Il giorno del giudizio

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di Alessandro Secchi @alexsecchi83
5 Maggio 2018 - 16:12
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Siamo portati istintivamente a ricordare Ayrton in due occasioni: il giorno del suo compleanno, il 21 marzo, e quello della sua morte, il 1° maggio. Ogni anno la ricorrenza di Imola porta con sé ricordi, manifestazioni, immagini, video e quant’altro: com’è giusto che sia, d’altronde. 

C’è però un’altra data meno gettonata che, secondo me, merita una citazione. Se il 1° maggio, quello che tutti conoscono e ricordano strenuamente, fu il giorno dell’incredulità, dell’impossibile,  di ciò che per tutti era inimmaginabile, il 4 maggio fu quello del distacco vero. Per certi versi quello in cui veramente si è capito che Ayrton non c’era più. A San Paolo il 4 maggio, tre giorni dopo la tragedia, non andò in scena un semplice ritorno in patria. Il mondo fu testimone di un paese intero intento a consegnare il suo idolo all’immortalità. 

Ricordo che a casa avevamo una parabola satellitare che permetteva di vedere canali esteri: immaginavamo che in Italia il funerale non sarebbe stato trasmesso e così andammo alla ricerca di un canale che ci desse la possibilità di vedere almeno qualcosa. Tenete conto che ai tempi l’informazione non era quella odierna: si faticava a conoscere il programma delle TV nostrane, figuriamoci il resto. Ci si doveva inventare qualcosa insomma. Io e papà passammo canale per canale fino a fermarci su Eurosport UK, quello sul quale ogni tanto seguivamo qualche round del vecchio DTM con le Alfone.

Capimmo subito che si trattava di quello che cercavamo, perché la scena fu sconcertante. Ad oggi non ho mai visto una manifestazione d’affetto popolare come quella di quel giorno. Non ho mai visto così tanta gente seguire il feretro di un personaggio sportivo: sinceramente credo non vedrò mai qualcosa di simile. Il camion dei pompieri preceduto da polizia e cavalli, due ali di folla che ad ogni interminabile chilometro si gonfiavano, come un fiume in piena. Milioni di persone: ancora oggi cerchi informazioni e non capisci quanti tra chi dice uno, tre, cinque. Cittadini così divisi per classe sociale all’interno dello stesso paese che si ritrovavano uniti dal dolore per qualcuno che identificavano come uno di loro, al netto di qualsiasi differenza. Fiori, striscioni, bandiere lanciate, lacrime sui volti di chiunque, di qualsiasi cosa. Anche gli oggetti inanimati sembravano piangere. Una partecipazione inspiegabile: solo le immagini possono rendere giustizia ad un evento storico, perché nessuna parola sarà capace di rendere degnamente l’idea di ciò a cui assistemmo quel giorno. Passammo quei minuti, quelle ore, senza proferire quasi parola, tristemente ammaliati da immagini che ancora adesso lasciano senza parole.

Sono convinto che più di quello della tragedia fu il 4 maggio a decretare definitivamente la scomparsa di Ayrton. Fu immaginarlo dentro a quel feretro avvolto dalla bandiera verdeoro, capire che era lì, che nessuno lo avrebbe più rivisto, che segnò la storia per sempre. Il 1° maggio era stato il giorno dello shock dal quale ancora non ci si era ripresi totalmente: il weekend di Imola aveva visto nell’incidente di Ayrton solo il culmine di una tre giorni incomprensibile, scritta da un regista dal sadismo smusirato. Il 4 maggio fu una sveglia tremenda, che riportò tutti sulla terra dall’incubo per certificare che quello che pensavamo aver sognato non era altro che la dura, triste, incontrovertibile realtà. Senna era morto davvero ed era lì, più in alto di tutti su quel camion rosso a mostrarsi per l’ultima volta al suo popolo. Non da vinto, ma da eroe. Quel casco giallo non sarebbe più sceso in pista e di questo in moltissimi si sarebbero resi conto solo una decina di giorni dopo a Montecarlo, al ritorno sui campi di gara. Alcuni, 24 anni dopo, ancora faticano a crederci. Succede così quando perdi un punto di riferimento.

Se il 1° maggio sarà sempre il giorno della tragedia ed ogni anno lo celebreremo nell’inconscia speranza di poter tornare indietro nel tempo, il 4 maggio sarà quello del giudizio. Immortalità. Certificata, definitiva, inappellabile.

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