Il silenzio della Dunlop. Ciao, Jules

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Tempo di lettura: 3 minuti
di Alessandro Secchi @alexsecchi83
4 Ottobre 2018 - 23:11
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Il silenzio regna sulla curva Dunlop. Nessun motore, nessun odore di gomma o benzina. Nessuna bandiera che sventola, intertempo da registrare, classifica da stilare. Non girano auto né moto.

Tutto tace. Come quattro anni fa: decine di migliaia di spettatori in tribuna, a casa, un potenziale rumore assordante ma sono, siamo, tutti inermi, senza parole al freddo di una giornata grigia o davanti alla TV. Monoposto ferme dopo 43 giri, sguardi attoniti, occhi increduli. Una gru, ferma anche lei. Una monoposto che tutti hanno visto ed un’altra di cui non restano che rottami, frammenti di un puzzle sgretolato. Fosse solo quello… No, c’è molto di più, infinitamente di più di spezzato, interrotto, spento.

Un casco che culla un’anima assopita, un ragazzo addormentato nel sogno di una vita che per quel sogno ha lasciato la sua auto, quella curva, quella giornata per continuare a vivere di sorrisi, gioie e velocità in altri luoghi, altre piste, altri mondi. Là dove ci sono tutti quelli che, come lui, per quello stesso sogno hanno lasciato tutto. Ognuno di noi ne ha a cuore alcuni in particolare, ma la F1 deve qualcosa a tutti loro. Senna, Villeneuve, Ratzenberger, Paletti, De Angelis e via via tutti gli altri fino a quando la nostra memoria viene superata e dobbiamo affidarci a quella dei nostri cari, dei racconti e delle immagini di un tempo.

Il silenzio è sempre lì: scruta la Dunlop con fare imperiale. Da lontano dei passi si avvicinano, lo spezzano, interrompono la sua solennità. Si arrabbia, vorrebbe urlare ma resta ad osservare. Un altro ragazzo, un cappellino, un mazzo di fiori. Si chiama Pierre. Passerà di lì decine di volte nei prossimi tre giorni: talmente veloce da non aver tempo nemmeno per pensare. Lo farà però alla prima volta e forse anche all’ultima così come tutti, quelli che c’erano quel giorno e quelli che non facevano ancora parte di questo mondo. Un mondo che sa dare tanto, tantissimo ma può anche levare, portare via senza avviso. Non dobbiamo mai dimenticarlo.

Il ragazzo con la maglietta blu ed i jeans tagliati si piega sulle ginocchia, su quella stessa erba di quattro anni fa. Guarda quel punto, posa il mazzo di fiori. Pensa qualcosa tra sé, resta qualche secondo, si alza e torna indietro. I passi si fanno via via più distanti, lievi, impercettibili, svaniscono.

Il silenzio torna a comandare ma sa che verrà interrotto ancora. Altri passi, momenti, fiori, preghiere. Ma non si infastidirà mai, né si lamenterà. Perché anche lui, in fondo, ha capito: sa che la Dunlop non è più la stessa da quel 5 ottobre. Anzi, la Dunlop non è più sua. È di Jules, di chi passerà a trovarlo, di chi penserà a lui ogni volta che la affronterà velocissimo, sempre di più, ingigantendone il ricordo, la presenza nell’assenza.

Manca, Jules. Manca a chi non lo conosceva. Figuriamoci a chi l’ha vissuto, a chi ha condiviso con lui momenti ed emozioni. Ma c’è sempre: nei ricordi, in un pensiero, un messaggio, in un mazzo di fiori che si posa, lieve, su quell’erba, facendo commuovere anche lui: il silenzio.

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