condividevano lo stesso circuito nella stessa stagione di gare: all’epoca la pista era quella intitolata a Gilles Villeneuve situata a Montreal, sede del Gran Premio del Canada in giugno e del Gran Premio di Montreal del campionato Champ Car ad agosto. Questa assenza di contatti tra la Formula 1 e le serie americane terminerà però in questo weekend, quando la Indycar Series scenderà in pista sul Circuit of the Americas di Austin per l’edizione inaugurale dell’Indycar Classic, un nome quantomeno curioso per un evento che di “classico”, al momento, ha ben poco; la stessa pista ospiterà a novembre il GP degli Stati Uniti di Formula 1, come già è successo negli ultimi 7 anni.

L’evento di Austin è sicuramente uno dei più attesi del campionato Indycar 2019, soprattutto in virtù dei numerosi confronti che verranno fatti tra le due categorie sotto tanti diversi di vista. Il più immediato sarà il responso del cronometro in condizioni di velocità pura, in qualifica, dove probabilmente il vantaggio della Formula 1 raggiungerà dei livelli imbarazzanti: un assaggio di questo raffronto è stato fornito già un mese fa, nel corso dei test collettivi, quando Colton Herta ha ottenuto il miglior tempo della sessione di test in 1:46.6258, un rilevamento di oltre 14 secondi più lento rispetto alla pole di Hamilton lo scorso anno. C’è da dire che, con gomme morbide e in configurazione da qualifica, le Indycar potrebbero riuscire ad abbassare i tempi di un paio di secondi, ma difficilmente il “delta” tra le due categorie scenderà al di sotto dei 10 secondi.

Meno impietoso dovrebbe essere il confronto in condizioni da gara: negli ultimi anni la differenza tra il record in qualifica e il passo gara è sempre stata molto più esigua nella Indycar che in Formula 1 in virtù sia della presenza dei rifornimenti (che consentono di girare costantemente con poco carburante a bordo) che della possibilità di spremere in maggior misura le gomme e le varie componenti meccaniche. Ciò su cui fa maggiormente affidamento la Indycar è però lo spettacolo che sarà in grado di offrire in pista: con macchine tutte uguali e progettate appositamente per ridurre gli effetti più negativi della scia, la speranza degli organizzatori è quella di mettere in piedi una gara avvincente e combattuta fino alla fine.

La pista di Austin rappresenterà una nuova sfida anche per i piloti e, in un certo senso, per i commissari di gara: la Indycar Series è infatti abituata a correre su impianti stradali “old-style”, con erba e/o ghiaia a bordo pista e con una presenza limitata di vie di fuga in asfalto. Austin è invece un tracciato di nuovissima generazione, che da un lato è dotato di standard di sicurezza elevatissimi ma che, al tempo stesso, è molto più “generoso” nel perdonare gli errori. Sarà interessante anche vedere se la direzione gara della Indycar valuterà allo stesso modo della Formula 1 i vari casi di superamento dei “track limits” (specialmente nelle curve 9 e 19) o se invece sarà più tollerante e permissiva.

Al di là dei confronti tra le due categorie, non va dimenticato l’aspetto più squisitamente tecnico del campionato: il Gran Premio di St.Petersburg di due settimane fa ci ha consegnato una gara tutto sommato lineare, decisa in larga misura dalle strategie ai box in occasione del secondo rifornimento. A prevalere è stato Josef Newgarden, tornato al successo per la prima volta da giugno dell’anno scorso, che ha regalato a Roger Penske il suo nono successo sul circuito cittadino della Florida. In generale tutti i top team hanno dato dei buoni segnali di competitività, avendo monopolizzato le prime 5 posizioni sotto la bandiera a scacchi: l’unico segnale di crisi è arrivato dal team Andretti, che dopo soli 20 giri ha perso la macchina di Ryan Hunter-Reay a causa dell’esplosione del suo motore Honda; una manciata di giri prima il costruttore nipponico aveva perso anche un’altra monoposto, quella di Sebastien Bourdais.

