Il caos di Misano 1989

Storia
Tempo di lettura: 2 minuti
di Andrea Ettori @AndreaEttori
15 Maggio 2019 - 16:10
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Quello che è successo a Imola nel corso del week-end del mondiale Superbike ha riportato alla mente l’episodio che capitò a Misano, esattamente 30 anni fa, nella classe 500.

SCIOPERO QUASI PER TUTTI

Era il 14 maggio 1989 e il Motomondiale faceva tappa a Misano per la quinta prova del campionato. Erano gli anni di Eddie Lawson, che a fine stagione sarebbe diventato campione del mondo in sella alla Honda, di Wayne Rainey, Kevin Schwantz e di un pilota che qualche anno dopo di titoli ne avrebbe vinti cinque di fila, Mick Doohan. Il 1989 verrà anche ricordato per il rientro disastroso alle corse di Freddie Spencer con il team Agostini, che dopo poco tempo venne licenziato dal 15 volte campione del mondo. La pista del Santamonica non aveva nulla a che vedere con il rinnovato autodromo dei giorni nostri. Si girava in senso opposto rispetto a quello attuale e le strutture, così come l’asfalto, erano insufficienti e non adeguate per gli standard di quel periodo. E furono proprio questi ultimi, in particolar modo la tenuta dell’asfalto, a causare lo sciopero della maggior parte dei piloti nel giorno della gara.

ACQUA INDIGESTA

A causare il tutto fu la pioggia che cadde in maniera importante dopo i primi quattro giri di gara. La maggior parte dei piloti, capitanata dagli americani, era stata chiara: “Se mai dovesse piovere non si corre, la pista diventa una saponetta”. E infatti andò così: partenza ritardata di quasi due ore, quattro tornate di gara e bandiera rossa esposta alle prime gocce di pioggia dopo che Schwantz, Rainey e Lawson alzarono il braccio per interrompere lo show. Con tutti i big fermi ai box a partire furono i privati, con Pierfrancesco Chili e la sua Honda numero 9 del Team Gallina che andò a vincere la gara.

APPLAUSI IRONICI

A “festeggiare” il successo del pilota arrivarono gli applausi ironici da parte di Lawson e Schwantz, a suggellare una domenica iniziata male e finita nel peggiore dei modi. Lo stesso Chili disse chiaramente di non aver vissuto al meglio quella gara e soprattutto quel successo: “Mi tormentava la possibilità di cadere perché tutti avrebbero riso di me. Il pensiero che qualcuno potesse danneggiarmi nel paddock o in pista mi disturbava e mi disturba, ma volevo dare uno scossone a questa situazione perché gli americani fanno gruppo e vogliono imporre le loro decisioni”.

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