In assenza di riscontri anteriori, gli unici dati utili per provare ad interpretare quello che potrebbe succedere in questo weekend sono quelli relativi ai test collettivi di febbraio, dominati da Colton Herta al volante della #88 del team Harding-Steinbrenner: il rookie figlio d’arte (suo padre Bryan ha corso nella serie CART e nella IRL prima di diventare team manager) ha conquistato la prima posizione in tre dei quattro turni di prove, mostrandosi fin da subito a proprio agio al volante della DW12 dotata del nuovo pacchetto aerodinamico UAK18. Anche a St.Petersburg Herta è andato molto forte, riuscendo perfino a conquistare un posto nella Fast Six prima di essere retrocesso per aver ostacolato Kimball, e sicuramente sarà un osservato speciale (in senso positivo) tanto ad Austin come nel resto della stagione.

Per quanto riguarda gli altri, la classifica aggregata dei test di Austin aveva visto Alexander Rossi al secondo posto con 2 decimi di ritardo da Herta e Will Power al terzo, a mezzo secondo dalla cima della lista dei tempi; quarta posizione per Ryan Hunter-Reay davanti a Pagenaud, Rosenqvist, Rahal e Dixon. Come si vede, quasi tutti i protagonisti più attesi del campionato avevano chiuso le prove collettive nelle prime 8 posizioni: l’unico a fare eccezione era stato proprio Newgarden, che il mese scorso non era andato oltre l’11° posto ad un secondo da Herta. Al di là dei risultati dei singoli piloti, il risultato più importante è che i 3 top team hanno mostrato di essere sulla cresta dell’onda e, con ogni probabilità, saranno loro i protagonisti della gara di Austin.

Rispetto al Gran Premio di St.Petersburg sono cambiati alcuni nomi nella lista degli iscritti: escono di scena il team Dragonspeed e Ben Hanley, che hanno trattato la prima gara stagionale come una sorta di shakedown e che torneranno in pista tra due settimane al Barber Motorsports Park, mentre fanno il loro ritorno Kyle Kaiser e il team Juncos Racing in quella che, al momento, è l’unica data confermata nella loro stagione Indycar 2019.

Un secondo avvicendamento avverrà in casa Carlin, con il messicano Patricio O’Ward che torna in Indycar al posto di Charlie Kimball dopo lo sfolgorante debutto di Sonoma 2018 e un inverno travagliato che l’ha visto abbandonare il team Harding-Steinbrenner pochi giorni prima dei test di Austin. Proprio in virtù di quest’ultimo avvenimento, O’Ward è l’unico tra i 24 piloti iscritti a non aver mai completato un solo giro sul Circuit of the Americas. Per il team Carlin cambia anche il numero di gara: O’Ward utilizzerà infatti il #31 in luogo del #23 portato in pista da Kimball. Non ci dovrebbero invece essere problemi per Ed Jones, che aveva riportato una frattura ad una mano nell’incidente che l’ha visto protagonista a St.Petersburg ma che risulta essere regolarmente nella entry list di questa gara.

2019 IndyCar Classic at Circuit of the Americas
Round 02/17
22-23-24 Marzo 2019

INFO CIRCUITO

Tipologia del circuito: Stradale
Lunghezza del circuito
: 3,41 mi (5,488 km)
Giri da percorrere: 60
Distanza totale: 204,600 mi (329,272 km)
Numero di curve: 20 (11 a destra, 9 a sinistra)
Senso di marcia: antiorario
Prima Gara: 2019
Sanctioning body: INDYCAR 2019

RECORD

Non ci sono record perchè è la prima volta che si corre su questo circuito

PROGRAMMA

Venerdì 22 Marzo
10:15-11:00 (16:15-17:00) Prove Libere 1
14:05-15:05 (20:05-21:05) Prove Libere 2

Sabato 23 Marzo
10:00-10:45 (16:00-16:45) Prove Libere 3
14:00-15:15 (20:00-21:15) Qualifiche

Domenica 24 Marzo
12:40 (18:40) Gara – Diretta su DAZN a partire dalle 18:30

Mappa del circuito dal sito ufficiale Indycar
Immagine di copertina da https://www.instagram.com/indycar/

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